Corteo a Tradate di Francesco Cevasco

Corteo a Tradate Corteo a Tradate Sfilano quindicimila studenti «Banditi, rapite anche noi» TRAPATE (Varese) DAL NOSTRO INVIATO «Lo Stato? Si sveglia tardi. La legge Gava, il blocco dei beni? A me non interessa: voglio solo che questi provvedimenti non riguardino i sequestri in atto. I magistrati, i carabinieri, le indagini? Cosa fanno non lo so: l'unica soluzione è la trattativa con i rapitori. Io aspetto un segnale e sono pronto a pagare per la libertà dì mio figlio». L'ingegner Pierluigi Cortellezzi vede passare sotto le finestre della sua villetta i quindicimila studenti che chiedono la liberazione del figlio Andrea da un anno prigioniero dell'Anonima sequestri e non riesce più a mascherare il suo dolore. «Ora scendo a stringere la mano a quei ragazzi: hanno fatto tutto loro, io non ho invitato nessuno, tantomeno i politici». Dalle 11 alle 13 gli studenti di Tradate e di tanti altri Comuni attorno a Varese sfilano per le strade. In silenzio. Andrea Cortellezzi ha 22 anni. Ne aveva 21 quando è stato sequestrato. L'ultima telefonata è arrivata il 25 agosto dell'89. Un mese e mezzo prima avevano mandato alle poste di Locri un sacchetto con dentro un pezzo d'orecchio del ragazzo, una foto, la fotocopia della patente. «Non posso dire quale, ma ho avuto un'altra prova, una prova geniale e sofisticatissima, che Andrea è in mano loro». Papà Cortellezzi legge uno striscione: «Stato dove sei?» e dice: «Ora si parla tanto di sequestri... dopo Casella... non so se allo Stato interessa davvero risolvere questo problema. Alla gente comune sì che interessa. Io ho avuto tanta solidarietà». E ricorda: «Da Trieste mi è arrivata una lettera: io non ho soldi, ma ho comprato questi cinque biglietti della lotteria, glieli regalo, speriamo che vinca. Da non mi ricordo dove: sono un pensionato, alla posta ho undici milioni, se le servono glieli dò». Lo striscione «Stato dove sei?» indugia sotto le finestre e Cortellezzi pensa ad alta voce: «Centinaia di sequestri dal '72 ad oggi. E' mai possibile che lo Stato faccia qualcosa solo adesso, dopo diciotto anni?». Passa lo striscione della Lega Lombarda e con il suo accento lombardo l'ingegner Pierluigi dice: «Respingo la convinzione che i sequestratori siano tutti calabresi o meridionali. Io lavoro nell'edilizia, ho conosciuto tanti muratori meridionali, gente che ha lavorato, ha fatto strada e carriera onestamente. Non si può essere razzisti». Un altro cartello: «365 giorni senza libertà». E Cortellezzi: «E' stato un anno allucinante. La sera guardo la televisione ma non vedo niente, leggo i giornali ma non leggo niente. Penso sempre a quello». «Lasciatelo tornare», scrivono su un lenzuolo i ragazzi di Tradate. «Mio figlio l'hanno rapito un anno fa. Da allora ho ricevuto 6-7 lettere dai sequestratori e 30-40 telefonate. Poi tutto s'è fermato. Io aspetto da quasi sei mesi: datemi un segnale, sono pronto a chiudere questa vicenda». Cortellezzi guarda gli studenti che camminano lenti e silenziosi. Non si aspettava che fossero così tanti: «Mi fanno rinascere un po' di speranza. Ai miei tempi non sarebbe successo...». Insegue, con i pensieri, la parola speranza e aggiunge: «Stasera verrà da me il cardinal Martini... Ho parlato con la signora Casella. Mi ha detto: non è giusto che una madre gioisca per il figlio ritrovato e un'altra continui a soffrire...». Passano sindaci e assessori, politici e monsignori, gonfaloni e bandiere, le saracinesce dei negozi si abbassano, i manifesti del Comune dicono: «Vogliamo Andrea libero», sulla piazza del municipio parla al microfono Elisabetta, una studentessa: «Ciao Andrea, forse adesso ti sentirai solo, ma guardaci. Siamo tutti con te. Qualcuno ti ha strappato a noi e all'affetto dei tuoi cari."E allora, quanto, questa volta? Uno o due miliardi? E quanti anni di vita gli togliamo?" Probabilmente stanno parlando di questo i tuoi sequestratori. Con il nostro gesto d'amore noi giovani voghamo dimostrare a te e a tutti quelli che ti stanno privando della libertà che non siamo disposti a tollerare questi crimini. Ti vogliamo bene». I ragazzi arrotolano gli striscioni con le parole della scuola, «la libertà non è facoltativa», e quelle delle loro canzoni, «un mondo più uomo sotto un cielo di speranza», con le parole di conforto alla famiglia Corteilezzi, «non vi arrendete», «insieme ce la faremo». Spiegano perché tra loro non c'era Cesare Casella, «la goia sua e che c'è attorno a lui avrebbe stravolto lo spirito di questa manifestazione». E nella villetta di mattoni rossi Pierluigi Cortellezzi continua a ragionare attorno all'unica cosa a cui pensa da 365 giorni : «Ne hanno dette di tutti i colori sul sequestro di mio figlio, persino che era un rapimento "anomalo" perché per mesi nessuno ne ha saputo niente. Ma se mezz'ora dopo che era scomparso Andrea io ero già dai carabinieri! Delle ricerche ora non m'importa niente: m'interessa che torni a casa e io quello che posso lo dò perché torni a casa». Francesco Cevasco

Luoghi citati: Locri, Tradate, Trieste, Varese