«In Aspromonte? No, grazie»
«In Aspromonte? No, grazie» «In Aspromonte? No, grazie» Alle penne nere non piace Videa diAndreotti TORINO. L'idea del presidente del Consiglio | Giulio Andreotti di inviare un battaglione fisso di 600 alpini nell'Aspromonte dei sequestratori non fa breccia fra soldati di leva ed ex militari. L'avvocato Guglielmo Scagno, 75 anni, presidente dell'associazione Alpini di Torino, la giudica «sbagliata e affrettata». Spiega: «D'accordo, gli alpini sono addestrati ad affrontare zone impervie, e in Aspromonte avrebbero certo meno difficoltà dei bersaglieri o di altri corpi. Ma il punto è un altro. E riguarda il tipo di servizio che i nostri uomini andrebbero a svolgere in Calabria. Non è con gli alpini che lo Stato può battere la mafia. Per farlo, ci sono già le forze di carabinieri e polizia». E' perplesso, Scagno. E la sua voce contro la proposta di Andreotti va ad aggiungersi a quella di molti generali dell'Esercito (Domenico Corcione, capo di Stato Maggiore, venerdì aveva detto che «gli alpini non sono fatti per correre dietro ai banditi») e militari di leva. Ieri, nelle caserme italiane, non s'è parlato d'altro. Ore di discussione, nei cortili e alle mense, tra soldati semplici e ufficiali, e -masi ovunque lo stesso risultato: pochi disponibili, moltissimi contrari. Alla Montegrappa di Torino, dove sono di stanza i 600 militari della Brigata Alpina Taurinense, la più importante dell'intero corpo, il soldato di guardia all'ingresso dice chiaro e tondo il suo «no» ad Andreotti: «Per nulla al mondo accetterei. Meglio la caserma». Poi, scrutando attraverso la fessura della porta blindata, aggiunge: «Ma il Consiglio dei ministri non poteva decidere di accorciare il periodo di leva a nove mesi?». Poca voglia di finire il servizio militare a centinaia di chilo¬ metri da casa, timore che la presenza di un battaglione di alpini possa creare confusione tra i reparti militari. Sono le due ragioni che i soldati di leva oppongono al presidente del Consiglio che vorrebbe utilizzarli in Calabria. E fra alcuni si fa largo un interrogativo: perché coinvolgere proprio gli alpini in una battaglia in cui lo Stato è sempre uscito sconfitto? L'avvocato Scagno ha una spiegazione: «Conosciamo bene Andreotti. Quando era ministro alla Difesa veniva sempre alle nostre adunate. Deg]i alpini ama la disponibilità e il rigore nei comportamenti. Gliene siamo grati. Ma questa volta mi pare che la proposta sia un po' avventata. E, soprattutto, poco praticabile. L'unico battaglione che si potrebbe spostare è in Abruzzo. Ma quante difficoltà». Difficoltà e disagi a non finire. Per Maurizio Ferreri, i soldati patirebbero soprattutto la lontananza da casa: «Per mesi s'è detto che era necessario fare svolgere la leva in una caserma poco distante dal luogo di residenza. Che senso ha, ora che il principio s'è affermato, prendere 600 militari e inviarli a Calabria, a presidiare una zona sconosciuta?». Aggiunge Francesco Femia, capelli a spazzola e 5 giorni di licenza appena conquistati: «Lo riconosco: mi sentirei fuori luogo, in Aspromonte. E' vero che qui ci addestrano a sparare e a vivere in montagna; facciamo anche esercitazioni lontano da Torino, in Norvegia e nella stessa Calabria. Ma io sono e resto un soldato. Non farò mai il poliziotto. Che rafforzino le unità di carabinieri: la lotta all'Anonima è un compito loro». Gianni Armand-Pilon
Persone citate: Andreotti, Domenico Corcione, Francesco Femia, Gianni Armand-pilon, Giulio Andreotti, Guglielmo Scagno, Maurizio Ferreri, Scagno
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