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Se il catalizzatore viaggia a due ruote di Enrico Benedetto
Se il catalizzatore viaggia a due ruote Se il catalizzatore viaggia a due ruote L'esempio arriva dalla severa Svizzera: le difficoltà tecniche Arriva la Moto Verde. Consumi moderati, inquinamento ridotto, maggior attenzione ai problemi urbani. Tutto bene allora? No, perché aumentano i costi, diminuisce la potenza e in sede di progetto tutto si fa più difficile, specialmente con i «due tempi». I costruttori sanno inoltre che della moto piace quanto l'auto vieta: assoggettare le due ruote a rigidi vincoli «ecologici» scalfirebbe il mito. E' un fatto, comunque, che in casa Piaggio, Aprilia, Honda, Bmw fioriscano prototipi o soluzioni ecologiche innovative. Proprio la Casa bavarese presenterà in settembre alla Fiera di Colonia un catalizzatore a tre vie integrabile sui modelli K (1000 e 750 ce) che già presentano una gestione elettronica del motore. In Svizzera negli ultimi mesi i big italiani e stranieri hanno tuttavia dovuto far di necessità virtù, modificando i loro mo¬ delli per ottemperare alle norme confederali. La Gilera, per il momento, è intervenuta semplicemente sulla taratura del carburatore, ma le Honda «Nsr» e «Crm», due coriacei 125, ora inseriscono nello scarico una lamina con supporto ceramico dalla funzione catalizzante. Quanto alla Yamaha «Tdr 125», già munita di catalizzatore, ha sigillato la vite dell'aria, mentre la sprintosa Aprilia modifica anche il cilindro. Sono espedienti che il laboratorio elvetico potrebbe un giorno riversare sul grande mercato italiano, visto che Berna segue una direttiva europea pur inasprendo i requisiti di fumosità e rumore. Per i nostri sedicenni sarebbe una mazzata: nei modelli citati, la potenza scende del 30-50%, regalando un 15-20 cavalli finali o — in termini di velocità massima — i conto orari. Una decurtazione simile penalizzerebbe dura¬ mente gli acquisti nella fascia 125-250, per rilanciare midi e maxi a quattro tempi, ma il caso Svizzera non deve fuorviare: esistono alternative ecologiche non mortificanti. Le Ducati, per esempio, adottano una costosa iniezione elettronica che esalta la resa del motore riducendo gli idrocarburi incombusti e il monossido di carbonio fino al 50%. Applicarla ai «due tempi» è possibile, ma richiede investimenti e una lunga sperimentazione. Basti dire che dovrebbe operare su regimi che oltrepassano volentieri i 10 mila giri, dunque essere ben più rapida della versione automobilistica. Rimane questa, in ogni caso, la strada da battere per i 125 se vogliamo «continuare ad avere motori piacevoli nell'uso e capaci di prestazioni valide» come ricordava il dt Gilera Federico Martini su «Motociclismo». Altri progressi possono esse¬ re compiuti sul fronte della carburazione magra. Un motore «pulito» offre dalla prima scintilla i vantaggi che il catalizzatore può farci ottenere solo al termine della combustione e per un'autonomia limitata. Posizionare le sovradimensionate «marmitte verdi» sulla filante linea d'una «Freccia Cagiva», mettiamo, o dei piccoli enduro, non è poi facile: oltre ad occupare spazio prezioso, andrebbero protette da mascherine o carenature per evitare che il «raffreddamento ad aria» le faccia lavorare sotto i 350 gradi, riducendone l'efficacia. Insomma, ci vorrà ancora qualche tempo prima di viaggiare soddisfatti sulla Due Ruote ecologica senza rimpiangere i tempi in cui l'unica Moto Verde, quella che faceva sognare i ragazzi, era la piccola, velocissima, inquinante Kawasaki. Enrico Benedetto
Persone citate: Federico Martini, Kawasaki
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