Decolla una Rizzoli «formato Europa»

Il presidente della Rcs (2000 miliardi di fatturato) sollecita la legge sulle concentrazioni editoriali Il presidente della Rcs (2000 miliardi di fatturato) sollecita la legge sulle concentrazioni editoriali Decollo una Rizzoli «formato Europa» Fattori: dopo l'acquisto della Fabbri guardiamo all'estero Perché l'Iti ha venduto Gabetti: l'operazione favorisce nuove opportunità di crescita MILANO. «Meglio una cattiva legge piuttosto che nessuna». Giorgio Fattori, presidente e amministratore delegato della Rcs Editori che ha appena acquistato il gruppo Fabbri, si schiera dalla parte di chi sostiene l'urgenza di introdurre in Italia una legge che regoli le concentrazioni, in particolare quelle editoriali. «Questa mi pare una delle priorità assolute per il Paese — sottolinea —; ritengo uno scandalo il fatto che non si riesca a creare una maggioranza politica per approvare la legge». E il disegno di legge Mammì? A Fattori non piace. «Apprezzo lo sforzo del ministro — commenta — ma non sono d'accordo con la sua impostazione. Penso che l'unico elemento sia quello di porre un tetto al fatturato: cioè più di tanti miliardi non si può fare». Il presidente della Rcs pensa che su un fatturato complessivo di circa 11-12.000 miliardi il limite per ogni gruppo dovrebbe essere quello di un quarto di questa cifra. La legge antitrust, comunque, non c'è, così come ancora manca una regolamentazione dell'emittenza televisiva privata. E fino a quando non ci sarà la legge sulle tv la Rcs non intende muoversi in questo settore e ha smentito un interessamento per Retequattro. La Rcs con l'acquisizione della Fabbri supererà i 2000 miliardi di fatturato e contende alla Mondadori la leadership editoriale in Italia. Tuttavia anche Fattori ritiene che rispetto ai maggiori gruppi internazionali della comunicazione i protagonisti italiani siano ancora piccoli. In Europa, spiega utilizzando una metamofora pugilistica, «siamo dei pesi medi che fanno il campionato dei pesi massimi». Come si svilupperà la Rcs? «Non pensiamo di crescere solo in Italia, guardiamo con interesse all'estero e anche in questo senso va considerata l'acquisizione della Fabbri: possiamo realizzare importanti sinergie (logistica, magazzini, trasporti...) e in più la Fabbri dispone di società operative in Spagna, Francia, Gran Bretagna». Fattori, accompagnato dal direttore generale Donati e da quello finanziario Masciocchi, ha precisato che «non ci sarà fusione tra le due case editrici, ognuno manterrà le sue caratteristiche». Nel consiglio di amministrazione della Fabbri entreranno rappresentanti della Rcs, cui compete da subito la gestione della casa editrice, mentre Furio Colombo resterà presidente. Tra le due case editrici ci sarà ancora concorrenza, pur senza danneggiarsi. «Non ci sarà alcuna ridistribuzione degli autori, ognuno si tiene i suoi, ci sono legami, affinità, tradizioni da rispettare...piuttosto è chiaro che nel caso di un'asta per un autore straniero Fabbri e Rizzoli non si ostacoleranno». E l'Adelphi di cui la Fabbri detie- Giorgio Fattori ne il 48% cosa farà? «Per noi rimane una partecipazione finanziaria, continuerà ad essere autonoma, non abbiamo niente da insegnare». Fattori ha fornito anche qualche anticipazione sui risultati dell'esercizio '89 della Rcs. Il fatturato di gruppo è stato di 1608 miliardi con un utile dopo le imposte di 88 miliardi, di cui 70 derivanti dalle attività editoriali e 18 come plusvalenza sulla cessione della Cartiera di Marzabotto. Il giro d'affari è così suddiviso: quotidiani 345 miliardi, periodici 392 miliardi, pubblicità 633 miliardi, libri 171 miliardi, home video 23 miliardi e stampa 44 miliardi. Gianluigi Gabetti Sul Corriere della Sera ha precisato che «va bene, siamo soddisfatti, il direttore Stille rimane con noi». E' stato fornito, poi, qualche dettaglio sul passaggio delle azioni ordinarie Fabbri dall'Ifi alla Rcs (in Borsa sono quotati i soli titoli privilegiati). Il 46,6% delle ordinarie è stato rilevato in contanti dalla Rcs per 131 miliardi, il residuo 13% circa sarà posto al servizio di un prestito obbligazionario convertibile Mediobanca di circa 175 miliardi sottoscritto dalla Rizzoli che nei prossimi anni deciderà se convertirlo o meno. Rinaldo Gianola TORINO. L'ingresso del Gruppo Rizzoli nel capitale ordinario della Fabbri, annunciato martedì sera, è un avvenimento di rilievo, sia dal punto di vista editoriale, sia da quello finanziario. Come operazione editoriale, perché il Gruppo Fabbri è uno dei più importanti del settore con un fatturato consolidato che dovrebbe raggiungere quest'anno la soglia dei 500 miliardi di lire. Esso è rappresentato, per un terzo, dalle vendite rateali, attraverso la rete dei suoi agenti, la più sviluppata ed efficiente del settore; per l'altro terzo dalla vendita dei fascicoli nelle edicole italiane ed estere. La Fabbri ha attualmente cinque controllate estere che vendono fascicoli: due società sono in Gran Bretagna, una in Francia, una in Spagna e una in Germania. Queste società, nel 1989, primo anno di attività, hanno già realizzato un fatturato di 50 miliardi di lire e dovrebbero raddoppiarlo nel 1990, imprimendo una forte dinamica alle vendite complessive della Fabbri. L'ultimo terzo è rappresentato dal settore librario e della scolastica, che oggi presenta un forte tasso di sviluppo, e dai due periodici femminili («Benissimo» e «La Mia Boutique»), vari, come «Hurrà Juventus» e tecnico-professionali della linea «Etas». Come fatto finanziario perché prevede, in tempi brevi, un consistente investimento della Rizzoli: l'acquisto del 46,6% delle azioni ordinarie Fabbri (non quotate in Borsa) per un importo di oltre 130 miliardi e la sottoscrizione di un prestito obbligazionario Mediobanca quadriennale, di circa 175 miliardi di lire, convertibile nel 53,4% di azioni ordinarie Fabbri, che la Rizzoli potrà acquisire successivamente attraverso la conversione. Per l'Ifi in particolare, la cessione del 46,6% di Fabbri comporta una plusvalenza di oltre 100 miliardi di lire e l'operazione nel complesso assicura una disponibilità finanziaria di oltre 300 miliardi. A Gianluigi Gabetti, amministratore delegato e direttore generale dell'Ifi, a cui il Gruppo Fabbri fa capo da quasi ventanni, abbiamo chiesto i motivi dell'operazione. Al colloquio ha partecipato Virgilio Marrone, responsabile delle partecipazioni dell'Ifi. «L'operazione — ha detto Gabetti — nasce da una proposta della Rizzoli, ansiosa di raggiungere una massa critica raffrontabile con quella della Mondadori e in grado di meglio competere con i concorrenti europei. La Rizzoli trova nella estici fanno i conti con l Fabbri attività ricche di potenziale sinergico: basti pensare all'organizzazione di vendite rateali della Fabbri che è unanimemente riconosciuta come la più forte del settore». E da una angolazione più strettamente Ifi? «Da parte Ifi si è ravvisata in questa operazione la possibilità di collocare la Fabbri in un ambito più allargato e diversificato, che consentirà all'azienda di colmare certe lacune, ad esempio la carenza di ricavi pubblicitari, e di concorrere ad una dimensione di fatturato più significativa nella scala di valori dell'incipiente mercato unico europeo. Tutto ciò a beneficio di quanti lavorano nell'azienda che troveranno opportunità diversificate e di sicura tenuta nel tempo e a vantaggio degli stessi possessori di azioni privilegiate in quanto il loro investimento risulterà potenziato». La Fabbri è stata per voi una partecipazione di lunga data. Cosa provate nel cederla? «Ricordo che l'Ifi rimarrà ancora per qualche anno azionista della Fabbri e quindi in grado di seguire lo sviluppo nel contesto più allargato. L'operazione odierna, peraltro, è destinata a provocare un progressivo distacco da colleghi con i quali abbiamo lavorato fianco a fianco per molti anni. Il ricordo torna ai difficilissimi Anni 70 nei quali l'azienda, appena acquisita dall'Ifi, soffriva di una grave crisi di crescenza per effetto della quale sarebbe potuta soccombere se non avessimo messo a disposizione non solo le indispensabili risorse finanziarie (peraltro sempre «dosate»), ma anche quelle umane e professionali. La guida della Fabbri, passando da Giorgio Manina e Roberto D'Alessandro sino a Mario Speranza, ha trovato in quest'ultimo, con la collaborazione costante di Giovanni Cobolli Gigli, colui che ha dato all'azienda l'impulso e i risultati attuali, dei quali non si può che essere fieri. Nell'insieme l'operazione rientra nella prassi dell'Ifi che non ha mai abbandonato le proprie controllate anche nei momenti più difficili e non ha mai venduto un'azienda prima di averla risanata». Cosa farà l'Ifi con questo nuovo capitale? ((Abbiamo solo l'imbarazzo della scelta tra il rafforzamento di partecipazioni già esistenti e l'investimento in nuovi progetti attualmente allo studio». Abbiamo chiesto indicazioni sui progetti o sui settori interessati, ma la proverbiale riservatezza degli uomini Ifi non ha consentito di saperne di più, almeno per ora. Renzo Vìiiare a crisi del mercato ameri