Tecnologie vietate all'Est

Tecnologie vietate all'Est Tecnologie vietate all'Est L'Europa si chiede: ma a che serve il Cocom? PARIGI NOSTRO SERVIZIO Bush e Gorbaciov si stringono la mano, Kohl e Modrow battezzano l'unione tedesca, la «cortina di ferro» è divenuta un cortina di burro tra Ungheria e Austria, tra Cecoslovacchia e Germania Ovest. E adesso che cosa ne facciamo del Cocom? Vale la pena di mantenerlo, in una simile situazione di disgelo? Due domande che ieri erano sulla bocca di tutti i delegati dei 17 Paesi occidentali (Italia inclusa) membri del Comitato di controllo sull'esportazione di materiale strategico ad Est. Un Comitato che negli Anni Cinquanta fu uno dei perni della guerra fredda e che oggi sembra, ogni giorno di più, un residuo dannoso di quegli anni, un inutile ostacolo sulla via del capitalismo orientale. Di regola le riunioni parigine semestrali del Cocom (che nella capitale francese ha sede) so»o circondate dal più rigoroso riserbo. Quella in corso di svolgimento, invece, è costellata da indiscrezioni. Si sa che gli europei spingono per una drastica ridefinizione dei compiti del Cocom, e che gli americani sembrano più reticenti, nel timore che la svolta gorbacioviana si riveli effimera. I servizi segreti ungheresi, ad esempio, in questi giorni hanno aperto al loro interno un dibattito (con resoconti sui giornali) per stabilire quali dovranno essere i loro nuovi compiti in uno Stato democratico. Gli «spioni» tradizionali avversari del Cocom temono di restare disoccupati. Soprattutto dopo l'apertura a Budapest della filiale (in joint-venture con aziende locali) di una nota azienda elettronica americana, da anni ne! mirino delle spie dell'Est. Per «carpire» i segreti degli americani ora basta attraversare la strada, piuttosto che l'Atlantico. E i dirigenti Usa sono ben contenti dell'interesso unghe¬ hanno fatto sapere che occorre innanzitutto distinguere tra i Paesi satelliti veramente in marcia per la democrazia (Ungheria, Polonia e Germania Est) e gli altri ancora «sospetti» (Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria). Poi non si potrà abbassare la guardia nei confronti dei sovietici, troppo legati al successo o al fallimento di Gorbaciov per poter essere fin d'ora definiti partner commerciali affidabili. Gli europei e i giapponesi, invece, nutrono meno dubbi e premono per una maggior liberalizzazione di scambi. Il compromesso che pare delinearsi ricalca ciò che è stato fatto nel 1985 per la Cina: una fase transitoria di alleggerimento dei divieti e controlli. Se così accadrà, potranno viaggiare liberamente verso Est prima i personal-computer, poi molte macchine utensili, infine apparati per telecomunicazioni e parti per industria aeronautica. rese, per la semplice ragione che il primo ad installarsi su questo nuovo mercato «quasi capitalista» sarà anche il primo a ricavarne profitti. E forse idee: la scuola ungherese di matematica (disciplina alla base dell'informatica) è ancora una delle migliori del mondo. Il 19 gennaio Bush ha compiuto il grande passo: ha fatto annunciare che gli Usa non sono più pregiudizialmente ostili ad una riforma del Cocom, ad un «alleggerimento» della lista di 96 pagine di prodotti vietati all'Est. E' stata una delle principali conseguenze del vertice di Malta, nel corso del quale Gorbaciov aveva chiesto con insistenza una revisione al ribasso dei compiti del Cocom. Ma non bisogna credere che l'annuncio di Bush abbia dato il via a una valanga di autorizzazioni di esportazione ad Est, come le sognano numerosi industriali europei, impazienti di invadere mercati vergini a pochi chilometri da casa. Gli Usa Paolo Potetti

Persone citate: Bush, Gorbaciov, Kohl, Modrow, Paolo Potetti