Nel pci prevale l'astensionismo di Fabio Martini

Verso la conclusione i congressi chiamati a pronunciarsi sul nuovo corso Verso la conclusione i congressi chiamati a pronunciarsi sul nuovo corso Nel pei prevale l'astensionismo Vota il30%: il 18,6 d Occhetto, l'8,9 aIngrao ROMA. L'inedito, acerrimo duello tra le due «anime» del pei non ha emozionato più di tanto i militanti comunisti. Dai dati diffusi ieri pomeriggio dall'ufficio stampa del pei sull'andamento dei congressi di sezione si scopre infatti un dato sorprendente: nelle 8082 assemblee svoltesi fino ad oggi ha votato il 30,1 % degli iscritti: quasi il 18,6% è andato al sì; l'8,9 a Ingrao, Natta e Angius; circa l'uno a Cossutta. In parole povere, due comunisti su tre hanno preferito rimanersene a casa. Occhetto entra quindi vincitore al congresso di Bologna, sulla scia di un consenso che è espressione di una minoranza degli iscritti. Eppure, mai come stavolta, era forte il richiamo della sezione, sia per il tema in discussione (la sopravvivenza o meno della vecchia identità comunista), sia per la possibilità di poter esprimere liberamente la propria opionione, senza più i vincoli unanimistici del centralismo democratico. Assai singolari anche le disparità tra regio- Attacco a Trentin ne e regione, nella partecipazione ai congressi di sezione: l'«affluenza» di gran lunga più bassa si è avuta proprio là dove il pei è più organizzato e dove la mozione Occhetto ha ottenuto il successo più largo: l'Emilia Romagna. Qui, appena il 18% dei comunisti è andato in sezione. Le assemblee più affollate si sono avute invece in Puglia, dove ha votato ben il 75%. Naturalmente questo non impedisce che nel quadro complessivo diffuso ieri dall'ufficio stampa del pei e relativo a circa il 75% delle sezioni, risulti confermato il largo successo della mozione Occhetto, che ha ottenuto finora 186.744 voti, pari al 65,3% degli iscritti; la mozione di Ingrao, Natta e Angius ha avuto 89.319 voti (31,2%) e quella di Cossutta 9926 (3,5%). Ma i dati più sorprendenti riguardano la bassa partecipazione degli iscritti, molto inferiore alla media nazionale nelle tre regioni «rosse» (Emilia, Toscana, Umbria), quasi in «media» in quelle settentrionali, di I gran lunga superiore in quelle Riunita la direzione meridionali. Sulla base dei dati in possesso del «fronte del no», in Umbria e Liguria ha votato finora il 25% degli iscritti, in Toscana il 26%, in Lombardia il 27%, in Campania il 44%, in Calabria il 49%, in Sicilia il 56%. Ma al di là delle differenze geografiche, perché questo «astensionismo» così marcato? «E' vero il contrario — dice Claudio Petruccioli, vicino al segretario Occhetto — questa volta la partecipazione ai congressi è stata di gran lunga più alta che nelle precedenti occasioni. Negli ultimi anni la percentuale dei votanti si aggirava tra il 20 e il 22% e quindi è evidente che c'è stato un notevole incremento di partecipazione: per ogni due iscritti dei congressi precedenti, stavolta ce ne sono tre. E poi si tratta di iscritti veri, perché da noi, come si sa, non si vota per «pacchetti» di tessere, ma per appello nominale. Occorre inoltre tener conto che alla fine avrà partecipato e votato un numero molto alto di persone: oltre 400.000». Lo sostiene Martelli Un'analisi non del tutto condivisa dal «fronte del no». «Occorre tener presente — dice Piero Salvagni, coordinatore organizzativo della "mozione 2" — che nei congressi si è registrata una sfasatura tra chi ha partecipato al dibattito e chi, in numero maggiore, è andato soltanto a votare. E questo, in genere, ha premiato la mozione Occhetto. Il risultato di questa partecipazione non oceanica è che alla fine sarà su un milione e mezzo, circa il 20% degli iscritti effettivi a decidere la nascita di ima nuova formazione politica». Sì, ma nel 70% di «astensionisti», non ci saranno anche tantissimi oppositori della «svolta»? «Noi — dice Salvagni — riteniamo che la presenza della nostra mozione abbia arginato un pericolo molto serio, quello di una scissione silenziosa e quindi pensiamo che se non ci fosse stata la nostra presenza, la affluenza sarebbe stata più bassa». Fabio Martini Dall'editore Grauso