L'amara Coppa Italia di Zoff e Radice

L'amara Coppa Italia di Zoff e Radice I due tecnici cercano oggi un posto in finale e soprattutto una panchina per il prossimo anno L'amara Coppa Italia di Zoff e Radice Dino: «Do del tu a Montezemolo ma non credo che mi sarà utile» ROMA DAL NOSTRO INVIATO Quanta malinconia attorno a questa Juve. Neppure la prospettiva di raggiungere la finale di Coppa Italia serve a liberare la squadra dalla depressione. Il momento è delicato, quasi solenne. Di calcio c'è poca voglia di parlare, anche Zoff fa passare in secondo piano la partita di oggi. Questa volta il protagonista è lui e si spiega con la franchezza di sempre, con frasi cariche di amarezza dettate dalla certezza di essere ormai un allenatore con la valigia. Quattro cronisti gli fanno corona. Si stupisce: «Tutti qui? Si vede che le vicende della Juve interessano davvero a pochi», Invece gli argomenti di discussione non mancano. E non si tratta di sapere se giocherà Zavarov o Casiraghi, ma di dare spazio al lamento di un uomo che si sente condannato ancor prima di finire la stagione. Sembra ininfluente se al momento dei bilanci Zoff potrà presentare i conti in attivo. Premette: «Io non so vendere bene il mio prodotto. Sono stato e sarò sempre un uomo di sport, i venditori di fumo non mi interessano». Un inizio promettente e il resto non tradisce le attese: «Ho idee precise: sarà il nuovo corso di Montezemolo a decidere del mio futuro, non i risultati. Se una scelta è già stata fatta non lo so, ma in proposito ho idee chiarissime». Zoff ha capito che il suo contratto non sarà rinnovato e si prepara a dare l'addio alla Juve con tanta rabbia in corpo. Montezemolo diventa oggi il suo «nemico» n. 1. Spiega: «Gli do del tu, ma non credo che questo mi possa essere utile. Non penso di incontrarlo, non abbiamo fissato appuntamenti qui a Roma. Io faccio l'allenatore». Zoff non pensa ad una collocazione futura in altra squadra o nella stessa Juve, come è parso di capire da una dichiarazione di Agnelli: «Io sono un uomo di campo» ripete per far capire che non accetterebbe di essere un uomo-immagine: «Questa vicenda non mi lascia dentro nulla di particolare. Tutto procede secondo le regole, i risultati non contano. Anzi, mi spiego meglio, in questo caso non influiscono su certe valutazioni. Qui non si tratta di vincere o meno: quel che faremo da oggi a fine stagione non avrà valore. Non posso far più nulla. Quando ci sarà una comunicazione ufficiale, ne riparleremo». Vita dura quella dell'allenatore. Ma Zoff non ha rimpianti: «Chi lavora sbaglia, ma anche nei rapporti con la società non credo di avere colpe. La vita in panchina diverte come quella tra i pali. La differenza sta nel fatto che giocando ogni domenica puoi difenderti, mentre quando passi dall'altra parte i risultati assumono un'importanza del tutto insignificante». I giocatori sono con lui. Dino li ringrazia: «Mi fa piacere, forse è la cosa più importante per me, la soddisfazione maggiore che potessero regalarmi». La notizia dello sfogo di Zoff viaggia veloce. Ecco Tacconi: con quella faccia da D'Artagnan che si ritrova non fatica a nominarsi primo difensore di Zoff: «Qui si parte già col piede sbagliato. Una casa si costruisce dalle fondamenta, ma stavolta non è così. La nuova Juve non può prescindere da Zoff e mi auguro che quelle che gli arrivano oggi siano solo frecciate per stimolarlo di più. Zoff ha un carattere eccezionale, un uomo che ogni mattina si guarda allo specchio e sa d'avere la coscienza a posto. Da questa squadra ha estratto il massimo possibile e siamo tutti dalla sua parte. D'ora in avanti il mio compito sarà quello di fare il possibile per convincere chi deve capire. Mandar via Zoff sarebbe il primo passo falso della nuova dirigenza juventina». II portiere è un fiume in piena. Aggiunge: «Perché non attendere i risultati prima di decidere? Noi comunque cercheremo di vincere il più possibile, proprio per Zoff. Con i tifosi e i giocatori vicini, mi pare che possa sentirsi in una botte di ferro. E se poi nella botte ci saranno chiodi fastidiosi, vedremo di toglierli uno alla volta». Intanto oggi si gioca. La Juve scende al Flaminio contro la Roma forte del 2-0 dell'andata, anche se nessuno si fida del vantaggio accumulato. Rispetto a domenica ci sarà il rientro di Bonetti al posto di Brio. Zoff insisterà ancora su Zavarov, ma ha già annunciato l'impiego di Casiraghi durante la partita. Fabio Vergnano ROMA. Se avessero un altro carattere si metterebbero a ridere sulle stranezze del calcio. Invece, «orsi» come sono, quando oggi pomeriggio si guarderanno negli occhi, forse limiteranno la loro complicità a un semplice segno d'intesa. Dino Zoff e Gigi Radice, vecchi avversari di tanti derby torinesi, affratellati da uno strano destino. Stanno andando bene, eppure rischiano il posto. Trapattoni va kappaò in Europa e alle corde in Italia, ma l'Inter lo riconferma fra sorrisi e champagne; Boskov, in 5 anni, estrae dal magico cilindro sampdoriano la miseria di due snobbatissime coppette e nessuno apre bocca. Traballano invece le panchine di una Juve ancora in corsa per tutto e di una Roma che, con 7 punti in più rispetto a un anno fa, è progredita più di ogni altra. Il linguaggio delle cifre soddisfa l'antico pragmatismo di Radice ma è forse troppo arido per calmare l'appetito di una società in credito con il successo da troppe stagioni. Il tecnico si adegua ai dribbling verbali del suo presidente, cercando di togliergli la palla e ripartire in contropiede, così: «La mia opzione con la Roma scade il 31 marzo, una data che non mi sembra lontanissima. E, in ogni caso, chi vi dice che io non mi sia già preparato più di tanti altri a qualunque eventualità?». Messaggio ambiguo che prende spunto dalla ricorrenza di San Valentino per saccheggiare le tattiche degli innamorati, fra i quali — come si sa — vince quasi sempre chi fugge. Instillato in Viola il dubbio di un suo possibile «pour parler» con qualche club concorrente (vecchi e mai sopiti amori come Bari e Bologna o un inatteso colpo di fulmine per una vicina di casa: la Lazio...), Radice rientra prontamente nei ranghi di un linguaggio attendista: «Ripeto, aspettiamo il 31 marzo. Quel che si è detto e si dirà prima di allora è solo un'illazione». Nell'aria di Trigoria volteggia il fantasma di Ottavio Bianchi: «Non posso rincorrere tutte le voci — taglia corto l'al¬ lenatore — per me l'unico punto di riferimento resta il presidente. E da lui non ho captato segnali di nessun tipo». Ecco, è proprio quest'ultimo particolare ad allungare ombre sinistre sul futuro giallorosso di Radice. Anche ieri Viola avrebbe avuto l'opportunità di fugare ogni equivoco, magari cogliendo l'occasione della delicata vigilia di Roma-Juve per regalare serenità all'ambiente con l'annuncio della riconferma del tecnico. Ma ancora una volta la Sibilla giallorossa non ha voluto venir meno alla sua fama, replicando ai cronisti che chiedevano notizie sul futuro di Radice che «anche a me sta per scadere il contratto: spero che me lo rinnovino per 10 anni». Radice ha evitato di commentare l'ultima «freddura» presidenziale. Dopo aver tanto faticato per conquistarsi la fiducia della squadra, dei tifosi e della stampa capitolina, l'allenatore rischia di impigliarsi nell'unico ostacolo che non è in grado di saltare: la società. Qualcosa, evidentemente, non ha funzionato, lontano dal campo. C'è chi imputa a Radice di non aver saputo gestire le pubbliche relazioni con Viola: «Non credo che per andare d'accordo sia necessario cenare sempre allo stesso tavolo o farsi vedere a a braccetto sul balcone. Fra me e Viola c'è cordialità». La maschera di ghiaccio dell'allenatore nasconde un fondo di amarezza, che sembra trasparire solo da queste parole: «Mi sto togliendo la soddisfazione di lottare per obiettivi per i quali nessuno avrebbe scommesso una lira, all'inizio della stagione. C'era prevenzione nei miei confronti, inutile negarlo. Forse c'è ancora, e non capisco da parte di chi». Meglio allora parlare della partita con la Juve, che la Roma deve vincere con tre reti di scarto per accedere alla finalissima: «Recuperiamo Desideri, uno che i gol li sa fare. L'impresa è improba, anche perché non possiamo permetterci il lusso di scoprirci troppo contro una squadra di contropiedisti. Io, comunque, non mollo. Non mollo mai». Un messaggio che evidentemente non è destinato solo ai bianconeri. Massimo Gramellini ORE 14,30 Roma Juventus CERVONE 1 TACCONI TEMPESTILLI 2 NAPOLI NELA 3 DEAGOSTINI DIMAURO 4 ALESSIO BERTHOLD 5 BONETTI COMI 6 TRICELLA DESIDERI 7 ALEINIKOV GEROLIN 8 BARROS VOELLER 9 ZAVAROV GIANNINI 10 MAROCCHI RIZZITELLI 11 SCHILLACI Arbitro: AGNOLIN TANCREDI 12 BONAIUTI PELLEGRINI 13 BRIO PIACENTINI 14 GALIA IMPALLOMENI 15 SERENA BALDIERI 16 CASIRAGHI ? Gigi: «L'opzione scade il 31 marzo io sono pronto a ogni eventualità» Allenatori contro. Zoff (qui con Giuliano) difficilmente sarà confermato. Stesse voci anche per Radice, nel riquadro