«Senza prove pentiti inattendìbili»

«Senza prove pentiti inattendìbili» Mafia, primo attacco della Corte presieduta da Carnevale al «teorema Buscetta» «Senza prove pentiti inattendìbili» La Cassazione boccia un maxiprocesso ROMA. La parola di un mafioso pentito non basta da sola a far scattare le manette ai suoi presunti complici e trascinarli sul banco degli imputati. E', infatti, priva di qualsiasi valore la chiamata di correo da parte di un pentito solo per «sentito dire», ma senza un effettivo riscontro probatorio. E' questo il succo della sentenza emessa ieri sera dalla prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, su conformi richieste del sostituto procuratore generale Antonio Scopelliti, a conclusione del secondo dei tre maxi-processi di Palermo alla mafia. La sentenza era molto attesa perché la Suprema Corte doveva verificare per la prima volta la validità o meno delle testimonianze dei mafiosi pentiti. I principi affermati dalla Cassazione potranno riflettersi sul primo e il terzo maxi-processo alla «Cupola» tuttora in fase di appello a Palermo. La Cassazione ha creduto ai pentiti Tommaso Buscetta e Totuccio Contorno, perché le loro indicazioni sono state suffragate da prove certe, ma ha ritenuto, invece, inattendibile, come già avevano fatto i giudici di appello, il pentito Vincenzo Marsala, figlio del vecchio boss di Vicari, Mariano, rimasto vittima nell'82 della «lupara bianca», ritenendo prive di riscontro le sue deposizioni per gravi reati. Si è così definitivamente frantumata l'impalcatura accu¬ satoria, secondo cui il capo di una «famiglia» è automaticamente il mandante degli omicidi compiuti nel suo territorio. Infatti sono stati respinti sia i ricorsi di alcuni imputati contro le condanne inflitte il 6 maggio '89 dalla Corte d'assise d'appello di Palermo, presieduta da Pasquale Barreca, a conclusione del processo maxi-bis alla «mafia di provincia», sia quelli del procuratore generale di Palermo e delle parti civili contro i proscioglimenti decretati in secondo grado. In quell'occasione, con un verdetto a sorpresa, fu cancellato l'unico ergastolo deciso in primo grado, furono assolti 39 imputati e concessi forti sconti di pena a molti altri (37 condanne per complessivi 251 anni di carcere contro le 53 condanne a 430 anni, oltre all'ergastolo, inflitti il 16 aprile '88 a conclusione del processo in assise). Per quindici ci sarà un nuovo processo d'appello a Palermo. Per alcuni degli imputati ai quali sono state definitivamente confermate le pene inflitte in secondo grado dovranno, invece, tornare in carcere. Ora, infatti, si trovavano tutti in libertà. La Cassazione ha reso definitive le condanne del principe Alessandro Vanni Calvello di San Vincenzo, appartenente ad un antico casato siciliano e del medico Vincenzo Bongiorno. Entrambi erano finiti sul banco degli imputati grazie alle testimonianze di Buscetta e Contor¬ no. E' stato, invece, prosciolto con formula piena il principale imputato, Francesco Intile, condannato all'ergastolo in primo grado perché ritenuto il mandante, quale «capo mandamento» a Caccamo, dell'uccisione di Mariano Marsala. L'accusa si fondava sul cosiddetto teorema Buscetta: nessun omicidio può essere commesso senza l'autorizzazione del capo-famiglia. Ma la sua condanna era stata annullata dai giudici di appello che lo hanno assolto dall'omicidio per insufficienza di prove anche perché erano stati in precedenza assolti ì quattro presunti autori materiali della «lupara bianca». Anche il pentito Marsala ha avuto quattro anni e mezzo di carcere. Ci sarà, invece, un nuovo processo, ma per il solo reato di ricettazione, per Salvatore Umina e Michelangelo Pravatà che in appello avevano avuto 13 e 11 anni di carcere. A Palermo dovranno essere di nuovo giudicati, ma solo per partecipazione ad associazione mafiosa finalizzata al traffico di droga, anche Vincenzo Rabito e Pietro Scarpisi, che in appello avevano avuto 9 anni e mezzo e 8 anni e mezzo di reclusione. Entrambi erano stati già prosciolti un mese fa in Cassazione dall'accusa di essere i killer di Chinnici. Pierluigi Franz li giudice Corrado Carnevale

Luoghi citati: Caccamo, Palermo, Roma, Vicari