Fermati 5 sciacalli per il sequestro di Patrizia Tacchella di Giuliano Marchesini
Fermati 5 sciacalli per il sequestro di Patrizia Tacchella Presto nuovo appello del padre Fermati 5 sciacalli per il sequestro di Patrizia Tacchella VERONA DAL NOSTRO INVIATO Cinque «sciacalli» che si sarebbero inseriti nel dramma di Patrizia Tacchella, la bambina di 8 anni rapita il 29 gennaio scorso, sarebbero stati fermati dagli inquirenti: quattro di loro in una zona del Veneto, uno in Toscana. Polizia e carabinieri non confermano. Del resto, in questi giorni di indagini convulse sul sequestro di Patrizia, hanno mantenuto un riserbo assoluto. Ma la voce dei cinque fermi, corsa in serata, è andata facendosi sempre più insistente. Diffìcile, comunque, stabilire come si possa essere giunti all'identificazione dei presunti «sciacalli» che avrebbero reso ancor più angosciosa l'attesa dei Tacchella, proprietari della fabbrica di jeans «Carrera». Intercettazioni telefoniche, di certo. Ma, se di sciacallaggi si tratta, è probabile che le telefonate in casa Tacchella siano giunte da qualche posto telefonico pubblico. Gli inquirenti sarebbero riusciti in ogni modo a mettere le mani su questi squallidi individui, i cui nomi non sono stati per ora rivelati. Potrebbe anche essersi trattato di lettere, fatte trovare in qualche posto al titolare della «Carrera». In questo caso, gli investigatori potrebbero aver seguito la pista, fino a localizzare i mittenti. Tutto resta piuttosto vago, in questa vicenda che si sovrappone alla drammatica scomparsa di Patrizia. Indagini dal Veneto alla Toscana, al Meridione. Lungo questi percorsi per andare a ritrovare Patrizia, forse si sono infilati anche sentieri che conducevano a quei perso¬ naggi che hanno tentato di sfruttare l'angoscia dei familiari della bambina. Lo stesso Imerio Tacchella, il «re dei jeans», nei giorni scorsi appariva smarrito, disperato per la quantità di messaggi che gli giungevano sia per telefono sia per «posta». L'ultimo appello, il titolare della «Carrera» l'ha lanciato proprio per questo, perché non riusciva più ad orientarsi nel labirinto delle richieste, delle intimazioni. «Voglio che i rapitori mi diano finalmente una prova sicura che Patrizia è nelle loro mani», ha ripetuto in mezzo ad un cerchio di cronisti, davanti alle telecamere della Rai e delle televisioni private. E' stato, in casa Tacchella, un terribile accumularsi di messaggi. «Come si fa — si domandava Imerio Tacchella — a distinguere quelli falsi da quello che poteva essere giusto? Mi danno questo o quel particolare, di cui avrebbero potuto essere a conoscenza prima del rapimento. La prova definitiva non l'ho ancora avuta. E forse dovrò fare un altro appello nei prossimi giorni». Otto miliardi, venti miliardi. Le intimazioni si sono intrecciate, gli sciacalli hanno alzato il tiro. Evidentemente, gli inquirenti badavano anche a rintracciare gli autori di quelle atroci «comunicazioni». Perfino al vescovo di Verona, Giuseppe Amari, erano giunte richieste che egli stesso ha definito «non affidabili». Ora, se le voci che corrono sono fondate, cinque di questi sciacalli sono finiti in trappola. E questo può già essere un piccolo sospiro di sollievo per la famiglia Tacchella. Giuliano Marchesini
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