II destino di Carlsson è nelle mani dei comunisti di Enrico Benedetto

II destino di Carlsson è nelle mani dei comunisti In Parlamento il discusso piano anti-crisi, si allarga il fronte dello sciopero, incombe la svalutazione della corona II destino di Carlsson è nelle mani dei comunisti Solo i votipc possono salvare il governo socialdemocratico dal tracollo STOCCOLMA DAL NOSTRO INVIATO Per Ingvar Carlsson oggi è il giorno più lungo: in 24 ore di faticose mediazioni l'opaco premier socialdemocratico si gioca, oltre alla carriera, l'eredità Palme e lo stesso futuro del «modello svedese». Domani, infatti, lo attende un rovente dibattito parlamentare sul «piano anti-crisi», che — anche riabilitando frettolosamente lo sciopero — ha spaccato il Paese. Liberali, centristi, moderati spareranno a zero contro di lui — che ieri li ha definiti «senza idee» — malgrado un'austerity dal sapore thatcheriano, i Verdi l'hanno scaricato: adesso solo i comunisti potrebbero evitargli elezioni anticipate, trasformando la sua maggioranza relativa in assoluta con 21, preziosissimi voti. Mentre i comunisti di tutt'Europa cercano una palingenesi nella tradizio¬ ne socialdemocratica scandinava, la Svezia del welfare state ha insomma consegnato il suo destino al pc. Ma non è l'unico paradosso. Pehr Gyllenhammer, il carismatico presidente Volvo, in una lunga intervista al «Dagens Nyether» ha difeso l'attuale governo «rosso» facendo capire di non preferirgli una coalizione moderata: «Bisogna aiutarlo, il piano va difeso. L'opposizione se ne renda conto. Il mondo vede un Paese allo sfascio, con scioperi selvaggi e inflazione galoppante. Rimbocchiamoci le maniche». Questa imbarazzante sponsorizzazione ha irritato il leader comunista Werner, che infatti nella serata già prendeva le distanze. Alla tv, un suo portavoce definiva il blocco dei salari nel biennio '90-'91 «inaccettabile per i ceti medio-bassi», minacciando: «Avremo agitazioni in tutto il Paese». Che cosa resterebbe, allora, del pacchetto originale? Molto poco, dopo che con un voltafaccia clamoroso Ingvar Carlsson ha rinunciato a mettere fuorilegge lo sciopero. In cambio, pare ci sia un arbitrato governativo obbligatorio per tutte le vertenze difficili: quando sarà raggiunta un'intesa, colletti blu e bianchi potranno astenersi dal lavoro ma solo per motivi extra-salariali. Questo risicato compromesso riesce a scontentare tutti. Ieri sera, per esempio, le centinaia di lavoratori comunali riunite davanti al Parlamento issavano cartelli durissimi: «Siamo una Banana Republic», «Carlsson ha ricostruito il muro di Berlino», «Vergognatevi». Oggi, se la trattativa notturna non avrà sbloccato il contenzioso, nidi e scuole materne di Stoccolma rimarranno chiusi, obbigando mamme e papà a disertare il lavoro: un piccolo dramma aggiuntivo, nella grande emergenza bancaria. Da tre settimane, il Paese vive infatti nella più totale apnea economica. Borsa al collasso, intermediazioni finanziarie k.o., sportelli chiusi dietro i quali s'accumulano assegni (e stipendi) non riscuotibili. In aeroporto, un «tazebao» accoglie i viaggiatori: «Bank Konflikt, no change». Inizia, timidamente, a fiorire il cambio nero. Ma lascia attoniti, sopra tutto, l'assoluta mancanza di liquidità. In Sveavagen ho visto acquistare un litro di latte e due yogurth con l'American Express, mentre chi ha finito gli assegni o raggiunto il «tetto» del Bancomat elemosina da amici e parenti. Prima o poi, lo zoccolo duro cederà: i bancari meno pagati d'Europa dovranno accettare il 15 per cento in più proposto dal governo anziché il 20. Il nodo, tuttavia, è forse un altro. Qui tutti giurano che — alla riaper¬ tura delle banche — il governo svaluterà la corona per rilanciarne le sorti. Purché un governo esista ancora. Carlsson fa spargere la voce che ce la farà. Nelle ultime 48 ore è apparso ripetutamente in tv con lunghe, ottimistiche dichiarazioni. «Credetemi, siamo l'unica alternativa a noi stessi», ha detto ieri per screditare gli oppositori «borghesi». Feldt, contestato ministro del piano anti-crisi, tace, ma il suo braccio destro Klas Eklund difende tuttora a spada tratta il pacchetto, o quello che ne resta: «Non siamo stupidi — ha detto —, qui nessuno pensa di risolvere tutto proibendo l'inflazione. Semplicemente, le misure che proponiamo andrebbero condivise in nome della solidarietà nazionale», una merce che pare stia lasciando il posto all'egoismo corporativo. Enrico Benedetto

Persone citate: Carlsson, Feldt, Ingvar Carlsson, Klas Eklund, Palme, Pehr Gyllenhammer

Luoghi citati: Berlino, Europa, Stoccolma, Svezia