Così Gardini prepara l'assalto all'America's Cup

Così Gardini prepara l'assalto all'America's Cup Mentre ancora si discute su chi ha vinto nel 1988, fra un mese scenderà in acqua a Venezia la barca della Montedison Così Gardini prepara l'assalto all'America's Cup Scafo rivoluzionario, progetto dell'argentino Frers, ingaggiati i migliori italiani VENEZIA. La nuova barca della sfida italiana Montedison, costruita per la conquista della Coppa America, scenderà in acqua domenica 11 marzo a Venezia. Con il varo di questo primo scafo si chiude definitivamente il sipario sui vecchi "12 Metri" ed entra invece in scena la nuova classe prescelta per la disputa della prossima America's Cup. Si passa finalmente da un'imbarcazione progettata negli Anni 50, e che fu utilizzata per la prima volta nella Coppa America del 1958, a un maxi nato dall'accordo tra i migliori progettisti mondiali nel 1988. La barca a vela voluta da Gardini — un gioiello costruito in composito utilizzando nuovi materiali prodotti da aziende del gruppo Montedison e le tecnologie più avanzate — è stata disegnata dal gruppo di progetto del Moro di Venezia e realizzata a Marghera nel cantiere Tencara della Montedison. Capo del progetto è l'argentino German Frers ma questa barca è il risultato della collaborazione tra alcuni dei più qualificati giovani architetti italiani. La nuova imbarcazione è un grande maxi molto aggressivo con una differenza sostanziale rispetto ai moderni scafi di queste dimensioni: sarà portato da soltanto 16 uomini di equipaggio invece che dai 35/40 che normalmente lo manovrano in una regata Ior. Il varo del supermaxi italiano potrebbe coincidere con la soluzione della battaglia legale che vede contrapposti da due anni i californiani del San Diego Yacht Club ai neozelandesi del Mercury Bay Boating Club. Questi ultimi si sono rivolti alla corte d'appello del tribunale di New York, il livello più alto della giustizia di questo Stato, dopo aver vinto la causa in primo grado e perso quella in secondo. Infatti, il giudice Carmen Ciparik aveva inizialmente squalificato il catamarano di Dennis Conner dando la vittoria al monoscafo di 90 piedi di Michael Fay. Giovedì scorso ad Albany, capitale dello Stato di New York, è stato discusso l'appello presentato dai neozelandesi; i sette giudici della corte hanno ascoltato le parti in causa ed alcuni testimoni. La sentenza verrà emessa in un periodo di tempo che potrà variare da 4 a 6 settimane e sarà definitiva: se l'appello verrà respinto la 28a Coppa America verrà corsa in California, quasi sicuramente nel 1992; se invece verrà accolto si andrà a regatare down under, giù sotto agli antipodi. I rappresentanti del New York Yacht Club, attuale custode della Coppa, e del Royal Perth Yacht Club si sono schierati dalla parte dei neozelandesi ed hanno accusato il San Diego Y.C. di aver violato le spirito e la tradizione del «Deed of Gift» (l'atto di donazione) partecipando alla regata con una barca diversa da quella scelta dallo sfidante (cosa mai accaduta precedentemente). Uno dei giudici ha però immediatamente ribadito che il compito della corte e dei giudici non è quello di occuparsi delle tradizioni, bensì di interpretare correttamente quanto contenu¬ to nel Deed of Gift. Al termine della discussione è intervenuto il rappresentante del procuratore generale dello Stato di New York, che aveva a sua volta presentato ricorso alla sentenza per difendere gli in teressi della collettività, quindi in pratica degli sfidanti americani. Egli ha fermamente appoggiato il San Diego Yacht Club, sostenendo che i proble mi sono nati dalla decisione neozelandese di agire da soli, non in accordo con tutti gli altri sfidanti. Alla fine dell'udienza Mi chael Fay si è dichiarato pessi mista e tra il pubblico che riempiva la sala la vittoria del San Diego Y.C. veniva data per 6 giudici contro 1. Ida Castiglioni