Il samaritano è donna
Il samaritano è donna Prevalenza femminile nell'assistenza ai malati di cancro Il samaritano è donna // 49 per cento dei volontari ha avuto esperienze simili in famiglia Ma dopo un mese il 25% abbandona: troppo difficile aiutare a morire MILANO. E' donna, ha fra i 45 e i 55 anni, un titolo di studio superiore, un'esperienza di lavoro in ufficio a suo tempo interrotta dalle cure familiari, un gran desiderio di sentirsi ancora professionalmente viva e utile, umanamente capace di dare e ricevere: questo, il «volontario-tipo», che senz'alcun compenso dedica 2 mezze giornate la settimana all'assistenza dei malati terminali di cancro. Ce ne sono, a Milano, poche centinaia; fanno capo al Vidas, alla Lega nazionale per la lotta contro i tumori, alla Fondazione Floriani. «Presupposto di base, unanime, è evidentemente il senso della solidarietà», dice il dottor Luigi Valera, psicoterapeuta, responsabile psicologico del Vidas. «Essere utile al prossimo» è, per il 43%, proprio la motivazione dichiarata al desiderio di assistere ammalati indigenti. Il 49% invece collega la decisione a esperienze precedenti di cancro in famiglia. Solamente il 4% risulta mosso da convinzioni religiose; pur professandosi in maggioranza laici, fra i volontari ci sono ebrei, cristiani, musulmani, buddisti, ma il fattore religioso non assume rilevanza nei colloqui di selezione. La presenza maschile è di 1 volontario su 3; ci sono studenti non soltanto in medicina, professori universitari, presidi, dirigenti d'azienda, impiegati, sovente sono in pensione ma a volte tuttora in servizio. Complessivamente, fra uomini e donne, il 34% risulta impegnato in un'attività lavorativa. In questo caso, le 2 mezze giornate settimanali di assistenza possono venire sostituite con 1 notte al capezzale di un ammalato. Secondo Valera, una delle ragioni principali della preponderanza di donne sta «nella cultura tipicamente femminile del "non essere di peso agli altri". Più o meno consapevolmente, il ragionamento è: tutti dobbiamo invecchiare e morire, tutti possiamo ammalarci di cancro: dunque devo prepararmi, imparare assistendo gli altri». Di fronte al malato terminale infatti — e questo è il punto centrale — il volontario deve fronteggiare le paure proprie, prima che del suo assistito. Non a caso, durante i mesi dedicati ai corsi di addestramento, emerge che le problematiche disturbanti più frequenti riguardano la morte (64%). L'equilibrio psicologico comprende prima di tutto la consapevo¬ lezza di quanto questo tipo di volontariato possa essere tremendo. Non c'è posto per le velleità: ricorda Valera che un paio d'anni fa c'era, al Vidas, l'afflusso di gente della moda: «Stanchi di una vita vuota, dicevano, volevano finalmente fare qualcosa di utile. Dopo neanche 2 settimane di corso scappavano». Non c'è posto nemmeno per la retorica dell'altruismo: «Mi terrorizzano i volontari "da medaglia", quelli che diventano iperattivi per compensare le frustrazioni personali. Per dedicarsi al prossimo avere un'esistenza normale è indispensabile». Ogni 3 settimane, i volontari, a gruppi di 10, incontrano per 1 ora e mezza lo psicologo; a richiesta, possono esserci pure colloqui individuali. Un quarto di loro abbandona durante il primo semestre di attività: troppo pesante aiutare a morire. Ma davvero si può, psicologicamente, aiutare a morire? «Entro certi limiti sì, per esempio favorendo un atteggiamento di distacco, prima di tutto dagli affetti. Comunque, nel profondo, nessuno mai accetta davvero l'idea della fine della vita». Avete avuto richieste di eutanasia? «No, anche perché i dolori che normalmente ne sono all'origine vengono ora controllati attraverso un uso mirato della morfina». A differenza del Vidas — che agisce con un gruppo autonomo composto di 4 medici, 5 infermieri, 2 psicologi, 2 coordinatrici, 1 assistente sociale, 1 responsabile sanitario — i volontari della Fondazione Floriani operano in stretto contatto con la Lega e con i loro colleghi in essa impegnati. Qui il volontariato è previsto, oltre che a domicilio, pure in parecchi ospedali. Il personale è composto per il 42% da casalinghe, per il 21% da pensionati ancora giovani, per il 13% da impiegati. Gruppi affiliati a quello milanese sono già sorti a Roma, Palermo, Belluno, Ancona, Aosta, Firenze e stanno organizzandosi anche in altre città. Ornella Rota
Persone citate: Luigi Valera, Ornella Rota, Valera
Luoghi citati: Ancona, Aosta, Belluno, Firenze, Milano, Palermo, Roma
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