La casa degli arbitri come un grand hotel
La casa degli arbitri come un grand hotel oli intoccabili La casa degli arbitri come un grand hotel SI moltiplicano le lamentele sugli arbitri. In settimana è toccato a Pellegrini lanciare una stilettata a Gussoni & C. dopo i torti ricevuti da Cornieti nell'ultima gara interna, quella contro l'Ascoli. (Quasi contemporaneamente la Samp ha criticato la designazione di Lanese per il derby odierno: che il siciliano non porti bene ai doriani è un eufemismo). A San Siro c'erano due rigori a favore dei nerazzurri per falli di Destro e Benetti: la moviola di Sassi non ha fatto altro che accertare notarilmente ciò che si era visto a velocità normale sul campo. Il fischietto di Forlì è stato di avviso diverso, bontà sua non ha notato nessuna contravvenzione al regolamento. I tifosi se la sono presa con il loro presidente contestandone i metodi fin troppo civili e inducendolo a partorire il duro comunicato che sa di condanna nei confronti del sistema arbitrale. E' la prima volta che Pellegrini invia messaggi pubblici di questo tipo, condannabili a priori (immaginatevi se altri dirigenti seguissero il suo esempio) ma giustificabili nella sostanza. Il procuratore federale, facendo leva sugli studi di giurisprudenza, non ha ritenuto opportuno deferire il presidente dell'Inter alla commissione disciplinare. Matarrese ha recepito però la protesta ribadendo la volontà di cambiare tutto quanto è cambiabile nel mondo delle giacchette nere. Però dopo Italia '90. Campanati è avvisato da tempo. E Gussoni vive momenti oscuri. La restaurazione di questo ambiente, è il parere di molti, non può prescindere dalla presenza di uomini nuovi, 1 coinvolti il meno possibile I nella gestione ultima. Ma la critica ai fischietti e al loro comportamento, sovente più politico che tecnico, rappresenta l'ultimo anello d'un malessere che riguarda il palazzo arbitrale, di cui troppa gente ha le chiavi o millanta di possederle. E fra questi i direttori sportivi si sprecano, forse per «colpire» i presidenti e ottenere stipendi ancora più corposi. La commissione tecnica, già trasferita a Roma per evitare incontri «peccaminosi» con i rappresentanti dei club in Lega e divenire sempre più costola federale, dà l'impressione di essere eccessivamente sensibile alle preoccupazioni e alle voglie di questo o quel dirigente. Per primi ne risentono i fischietti cbe non si sentono protetti. C'è da mutare il sistema delle designazioni con l'obbiettivo di premiare i migliori, offrire garanzie alle società, evitare il proliferare di mugugni e sospetti, dare credibilità ai risultati. C'è poi da rivoluzionare la filosofia che regna in periferia, dove la meritocrazia subisce (e patisce) gli assalti del clientelismo. Sarebbe un peccato che le proposte di Boniperti finissero nel cestino: l'idea del semiprofessionismo è valida, e sono reali le difficoltà che incontrano gli arbitri per l'evoluzione del gioco: più veloce, più duro, tatticamente più complesso, soprattuto nel rilievo del fuorigioco. Un arbitro solo può bastare se i guardalinee sono efficienti, e i guardalinee possono esserlo se non si sentono in sudditanza psicologica nei confronti degli altri attori sul campo di gioco. La storiella della moviola resterà per fortuna una storiella. Per fortuna anche di Campanati Filippo Grassia sia^Jj
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