La sinistra in Italia Una disfatta: perché?

La sinistra in Italia Una disfatta: perché? LETTERA DI BOBBIO La sinistra in Italia Una disfatta: perché? Questo è il testo della lettera che Norberto Bobbio ha inviato ad alcuni amici che hanno partecipato all'assemblea di Roma «per un nuovo partito della sinistra». CARI amici, non posso essere presente alla manifestazione romana perché sto partendo per gli Stati Uniti. Sono pienamente d'accordo con voi sulla necessità di dar vita a una nuova sinistra che si ispiri, come dite bene, a una visione laica della politica. La democrazia, chi potrebbe dubitarne?, è nata da una visione laica della storia e della società. Nello stesso tempo concordo anch'io con la vostra preoccupazione per la incredibile, inimmaginabile, assurda, deleteria spaccatura che si è venuta formando all'interno del pei tra i due schieramenti avversi, anzi più che avversi, nemici, dei «sì» e dei «no». Imprevedibile, dico, perché il processo di rinnovamento del partito era cominciato da tempo e ora si trattava unicamente, di fronte al collasso dei regimi dell'Est europeo, di trarne le ultime conseguenze. Sono seriamente preoccupato perché questa divisione mette in pericolo il successo dell'intera operazione. Mi auguro che il contrasto si attenui: mi sembra impossibile che dall'una parte e dall'altra non si trovi qualche persona di buon senso che riesca a seguire le vie della mediazione. Non posso però nascondervi un'altra ben più grave preoccupazione. La crisi dei regimi comunisti a me pare abbia messo in questione anche il socialismo o per lo meno una buona parte del socialismo storico, cioè del socialismo inteso da un lato come il programma politico del movimento operaio, dall'altro come un movimento volto a spostare il dominio della sfera economica dal settore privato al settore pubblico. Ciò che invece non si può cancellare, nonostante sbrigative condanne, è la distinzione tra destra e sinistra, ossia fra coloro che stando dalla parte di chi è in alto sulla scala sociale tendono a conservare il più possibile lo stato esistente e coloro che mettendosi dalla parte di chi sta in basso vogliono mutarlo. Ben venga dunque questo movimento per una sinistra che faccia seriamente i conti con il comunismo e il socialismo storici. Le preoccupazioni che ho manifestato ci possono rendere guardinghi di fronte alle prospettive future, ma non possono farci chiudere gli occhi di fronte allo stato di degradazione in cui versa la lotta politica in Italia, logorata da risse di fazione, che minacciano di far perdere a molti italiani la fiducia nella democrazia. Il primo problema che uomini e gruppi schierati per il rinnovamento della sinistra dovrebbero porsi è quello di riflettere sulle ragioni per cui solo in Italia fra tutti i Paesi democratici europei la sinistra E1- è mai riuscita a gonare, il che vuol dire che non è mai riuscita ad essere legittimata ad andare al governo da una chiara maggioranza di suffragi. Solo un'analisi franca, oggettiva, spietata, sulle cause di questa disfatta (perché proprio di una disfatta si tratta) può costituire il preambolo di ogni futuro programma, se il programma deve essere realistico e non velleitario. La prima condizione di questa riflessione è l'abbandono di ogni patriottismo di partito. (Ma la spaccatura tra i «sì» e i «no» non promette nulla di buono). Tutti quanti abbiamo commesso errori. Il rinfacciarseli non serve a niente. Chiediamo troppo se chiediamo di chiudere il bilancio del passato, che è un bilancio passivo, perché questo è l'unico modo di fondare una nuova alleanza che stia ben salda nel presente per guardare con fiducia al futuro? Credo che occorrano uomini nuovi, che abbiano più fiducia di un vecchio come me, che ne ha viste di tutti i colori, a cominciare dal fallimento del Partito d'Azione, uno smacco nella mia vita da cui non mi sono più risollevato, e che m'induce a dire, anzi a ripetere, anche in questa solenne occasione: «Guai ai movimenti di opinione, che non scendono dal cielo delle idee, che possono anche essere buonissime, alla sfera più bassa degli interessi». La creazione di una nuova sinistra oggi, nel deserto d'idee della politica quotidiana, è una magnifica avventura. Ma la lascio volentieri ai giovani, che hanno bisogno di sollevarsi da questa palude. L'unico suggerimento che mi sentirei di dare nell'anno centenario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino e di fronte allo spettacolo di fiumane di persone che hanno rotto i muri di tanti dispotismi invocando «libertà, eguaglianza, fraternità», è quello, su cui mi sono soffermato in questi tempi più volte, di considerare come una delle possibili vie per una politica di sinistra la politica dei diritti, che non sono più soltanto il diritto dell'uomo astratto, ma sono il diritto delle donne e dei giovani, dei malati e dei minorati, degli emarginati nella miseria e nella sofferenza, dei «dannati» di tutto il Terzo e Quarto Mondo, che sono pur sempre «questo» e non l'«altro» mondo. Lo sviluppo tecnologico è ormai tale da essere in grado di soddisfare bisogni che ancora non molti anni fa era mùnmaginabile poter soddisfare. Quando un bisogno entra nella sfera delle possibilità di soddisfazione si trasforma in diritto. Un problema immenso, come vedete, anche sul piano teorico. Un tema che mi pare degno di essere approfondito. Ma ora basta. Il passo più difficile è sempre quello dalle parole ai fatti. Ed è qui che di solito casca l'asino specie quando l'asino (absit iiuuria) è l'intellettuale. Norberto Bobbio ZA

Persone citate: Norberto Bobbio, Quarto Mondo

Luoghi citati: Italia, Roma, Stati Uniti