ARCHITETTI NEL FASCISMO TRA NOVITÀ E RETORICA

ARCHITETTI NEL FASCISMO TRA NOVITA' E RETORICA ARCHITETTI NEL FASCISMO TRA NOVITA' E RETORICA SUGLI architetti che operarono da protagonisti negli anni del fascismo è stato scritto molto, spesso opponendo in modo schematico l'architetto moderno e antiretorico (implicitamente antifascista) all'architetto che si adegua alle esigenze del regime e ai canoni dei maestri di monumentalismo (implicitamente fascista). Questo saggio di Giorgio Ciucci, ordinario di storia dell'architettura a Venezia, illumina una realtà più complessa, in cui gli stessi termini usati per distinguere schieramenti opposti assumono significati ambigui, su un fondo di sostanziale adesione al fascismo. Almeno nella primissima fase, con rare eccezioni. Giorgio Ciucci non limita l'analisi a singole opere da manua- le né a singoli autori, ma la estende all'ambiente. Individua così alcune città laboratorio come Torino nei tardi Anni Venti in cui si affermano giovani progettisti allora convinti della modernità del fascismo, come Pagano. E' del suo gruppo il progetto di via Roma, miscela di nuòvo monumentalismo e esigenze commerciali. Altra città-laboratorio è Milano, dove negli Anni Venti nascono nuove riviste ("La Casa Bella", poi "Casa Bella", è del 1928), nuove associazioni come il «Club degli urbanisti» (Di Finetti, Muzio, Ponti, tra i più noti), dove si può parlare di squadrismo dell'architettura ma dove si affermano anche i portatori di nuove correnti di pensiero (gli entusiasmi per le Corbusier, i rapporti con la Bauhaus) e di una nuova cultura professionale. E' degli Anni Trenta la nasci¬ ta della scuola milanese moderna, quella degli Albini, Gardella, Belgioioso, Rogers. «Casabella» era diretta da Giuseppe Pagano. La polemica fra il gruppo milanese e quello romano, sottomesso più o meno al nume Piacentini, era sempre più dura. Ma tra il 1928 e i primi anni di guerra i dibattiti accesi coprirono solo in parte vicende intricate, compromessi culturali e politici a cui Giorgio Ciucci dà il peso dovuto. Sulle illusioni dei giovani architetti, come sui loro confronti spesso aspri, prevalevano le direttive di Mussolini, con capovolgimenti e voltafaccia imposti attraverso il gioco degli incarichi professionali e delle promozioni accademiche. Un metodo di persuasione che conduce alla svolta degli ultimi Anni Trenta, ai tentativi di compromesso fra modernità e esigenze celebrative del regime, sempre sotto il manto di Piacentini. Sbocco finale, dell'autore, l'E-42 a Roma. E' di quegli anni la rivolta di Pagano contro gli archi e le colonne, contro le «ambizioni più fameliche e le cortigianerie più sfacciate» degli architetti che accettano i canoni dell'arte di stato. Tramonto dell'illusione di poter rappresentare i presunti valori del fascismo in forme moderne, drammi individuali. Ma l'interesse del libro sta appunto nel lavoro di scavo oltre le storie personali, per arrivare al sommario bilancio di quanto rimase dell'avventura architettonica tra le due guerre. Mario Fazio Giorgio Ciucci Gli architetti e il fascismo Einaudi pp.222, L. 24.000

Luoghi citati: Milano, Roma, Torino, Venezia