CONTINI PIONIERE di Carlo Carena

CONTINI PIONIERE CONTINI PIONIERE La scomparsa del grande filologo Dagli studi su Dante a Gadda IDENTIFICARE la vita di Gianfranco Contini con i suoi libri non è una scommessa stolta, tanti essi sono, ben diluiti e compatti, belli anche esteriormente, e insieme distribuiti in una parabola con diramarsi continui d'interessi, d'incontri in un tessuto che si va costituendo come le trame dell'esistenza. Il critico piemontese ha affrontato tutto con un impianto di idee rapidamente maturato, con una concezione precisa della letteratura e con un metodo ben solido per affrontarla, per assodarne e farne scaturire i meriti. Fu sua fortuna e sua grandezza quella di accoppiare per questo una strumentazione tecnica e un'intelligenza eccezionali. Si avviò alla filologia romanza nella scuola di Jean Bédier, e fin dal primo anno dell'insegnamento nella svizzera Friburgo escono presso Einaudi (1939) le Rime dell'Alighieri, questi frutti del «travaglio esplorativo e del furore dell'esercizio di Dante», una formula che sembra condensare il lavoro stesso dello studioso. Contini aveva indicato nel saggio Come lavorava l'Ariosto (1937) la via della ricerca critica più fruttuosa e appassionante nella sovrapposizione al dato statico e al momento descrittivo dell'opera poetica, di un modo dinamico; egli la vede quale «un'opera umana, un lavoro in fieri», di cui tende a rappresentare «drammaticamente» la vi¬ ta dialettica. Questi princìpi, che poi danno luogo alla ricerca delle «varianti d'autore» attraverso cui l'opera viene coerentemente definendosi, spiegano il fascino di tutti i lavori continiani. Merito certamente anche della sua prosa inconfondibile e inimitabile per preziosità ed eleganze, anch'essa una delle più grande creazioni del nostro Novecento letterario; ma merito anche di quel terreno e di quel metodo d'indagine austero, senza inclinazioni iniziali né pressioni estetizzanti, ma fervido e addirittura avventuroso. Lo disse in qualche modo egli stesso nel libro-intervista a Ludovica Ripa di Meana Diligenza e voluttà (Mondadori, 1989): «Quando ci si mette innanzi un testo, è imprevedibile il risultato: sia il risultato esegetico, sia il risultato testuale. E se non ci fosse questa improbabilità, quest'alea, non varrebbe la pena di correre il gioco». Contini parla addirittura di «avventura dantesca» per quell'altra aspra fatica che chiuse nell'84 presso Mondadori il suo ciclo sull'Alighieri: l'edizione critica e la rivendicazione all'autore della Commedia, almeno come «probabilità più economica», del poemetto II Fiore. Accanto a Dante, e subito dopo le Rime, era apparso il Canzoniere petrarchesco (1949); poi, nel '60, per la collana dei Classici italiani Ricciardi, i fondamentali Poeti del Duecento, e ancora, nel '66, l'edizione delle Rime del Cavalcanti; infine, con un balzo di tempi, il contributo all'Opera in versi di Eugenio Montale (Einaudi, 1980). E dalla filologia alla critica, se così può distinguersi per Gianfranco Contini, all'imponente collezione di saggi accumulati nel corso di decenni e ospitati da Einaudi in una stupenda serie fuori collana (Contini è stato un autore fedelissimo ai suoi editori, Raffaele Mattioli e Giulio Einaudi; aveva un senso profondo anche dei valori umani, intimi e fin esteriori): Varianti e altra linguistica (1970), Altri esercizi (1972), Esercizi di lettura (1974), Ulti- mi esercizi ed elzeviri (1988). Lo spazio e lo spettro d'intervento è qui sterminato e l'unità è «in negativo» nell'assenza di testi meramente e duramente filologici (per i quali si ricorra se mai al Brevario di ecdotica, Ricciardi 1986, che nella voce Filologia contiene il testamento scientifico dell'autore); «in positivo» per i risultati, non cercati ma raggiunti. Contini vi ritorna alle varianti sul campo, delinea momenti salienti della critica linguistica, studia la lingua di poeti come Petrarca o Pascoli, riprende gli Scapigliati indimenticabili nella sua edizione del '53; soprattutto nel secondo e noi terzo tomo si avvicina a noi portando alla ribalta autori prediletti ch'egli ha potentemente contribuito a scoprire a fondo: Rebora, Montale, Pasolini, soprattutto Gadda, questo scrittore di tutte le oltranze, di tutti gli impasti e le invenzioni care al critico e amico. Contini aveva forti, come le amicizie, così le simpatie — anche per Hòlderlin, anche per Baudelaire, anche per Proust... —, tutte in un'idea alta della letteratura, dello stile, della parola; in un'idea del lavoro letterario quale non relazione ma «perenne approssimazione al valore». Dichiarava nell'intervista citata che anche la sua vita — la vita di un filologo! — era stata un'avventura, fortunatamente propizia; e dunque felice. Carlo Carena Ciulio Einaudi, /'editore che ha accompagnalo tulio Voperti di Contini, ricorda la figura dello studioso e amico Cianfrinilo Contini, (ultimo a destra) con Italo Cubino, Guida l'iorene e I il tortiti