I tre «vice» di Craxi scendono in guerra

I tre «vice» di Craxi scendono in guerra I tre «vice» di Craxi scendono in guerra ROMA. Mentre Andreotti continua a ostentare calma e tranquillità («Può anche esserci qualcuno che spera nella crisi, ma spera inutilmente» dice il fido Cristofori), ecco Craxi spedire in campo uno dei suoi tre vice col preciso compito di diffondere squilli di guerra. Sotto il tiro socialista non è soltanto la sinistra de, o i «dissidenti» dell'anti-droga, questa volta l'attacco è a tutto lo scudo crociato. Per la verità anche gli altri vicesegretari del psi non hanno trascorso la domenica senza una dichiarazione: Tognoli per prendersela coi «fumi confusi» che vengono dal pri, Amato per spiegare e giustificare le parole di Cossiga sugli studenti, dopo che il giorno prima ne aveva elogiato il presunto filo-presidenzialismo. Ma il più «ispirato», come si dice in gergo, appare in questa occasione il terzo vice di Craxi, Giulio Di Donato, il quale dopo aver additato all'allarme le parole di Bodrato quando «prevede e minaccia la crisi di governo», nonché le divisioni all'interno della de che «rischiano di creare una situazione insostenibile», denuncia 1'«offensiva destabilizzatrice» di quella parte dello scudo crociato che agirebbe ormai, «sempre più apertamente», come opposizione al governo. «Al punto in cui siamo», afferma Di Donato, «è in discussione l'affidabi- lità della de come parte della coalizione». E' il preannuncio della rottura, l'ultimo avvertimento a Forlani perchè provi sul serio a tenere in riga l'intero suo partito? Certamente la dichiarazione diffusa da via del Corso non frena i venti di crisi e le voci di elezioni anticipate, ma anzi vieppiù li alimenta e avvalora. Nonostante gli appelli di Cossiga, usati come un elastico e interpretati a piacere da ogni forza politica, e che ormai risultano già archiviati. E nonostante De Mita sia tornato alla ribalta anche ieri per ribadire, questa volta ufficialmente, che la sinistra de è contraria ad una crisi: «Noi vogliamo che il governo duri, e duri fino al termine naturale della legislatura», ha ripetuto il presidente quasi-dimissionario del partito di maggioranza relativa, chiedendo però che i cinque si ritrovino «su ima serie di impegni di largo respiro per dare senso politico» ai due anni promessi ancora ad Andreotti. Il quale Andreotti è l'unico che, forse per scaramanzia, fa mostra di non avvertire nemmeno un refolo di crisi. Anzi, Palazzo Chigi sembra immerso in un'oasi di tranquilla stabilità. Domani la Camera riprende l'esame della legge sulle autonomie locali, e venerdì ci sarà il voto finale «senza più far ricorso alla fiducia», assicura il sottosegretario alla presidenza Cristofori. Poi, dopo il gratuito patrocinio, Montecitorio passerà subito al voto della legge sulla droga. Già, e la lettera allarmatissima di Craxi proprio su quest'ultimo argomento? «Quella posizione politica è già stata accettata dal governo», taglia corto Cristofori smorzando il pericolo che viene da Goria e dagli altri del 'gruppo dei dieci': «L'atteggiamento di Goria non è stato sponsorizzato dalla de, è una posizione personale»; e poi via, anche Goria infine, «si atterrà alle decisioni del gruppo de». Resterebbe quel vertice richiesto a gran voce dai soci minori («Restiamo in attesa che la maggioranza dia al più presto un segnale», ripete Cariglia) ma Andreotti, come Craxi del resto, non sembra aver fretta su questo fronte; in ogni caso, dati gli impegni di Forlani per il fine settimana e poi il Consiglio nazionale de, il vertice chiarificatore non potrebbe tenersi prima della fine della settimana prossima. Quel che però più conta, è che «le prossime scadenze saranno affrontate con. grande unità dalla maggioranza»; e Cristofori può così concludere: «Non vedo grandi pericoli sul piano parlamentare: si è sgonfiata la questione Rai, e sull'anti-trust c'è accordo». Anche Bodrato dice che in un certo senso Andreotti ha ragione ad essere tranquillo, dato che «non è possibile un'altra maggioranza, e non c'è nessuno che in questo momento, all'interno di questa maggioranza, possa proporsi per un altro governo». Ma la crisi non viene perchè qualcuno la vuole, spiega l'ex vicesegretario de, «viene su passaggi politici seri, su grandi questioni «di principio e che toccano interessi rilevanti» come l'anti-trust e la regolamentazione del sistema tv. Perchè allora Craxi pigia l'allarme sulla legge anti-droga? «Perchè sapendo che la legge verrà approvata, vuol far credere che il merito è suo», risponde Bodrato. Gianni Pennacchi Bettino Craxi

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