In soffitta il paradiso svedese di Guido Rampoldi

In soffitta il paradiso svedese Ma per l'opposizione il Paese sta imboccando la via della «socialdemocrazia reale» In soffitta il paradiso svedese Il sindacato giustifica l'accordo antisciopero «Capitolazione del modello svedese? Al contrario: è l'estremo tentativo di rilanciarlo». L'economista Per-Olof Edin, una delle teste d'uovo della mega-confederazione sindacale svedese (Lo), dalla sua casa di Stoccolma cerca di chiarire quello che altrove sarebbe un paradosso: il Lo ha dato il suo assenso preventivo alla proposta del governo socialdemocratico di vietare gli scioperi fino a tutto il '91 e di congelare nello stesso periodo, oltre ai prezzi e alle imposte, anche i salari. Un sindacato che concorda la rinuncia alla sua arma storica, lo sciopero, lascia perplessa la base; alcuni settori manifestano reazioni irate. Protestano e stracciano le tessere i dipendenti comunali, che stavano per entrare in sciopero; si grida al colpo di mano, si accusa il vertice del Lo di non aver consultato tutte le federazioni sindacali. Ed ecco allora Edin replicare che per il sindacato queste misure impopolari offrono l'occasione per ritrovare una forza e una compattezza che non ha più, e per difendere quella «terza via» che il sindacato ha concorso a costruire e nel quale si identifica. E' un po' il tentativo di ibernare il modello svedese per progettare da qui al '91 un ritorno alle origini: agli anni in cui il sindacato governava con gli imprenditori la macroeconomia, ad una tradizione cui «lo sciopero non appartiene, in quanto arma distruttiva. Sì, le federazioni vi hanno fatto largo ricorso in questo decennio, ma con quale risultato? Una battaglia perenne tra i colletti blu e i colletti bianchi, con questi ultimi che essendo più organizzati e avendo maggior potere in definitiva vincevano, ottenevano di più». In questa guerra è naufragata l'unita sindacale e la forza del Lo. Era potentissimo negli anni Settanta, quando in appena due anni riuscì a spuntare aumenti salariali del 25%, irrealistici per le condizioni dell'economia svedese. «Ci furono eccessi, ed arrivò la reazione di alcune associazioni industriali. Per frantumare il sindacato avviarono contrattazioni settoriali. Cominciò una rincorsa agli aumenti, una spirale di scioperi dalla quale hanno perso tutti, sia il sindacato che gli imprenditori». Perciò il Lo guarda con grande favore alla proposta, inserita nel «pacchetto» presentato al Parlamento, con la quale il governo ricentralizza i negoziati sindacali e si auto-investe del ruolo di arbitro. A questo modo il Lo ritroverebbe il peso che ha perso; e, dato il rapporto storico di alleanza con il partito socialdemocratico, in qualche modo giocherebbe in casa. «In sostanza queste misure salvaguardano l'unità sindacale; ci danno il tempo per riorganizzarci; e tengono in funzione un sistema che minaccia di cedere. Infatti rispondono alla priorità del modello svedese, il pieno impiego, garantita dal controllo centralizzato del mercato del lavoro e dalla buona salute dell'economia. Con un tasso di disoccupazione reale che si aggira intorno all'I-1 e mezzo per cento siamo ben lontani dalle medie europee, 6-8% e oltre. A questa diversità non intendiamo rinunciare». Sulle misure concordate con il sindacato, il governo si gioca la sopravvivenza. Se infatti verranno bocciate dal Parlamento, il premier Ingyar Carlsson anticiperà le elezioni politiche al prossimo giugno, un evento che i socialdemocratici temono (l'ultimo sondaggio attribuisce al partito appena il 34% delle preferenze, contro il 43,2 ottenuto nelle precedenti consultazioni). I cosiddetti «partiti borghesi» annunciano battaglia, in nome del diritto di sciopero e contro l'ingresso d'autorità del governo nelle vertenze sindacali. La proposta socialdemocratica appare anacronistica ed eccessiva: «Manca solo il razionamento alimentare», ha commentato ironicamente Ingemar Eliasson, portavoce dei liberali. E Lars Tobiasson per i Conservatori ha parlato di misure da blocco orientale, quasi di un inizio di una «socialdemocrazia reale», dirigistica come l'economia di comando del socialismo reale. I voti che gli mancano per far approvare l'austerity, il governo (di minoranza) è andato a cercarli a sinistra. Ieri il primo incontro con i Verdi, 1 quali chiederebbero in cambio del loro appoggio il varo di un'«austerità ecologica». Se l'alleanza non riuscisse, il premier Carlsson smembrerà il «pacchetto» e tenterà di trovare «maggioranze saltellanti», come il gergo politico svedese definisce quelle maggioranze che si formano su un solo provvedimento. Guido Rampoldi Il premier svedese Carlsson, promotore del patto sindacale

Persone citate: Carlsson, Ingemar Eliasson, Lars Tobiasson, Per-olof Edin

Luoghi citati: Stoccolma