«Riunificazione a caro prezzo» di Fabio Galvano
«Riunificazione a caro prezzo» «Riunificazione a caro prezzo» La Cee: migliaia di miliardi per la nuova Ddr BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La Cee valuta il costo della riunificazione tedesca, in termini economici e politici, e ammonisce che il prezzo da pagare sarà molto alto: non solo per i tedeschi occidentali, ma per l'intera Comunità. In rapida successione il commissario tedesco Martin Bangemann e quello danese Henning Christophersen hanno tracciato un quadro degli eventi: il primo affermando che «lo scenario più probabile» è di un referendum per la riunificazione delle due Germanie subito dopo il voto del 18 marzo nella Repubblica Democratica Tedesca, e che Bruxelles agisce sulla base di quell'ipotesi; il secondò — responsabile degli Affari Economici — mettendo a punto un rapporto in cui si quantificano non senza una punta di allarme i costi dell'operazione, non priva di problemi pratici e istituzionali. Christophersen prevede due scenari: che l'unione monetaria fra le due Germanie avvenga in una uguale valutazione delle due monete — ipotesi meno probabile, ma politicamente più allettante — o che si attui invece su una parità di un marco occidentale per due orientali. Nel primo caso la disoccupazione in Germania orientale supererebbe il 15 per cento, nel secondo sarebbe inferiore, ma i prezzi aumenterebbero pericolosamente. Per evitare un collasso dell'Est, Bonn dovrebbe trasferire almeno il cinque per cento del prodotto interno lordo. In ogni caso, la circolazione monetaria aumenterebbe del 16 per cento, costringendo la Bundesbank a combattere l'inflazione aumentando i tassi bancari e, quindi, rivalutando il marco (con conseguente riallineamento dello Sme). In compenso, l'economia tedesco-occidentale crescerebbe di un altro punto, e di mezzo punto quella della Cee. Ma il rapporto Christophersen tocca anche i costi per la Cee, che si aggiungono al 60-80 per cento che dovrà essere retto dai tedeschi occidentali: ogni anno 1,15 miliardi di Ecu (oltre 1700 miliardi di lire). Ed è questo dato, in linea con i 21 mila miliardi di lire indicati da De- lors per un ipotetico assorbimento dell'intera Europa dell'Est, a creare le basi di un imminente dibattito. Ma anche altri sono i campanelli d'allarme economico che squillano a Bruxelles. Sulla base di un recente rapporto della Deutsche Bank si indicano costi di 55 mila miliardi di lire nei prossimi 20 anni solo per rimettere in sesto strade e ferrovie della Ddr; una produttività industriale che è il 55 per cento di quella occidentale; un'industria dell'acciaio in cui solo il 38 per cento degli impianti è dotato di procedimenti moderni; un'edilizia paralizzata (i due terzi delle case sono d'anteguerra); un'agricoltura obsoleta. Tutto ciò potrebbe tradursi in un assorbimento di aiuti comunitari che lascerebbe a bocca asciutta le regioni europee che oggi ne beneficiano (anche il Mezzogiorno). Ma esiste anche un problema politico. E non riguarda soltanto il timore che l'unione monetaria fra le due Germanie e la loro successiva riunificazione possa compromettere l'Unione monetaria europea e una maggiore integrazione della Cee: Kohl ha dato garanzie, mercoledì, in una telefonata a Delors, e Genscher ha ricordato che la riunificazione «non porta a un'Europa tedesca ma a una Germania europea». Il problema è un altro. La Repubblica Democratica Tedesca potrebbe entrare nella Cee dall'oggi al domani, ma solo se ne accettasse tutti i vincoli e le regole. Impensabile: occorre allora una revisione del Trattato di Roma, perché i padri fondatori non erano stati preveggenti al punto da fissare regole per l'ampliamento di uno Stato membro. Una lunga trattativa, resa più difficile proprio dalla questione degli aiuti necessari a un'economia così debole. E ci si domanda, a Bruxelles, se una Germania più grande non avrà diritto a un voto più «pesante» all'interno della Cee (12 punti contro i 10 attuali); a più europarlamentari (si calcola 106 anziché gli attuali 81); insomma a più voce, cioè alla temuta istituzionalizzazione di una nuova forza tedesca che a molti non piace. Fabio Galvano
Persone citate: Christophersen, Delors, Henning Christophersen, Kohl, Martin Bangemann
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