La Corte corregge il nuovo codice

La Corte corregge il nuovo codice La Consulta ribadisce: accusatore e imputato sullo stesso piano davanti ai giudici La Corte corregge il nuovo codice «Ilpm motivi il no al rito abbreviato» ROMA. Prima picconata della Corte Costituzionale sulla riforma del processo penale a 3 mesi dalla sua entrata in vigore. Ieri i giudici della Consulta hanno dichiarato illegittima una norma del nuovo codice riguardante proprio una delle principali innovazioni, l'istituto del cosiddetto «rito abbreviato». Da oggi, per effetto della sentenza dell'Alta Corte (è la n.66, redatta dal professor Giovanni Conso), ogni imputato sarà, quindi, più tutelato e potrà beneficiare con maggiore facilità dello sconto di un terzo di pena. E' stata infatti cancellata la norma che lasciava il pubblico ministero libero di non motivare le ragioni del suo dissenso per l'ammissione dell'imputato al «rito abbreviato» e che impediva, poi, al tribunale di applicare la riduzione di un terzo di pena. Finora il p.m. poteva opporsi al «rito abbreviato» senza dare alcuna spiegazione. E il suo no era vincolante nei confronti del tribunale che non potendo valutare le ragioni del dissenso del p.m. non poteva concedere lo sconto di pena. Ecco perché, secondo la Consulta, erano gravemente lesi i diritti dell'imputato. La decisione della Consulta si rifletterà su decine di migliaia di processi tuttora in corso in ogni parte d'Italia. Il più noto è quello per il «giallo del catamarano» rinviato al 20 marzo dalla Corte d'assise di Ancona proprio in attesa del verdetto della Consulta perché Filippo De Cristofaro, ritenuto il presunto assassino della skipper Annarita Curina, aveva chiesto di avvalersi del «rito abbreviato», ma il p.m. si era opposto. Positivo è stato il giudizio dei penalisti. L'avvocato romano Adolfo Gatti ci ha detto: «Con il procedere dell'attività giudiziaria il codice si rivela valido. Occorrono, tuttavia, alcune rettifiche suggerite dall'applicazione pratica. Bene ha fatto, quindi, la Corte a eliminare una delle incongruenze contenute nella riforma. Ma si dovrà proseguire su questa strada». Il caso esaminato dalla Corte Costituzionale era stato sollevato dal tribunale di Roma nel corso di un processo penale a carico di 5 rapinatori colti sul fatto il 15 dicembre '88. Nella fase preliminare del dibattimento i loro difensori avevano chiesto al tribunale la definizione del processo con il rito abbreviato, applicabile con effetto retroattivo anche a vicende precedenti all'entrata in vigore della riforma. Il p.m., pur essendo stato interpellato, non si era, però, pronunciato. Proprio per questo mancato parere gli atti sono finiti alla Consulta perché si era preclusa al tribunale la possibilità di valutare questo mancato consenso e si era impedito agli imputati di ottenere, in caso di condanna, una notevole riduzione della pena inflitta. Sarebbe stato, tra l'altro, irrazionale su¬ bordinare la concessione della riduzione di un terzo della pena inflitta al parere vincolante del p.m. che nel nuovo processo è ora considerato, a tutti gli effetti di legge, sullo stesso livello dell'imputato, e non più in posizione di supremazia come avveniva prima della riforma. L'avvocato dello Stato Franco Favara, costituitosi in giudizio per conto della Presidenza del Consiglio, aveva, invece, sostenuto che fosse tutto in regola. Ma l'Alta Corte non ha con-diviso queste tesi ed ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 247, primo, secondo e terzo comma, (è una norma norme transitoria del nuovo codice di procedura penale), «sia nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni, sia nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena prevista dall'art. 442 del nuovo codice di procedura penale». Per la riforma del processo penale gli esami non sono, però, ancora finiti. Tra una decina di giorni, infatti, sarà discussa alla Consulta un'altra interessante questione: il «patteggiamento» delle pene tra difensori e pubblico ministero se il tribunale non è, poi, d'accordo. Pi - i-luigi Franz I presidente della Consulta, Saja

Persone citate: Adolfo Gatti, Annarita Curina, Filippo De Cristofaro, Franco Favara, Giovanni Conso, Saja

Luoghi citati: Ancona, Italia, Roma