Dal «no» l'offerta di dialogo di Alberto Rapisarda

Dal «no» l'offerta di dialogo Il fronte anti-Occhetto, in minoranza nei pre-congressi, cerca strade diverse Dal «no» l'offerta di dialogo Natta: «E' necessario comunicare, riflettere; non credo che tutti iponti siano già tagliati» Ingrao è perplesso e Magri precisa: «Non pensiamo a un qualche compromesso pasticciato» ROMA. Facce preoccupate e gesti nervosi. Non c'è più ombra di euforia sui volti dello stato maggiore della mozione antiOcchetto, schierato per la seconda volta in due mesi dietro il tavolo di cristallo nella sala delle conferenze stampa a Botteghe Oscure. Ingrao e Natta non si scambiano più battute come quando annunciarono la loro mozione unitaria. Tortorella è taciturno. I risultati di un terzo dei congressi di sezione li danno perdenti attorno al 32% con la prospettiva di un ulteriore calo. Le notizie dal fronte emiliano non lasciano speranze all'armata del «no»: dal punto di vista dei numeri, la partita può dirsi già chiusa a 28 giorni dal Congresso. Sconfitti nello scontro frontale in campo aperto, gli strateghi della mozione anti-Occhetto ripiegano divisi tra il proposito di intavolare trattative coi prevedibili vincitori prima ancora del Congresso, la speianza di spaccare gli avversari e di avere la testa del segretario, e la tentazione di passare alla guerriglia e di fare i conti dopo il Congresso. Annunciato da Gavino Angius come mezzo per avere spazio sui giornali, l'incontro-stampa di ieri è diventato l'occasione per lanciare al fronte del «sì» l'offerta di un dialogo immediato. Alessandro Natta è il più esplicito: «I risultati spingono tutti a riflettere. Sarebbe grave se si dicesse che non c'è più comunicazione, dialogo. Credo che sia necessaria una riflessione prima ancora di arrivare al Congresso». Sta gettando un ponte verso la parte avversa? «Eh! Per me è.oscuro cosa deve essere questa nuova formazione politica. Se avessimo già deciso che tutti i ponti sono tagliati... Ma non credo», e si ferma guardando Ingrao e i suoi, come se temesse di aver detto troppo. Ingrao, Angius, Magri, Castellina, in effetti, sembrano avere in mente qualcosa di diverso dalla pattuglia dei berlingueriani (Natta, Tortorella, Chiarante). «Io sono di vocazione minoritaria», ricorda Ingrao. «Io tendo a ricomporre le maggioranze», dice Natta, e pare che prenda le distanze. «Dietro questo tavolo non è vero che tutti pensiamo con la stessa testa», precisa Ingrao di fronte alla evidente diversità. «E' un invito alla riflessione, non è la proposta di qualche pasticcio», chfosà~Magri nel" tentativo di fugare l'impressione che una parte del «no» pensi ad un compromesso con il «sì». Probabilmente ad un qualche compromesso ci stanno realmente pensando. Soprattutto, pensano di poter rompere il difficile matrimonio tra la destra migliorista di Napolitano e la sinistra di Bassolino. «Nello schieramento del sì emergono differenze abissali», sottolinea Tortorella. «Sì. Penso di rovesciare la maggioranza, ma non mi potete chiedere schierandomi con quale pezzo», conferma Natta. Con Occhetto? «Il Congresso sceglie anche i dirigenti. Questo vale anche per il pei», taglia corto l'ex segretario, riconfermando che vuole la testa del suo successore. La dura battaglia dei con¬ gressi di sezione, che è solo all'inizio, sembra aver provato più gli uomini che sempre furono nella maggioranza di governo del partito che gli eterni oppositori ingraiani. I primi, abituati alla mediazione e al comando, debbono essersi trovati a disagio a combattere dalla sponda della minoranza in lotte frontali. I secondi, anche se non appaiono raggianti, si trovano nel loro elemento. Ma anche Ingrao sembra sulla difensiva. Ha scoperto che riesce a far presa tra i giovani ma molto meno tra gli altri, operai compresi, angosciati dall'«assillo unitario». Nega che i pronunciamenti per il «no» siano «emotivi». Fatti nuovi degli ultimi giorni debbono aver scosso il fronte anti-Occhetto: i successi del segretario in numerose fabbriche, l'interesse di uno stuolo di intellettuali non iscritti per le sue novità. L'appuntamento della «sinistra sommersa» domani a Roma, al cinema Capranica, è stato criticato con insistenza. Alberto Rapisarda

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