Caso Enimont, la partita a tre continua di Roberto Ippolito

Caso Enimont, la partita a tre continua Il governo deciso a definire in tempi brevi nuovi patti (o divorzio) tra i due azionisti della holding Caso Enimont, la partita a tre continua Gardini lancia l'offerta: «Sono disposto a comprare» Cirino Pomicino replica: «Nessuno intende vendere» ROMA. Giulio Andreotti ha dato la benedizione. Sotto lo sguardo vigile del presidente del Consiglio, è scattata la trattativa ufficiale per rivedere i patti che hanno dato vita all'Enimont. Ieri pomeriggio, Andreotti ha ricevuto Raul Gardini e Gabriele Cagliari, presidenti della Montedison e dell'Eni che detengono il 40% a testa del colosso chimico. Da oggi, Gardini e Cagliari faranno da soli: negozieranno, discuteranno, escogiteranno soluzioni. Poi, la prossima settimana, torneranno a Palazzo Chigi per riferire ad Andreotti. In tempi strettissimi. Il presidente del Consiglio ha messo fretta a tutti: vuole chiudere rapidamente il caso. Nel cerimoniale della guerra chimica che contrappone il partner pubblico a quello privato, l'incontro di ieri fra Andreotti, Gardini e Cagliari (che non ha avuto testimoni) è servito a rasserenare il clima, a stabilire le procedure da seguire, a compiere una ricognizione dei problemi. Mancano invece indicazioni concrete sul futuro assetto dell'Enimont. D'altra parte, le posizioni restano lontane, stando ai messaggi tutt'altro che cortesi che, fuori dall'ufficialità, i contendenti continuano a scambiarsi. Ieri mattina si è saputo che Gardini ha annunciato ai sindacati, incontrati martedì sera, di candidarsi a guidare la chimica italiana, cioè a «gestire l'intera azienda»; in altre parole, vuole essere l'incontrastato padrone dell'Enimont. Solo un paio di ore dopo, Paolo Cirino Pomicino, ministro de del Bilancio, ma soprattutto braccio destro di Andreotti, ha subito replicato: «Che Gardini possa avere questa aspirazione mi sembra legittimo; ma non mi risulta che il governo abbia mai deliberato in alcuna sede la privatizzazione della chimica». Resta, quindi, ampissimo il divario fra le parti e soprattutto fra Gardini e Andreotti con un conflitto molto personalizzato. Il presidente della Montedison, comunque, si è lasciato ampi margini di manovra. Ai sindacati ha anticipato i suoi propo¬ siti industriali e finanziari, mentre nell'incontro avuto a Palazzo Chigi non ha consegnato alcun documento, né ha formalizzato alcuna proposta per il futuro dell'Enimont. Ieri, quindi, sono state poste le basi per delineare il futuro dell'Enimont, oggi estremamente incerto. Temendo la paralisi aziendale, la Federazione unitaria sindacale dei chimici ha proclamato per domani quattro ore di sciopero all'Enimont. L'unica cosa certa è che il pregetto originario è accantonato. Lo ha sancito anche una riunione, indetta da Andreotti per le 8,30 di ieri, alla quale hanno partecipato il vicepresidente socialista Claudio Martelli, il ministro de delle Partecipazioni statali Carlo Fracanzani e il ministro repubblicano dell'Industria Adolfo Battaglia. Il governo vuole favorire, come ha fatto presente Battaglia, «una soluzione che anticipi lo scioglimento del patto di sindacato» fra Eni e Montedison per gestire l'Enimont. Se prevarrà la collaborazione fra le parti, «probabilmente potrà essere rinviata l'assemblea» della società al centro delle polemiche: è convocata per il 27 febbraio per allargare il consiglio di amministrazione a due rappresentanti degli azionisti minori fra i quali è frazionato il 20%. Adesso la parola passa alla Montedison, visto che è stato il socio privato a sostenere «la necessità di non attendere il triennio convenuto per discutere l'avvenire dell'Enimont», come si legge nel comunicato diffuso da Palazzo Chigi dopo l'incontro con Gardini e Cagliari. Avendo sollecitato la revisione dei patti, la Montedison deve suggerire le possibili vie d'uscita. Per il momento, «sembra chiaro che Gardini vuole rimanere nella chimica, ma soprattutto rimanere da solo» come osserva Sandro Degni, segretario dei chimici Uil. Il piano messo a punto dalla Montedison contiene proposte per l'intero settore. L'Enimont dovrebbe rivolgere l'attenzione verso le produzioni «più avan zate»; la Mcntedison potrebbe apportare alla società anche due sue aziende, l'Himont e l'Ausimont. Rivendica però una gestione «secondo criteri di mercato», mettendo fuori gioco il partner pubblico. Le proposte industriali sono quindi il presupposto di quelle finanziarie. Definita la strategia, Gardini vuole comandare. Ma il governo non è disposto a vendergli la quota pubblica dell'Enimont. Se venisse accettato il conferimento di Himont e Ausimont, l'Eni dovrebbe pagare migliaia di miliardi per non finire in minoranza. Adesso, afferma la nota di Palazzo Chigi, si cerca «la soluzione più valida, tenendo conto della necessità della tutela adeguata del settore chimico in un mercato europeo e mondiale sempre più competitivo». Bisogna rimediare a un deficit di quasi 10 mila miliardi della bilancia commerciale del settore. «Nella chimica si è sbagliato troppe volte per poter sbagliare ancora» avverte Pomicino. Ma il direttivo della Confindustria lamenta ingerenze del governo nella sfera operativa delle aziende statali. Roberto Ippolito Così il Financial Times interpreta gli sviluppi della partita chimica italiana: il divorzio è la soluzione più probabile

Luoghi citati: Cagliari, Roma