«Moriamo di freddo, dateci una chiesa»

«Moriamo di freddo, dateci una chiesa» L'iniziativa bocciata per la rivolta del quartiere, 2000 extracomunitari dormono in strada «Moriamo di freddo, dateci una chiesa» Milano: appello degli immigrati dopo il «no» alla tendopoli MILANO. Loro, la tendopoli l'avrebbero accettata. «Per non morire di freddo», spiega José Luis Tagliaferro, del coordinamento stranieri della Lombardia. Contro l'ipotesi di concentrare 300 immigrati extracomunitari in un campo in via Mecenate sono insorti gli abitanti della zona interessata, hanno protestato i partiti all'opposizione, hanno preso le distanze quelli della giunta. In un primo momento, Protezione civile e Comune sembravano d'accordo: giusto il tempo per provvedere all'emergenza, si raccontava, per finire l'inverno, poi una soluzione più dignitosa si troverà. «Non c'è il numero esatto dei morti per il freddo — dice Tagliaferro — tre sono stati trovati assiderati, ne hanno parlato anche le cronache. Poi ci sono quelli finiti in ospedale, con le broncopolmoniti, le polmoniti, i principi di congelamento. Proprio domeni¬ ca scorsa sono andato a trovare uno che ha i piedi congelati. Ci sono anche tutti quelli che resteranno malati, invalidi». Così, a dormire sotto la tendopoli gli immigrati «ci sarebbero andati, così come in una vecchia chiesa, in una baracca, in un posto qualsiasi che offra un minimo di riparo». La tendopoli non si farà da un lato per le angustie dei residenti nel quartiere, ai quali gli immigrati danno fastidio — migliaia di firme, nella petizione al Comune — e dall'altro per le preoccupazioni di chi rifiuta di concentrarli nei campi. Era, dichiaratamente, una soluzione provvisoria, per l'emergenza; ma, obietta un sindacalista, «troppe volte nel nostro Paese le soluzioni provvisorie diventano definitive». I Centri di primo intervento «tipo il dormitorio di via Ortles» sarebbero, prosegue Tagliaferro, «la soluzione ideale. Già due anni fa ne sarebbero occorsi almeno 8 o 10. Cominciammo gli incontri con alcuni assessori e altri responsabili dell'amministrazione; lo abbiamo detto, spiegato, ribadito. Oggi, con 2000 persone che dormono per strada, le esigenze sono raddoppiate». Il primo si sta costruendo adesso. E' in via Pitteri, capace di 300-350 persone, sarà pronto non prima di marzo. Ma nella zona si fanno già sentire alte le proteste: non che a Milano e Lombardia gli immigrati rappresentino una minaccia per il posto di lavoro, così come può succedere nelle zone più povere del nostro Paese, ma, spiegano ad esempio alcuni amministratori di immobili, «nei quartieri dove si vede tanta gente di colore che bivacca per strada le case perdono di Valore». In più, in primavera ci saranno le elezioni, e questo rende tutti i politici anche più attenti agli umori dei residenti. Una prima riunione si terrà oggi, fra il sindaco di Milano e i 16 colleghi dei Comuni del circondario. Paolo Pillitteri proporrà di coordinare le iniziative, costruendo Centri per l'accoglienza agli immigrati extracomunitari anche nella fascia intorno al capoluogo. Intanto, ieri sera, i rappresentanti delle varie comunità si sono riuniti nella loro sede di via Tadino: tra le iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica, un presidio al centro, una serie di incontri con sindacati, scuole, consigli di zona. Non è neppure escluso che a giugno, in concomitanza dei Mondiali, gli immigrati decidano qualche azione di protesta. «Non intendiamo ricattare nessuno — afferma Tagliaferro — però vorremmo riuscire a fare capire che la sola ragione per cui espatriamo è la fame». Ornella Rota

Persone citate: José Luis Tagliaferro, Ornella Rota, Paolo Pillitteri, Tagliaferro

Luoghi citati: Lombardia, Milano