Dieci anni di terremoto

Dieci anni di terremoto La gente di Aliano vuole ritornare nelle case pericolanti Dieci anni di terremoto In trecento sono ancora costretti a vivere nei containers zincati E' il paese in cui Carlo Levi scrisse «Cristo si è fermato a Eboli» POTENZA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE 1 terremotati di Aliano — il paese raccontato da Carlo Levi in «Cristo si è fermato a Eboli» — sono decisi: dopo aver atteso invano le case nuove, promesse e mai costruite, vogliono rientrare in quelle vecchie, lesionate ed inagibili, abbandonate in cima a un paese che frana. Se le case vecchie non sono ancora del tutto scivolate a valle, sostengono, vuol dire che sono migliori dei containers in cui sono stati costretti a vivere dopo il sisma. I terremotati di Aliano vivono da dieci anni in questi monoblocchi raggruppati in due campi a valle, uno addossato alla frazione di Alianello, l'altro ad un paio di chilometri da Aliano. In tutto sono 300 persone, per lo più anziane, e costituiscono una buona fetta di popolazione in un paese che conta millesettecento abitanti. Le baracche sono zincate: bruciano dal caldo d'estate, sono freddissime d'inverno. E inoltre risentono dell'usura del tempo. Il Comune ha speso, lo scorso anno, 370 milioni per rimetterle un po' in sesto, ma i risultati sono modesti e del tutto insoddisfacenti. E ad Aliano sentono che l'attesa è divenuta troppo lunga, insostenibile. Così la nostalgia per le case abbandonate dieci anni fa si è trasformata in una potente arma di pressione. Per ora hanno inviato una nota alla procura della Repubblica di Matera, al prefetto, all'Ufficio della ricostruzione della Regione Basilicata e alla commissione parlamentare che indaga sui fondi del dopo-terremoto. Hanno rifatto la loro storia ed è stata decisa la minaccia: se non s'interviene con immediatezza — dicono ad Aliano — abbandoneranno le «baracche di metallo» e ritorneranno nelle vecchie abitazioni pericolanti, che contendono il terreno alle frane. In calce un centinaio di firme, molte fatte con mano malferma, e qualche croce di gente che non sa scrivere, ma che intende protestare. Ma perché le case non sono ancora state ricostruite? «La protesta è giustificata — risponde il vicesindaco di Aliano, Paolo Giannasio, democristiano come l'intera giunta che ha preso il posto dei comunisti nell'83 —. Le case sono da abbattere e da ricostruire dalle fondamenta, ma Aliano poggia per tre quarti su terreno franoso e per la ricostruzione occorreva un'area di espansione a valle; l'abbiamo individuata a dodici chilometri dal paese, ma il piano regolatore comunale è stato approvato solo nell'89». I soldi ci sono, Aliano può utilizzare 14 miliardi, ma sembra che sia necessario altro tempo. I terremotati metteranno in atto la minaccia? «Non credo che lo faranno — risponde il vicesindaco —. Le case sono pericolanti, troppo pericolanti». E racconta anche di quindici appartamenti popolari, finiti da cinque anni, ma non ancora assegnati per una storia infinita di contestazioni davanti al Tar. [e. s.l

Persone citate: Carlo Levi, Paolo Giannasio