Al Plenum la guerra dei 3 partiti di Enrico Singer

Al Plenum la guerra dei 3 partiti Di fronte al giudizio sulla perestrojka emergono le diverse «anime» del pois Al Plenum la guerra dei 3 partiti Rinnovatori, radicali e conservatori si contano MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Una pioggia di critiche. E una pioggia di elogi. Sulla grande riforma di Gorbaciov u Plenum del Comitato centrale comunista si è spaccato. Come era prevedibile. La svolta che il capo del Cremlino ha impresso alla perestrojka è troppo importante per passare senza battaglia in un pcus che ha ormai sepolto l'epoca dei «voti all'unanimità». Il rituale è sempre lo stesso. Sotto gli occhi del segretario generale, l'oratore di turno si rivolge ad una platea di quasi 400 persone. I discorsi durano, in media, un quarto d'ora. Ma ognuno è un sì o un no. E un colpo d'acceleratore o di freno nella corsa al cambiamento. Il Plenum si «conterà» con il voto sulla piattaforma congressuale soltanto oggi, dopo un imprevisto supplemento di dibattito. Ma già da quanto è filtrato si può tracciare una radiografia del Plenum, un primo bilancio della guerra interna tra i rinnovatori, i radicali e i conservatori: i tre «partiti» che si fronteggiano nel pcus. E che hanno incrociato le armi su tutti i punti delle tesi di Gorbaciov, tranne che su uno: la rinuncia all'articolo 6 della Costituzione che assicura il «diritto legale» del ruolo-guida del partito sullo Stato. Può sembrare un assur- do. Anche Ligaciov, capofila dei conservatori non ha speso una parola contro questa rinuncia. La contraddizione è soltanto apparente. L'articolo 6 esiste nella Costituzione dell'Urss dal 1977, quando vi fu introdotto per volontà di Leonid Breznev. Ma non per questo, nei decenni precedenti, il partito non aveva esercitato il suo controllo totale sullo Stato. E oggi la «rinuncia» ha due valori completamente diversi per i rinnovatori e per i conservatori. Per Michail Gorbaciov è il segnale esplicito, è quasi il simbolo, di una democratizzazione più generale della vita politica. Per Egor Ligaciov può rappresentare una conces¬ sione formale che sarebbe possibile «recuperare» nei fatti se la democratizzazione generale non dovesse avanzare. Così, l'articolo 6 è rimasto nelle retrovie della battaglia che tutti hanno ingaggiato sui problemi concreti: il terreno più insidioso per Gorbaciov. «Ci si dice che il popolo è per la perestrojka. Ma quale? Quella che in cinque anni ha portato il Paese alla crisi economica e all'anarchia?». Vladimir Brovikov, ambasciatore sovietico in Polonia ha cominciato così il suo intervento. Senz'altro il più duro rivolto direttamente contro Gorbaciov: «Tutto questo è il risultato dell'ambizione iper¬ trofica e delle colpe personali dei capi del partito e dello Stato». E il più duro anche sulle tesi congressuali: «Troppi slogan, troppo rumore, poca chiarezza teorica per poterle considerare il programma del partito comunista». Ai i critici del campo coservatore si è unito anche il segretario del pc di Leningrado, Boris Ghidaspov che ha sparato a zero sul multipartitismo. «Soltanto il pcus — ha detto — può essere il garante dello sviluppo del socialismo». Ma ci sono stati i critici anche nel campo radicale. Boris Eltsin ha detto che il progetto di tesi «sembra scritto da due mani, la sinistra e la destra», che «ci sono concessioni ad un campo e all'altro» mentre questo «è il momento di scegliere». Il segretario del pc della Lettonia, Yanis Varghis, ha sostenuto che «non ha alcun senso» ipotizzare la futura nascita di altri partiti, ma che bisogna già prendere atto della loro esistenza in alcune delle Repubbliche, in quelle baltiche in particolare. La difesa più organica e appassionata delle tesi di Gorbaciov è stata pronunciata dal premier sovietico, Ryzhkov. «Il multipartitismo — ha detto — potrà cambiare l'intero corso della storia dell'Urss. Esiste già nei fatti e per il pcus è venuto il momento di prendere posizione». E' Gorbaciov, quindi, che si muove nel senso della storia e chi «vuole frenare la perestrojka si mette di fatto fuori dalla storia della nostra società». Non solo. Per Ryzhkov bisogna anche separare chiaramente i poteri dello Stato e del partito. Il pcus «deve sbarazzarsi onestamente degli errori del passato di propria iniziativa»: come dire che un giorno potrebbe essere costretto a farlo non «di propria iniziativa» e in condizioni di maggiore debolezza. E questo per Ryzhkov, come per Gorbaciov, sarebbe un nuovo errore. Il più grave che il pcus potrebbe commettere. Enrico Singer Fyodorov, delegato e celebre oculista, racconta il dibattito al Plenum

Luoghi citati: Leningrado, Lettonia, Mosca, Polonia, Urss