Mosca, nel partito è guerra di Enrico Singer

Mosca, nel partito è guerra Il fronte dei conservatori contro Gorbaciov: slitta la fine del Plenum Mosca, nel partito è guerra Su riforma delpcus e poteri del Presidente MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Lo scontro sulla grande riforma proposta da Michail Gorbaciov non ha ancora un vincitore. Il Plenum del Comitato Centrale del pcus, che doveva chiudersi ieri sera con un sì o con un no alla nuova piattaforma politica comunista, è stato aggiornato a oggi. Altre 24 ore di battaglia. Una procedura eccezionale, come eccezionale è la posta in gioco. Non solo, e non tanto, la rinuncia all'articolo 6 della Costituzione — sulla quale tutti, con più o meno entusiasmo, sono d'accordo — quanto la ristrutturazione del partito e quella dello Stato. Con la creazione di un vero presidente dell'Urss da eleggere a suffragio universale: carica tagliata su misura per il capo del Cremlino che potrebbe completare la «separazione dei poteri», scegliendo lo Stato. Questo capitolo istituzionale, che è contenuto nel progetto di tesi per il XXVLTI Congresso del pcus, era stato soltanto sfiorato da Gorbaciov nella relazione d'apertura. Lunedì, il segreta¬ rio generale aveva voluto insistere sul ruolo del «nuovo partito» che non può fondare la sua credibilità — e la sua potenza — su dettati "costituzionali e che dovrà conquistare democraticamente la guida del Paese. E sul rapporto inevitabile che questo nuovo pcus dovrà avere con le altre forze politichecche «in una certa fase» faranno il loro ingresso ufficiale nell'Urss. Due cambiamenti intrecciati e clamorosi, certo. Ma che le diverse tendenze presenti nel Plenum potevano accettare. Come infatti hanno accettato. Il sì dei sostenitori della perestrojka era scontato. Quello dell'ala radicale altrettanto. E quello dei conservatori non sorprende: anche per Egor Ligaciov non è indispensabile un articolo della Costituzione per «conquistare l'egemonia». L'importante è tutto il resto: è la direzione del partito, la sua linea e la struttura più o meno autonoma dello Stato. Per Michail Gorbaciov la rinuncia all'articolo 6 è il simbolo di una riforma più generale. Per i conservatori, l'obiettivo della bat¬ taglia non è il simbolo, ma la riforma. Ecco perché lo scontro si è spostato sugli altri due momenti-chiave del progetto di tesi preparato dà Gorbaciov. Sono punti emersi con forza nel dibattito e sono quelli che hanno costretto a decidere l'aggiornamento dei lavori a oggi. Il primo è la creazione della figura di presidente dell'Urss. Ne ha parlato al Plenum uno dei membri del Politburo, Vitalij Vorotnikov. «L'idea di istituire un presidente dell'Urss è una decisione giusta che permetterebbe di rinforzare i poteri 'dello Stato e di proteggere la democrazia», ha detto Vorotnikov, che ha anche aggiunto: «Devo ammettere che ho avuto dei dubbi, ma oggi ne sono persuaso. Il potere presidenziale è necessario». E a questa prima arringa ne sono seguite altre. Il vice-ministro degli Esteri, Anatoly Kovalov, ha detto: «In caso di guerra nucleare, chi ha il diritto di premere il bottone? Il segretario del partito? Il presidente del Soviet Supremo? L'unico è l'uomo che gode della fiducia assoluta del popolo». Un vero presidente, insom¬ ma, eletto a suffragio universale. E questa sarebbe una novità senza precedenti. Secondo un altro dei membri del Comitato Centrale, Ghennady Yagodin, «in una prima fase» il presidente dell'Urss potrebbe essere eletto dal Congresso dei Deputati. Ma lo scontro non è sul modo di elezione. Tutta l'ala conservatrice del pcus sembra beh decisa a dire no al progetto perché il suo significato politico ultimo è spostare il potere reale dal partito allo Stato. Così come l'opposizione a Gorbaciov si è organizzata sulla riforma interna del pcus. Quel progetto «federale» che dovrebbe portare isegretari dei pc delle 15 Repubbliche che formano l'Urss in una nuova struttura — il Comitato Esecutivo — che potrebbe affiancare o eliminare del tutto il Politburo. Anche la riforma interna del pcus è considerata dai conservatori come un colpo mortale all'autorità del partito. E qui la contestazione si allarga a molti punti della linea Gorbaciov. L'attacco più organico e spietato l'ha lanciato ieri il capofila dei «duri», Egor Ligaciov. Per Ligaciov è tutta la strategia del capo del Cremlino che è sbagliata. Il partito «non deve diventare una organizzazione amorfa, un club politico» e deve anche rimanere unito, perché «non c'è democrazia senza disciplina». Per Ligaciov non è possibile che «un comunista partecipi ad organizzazioni nazionaliste» e l'ideologia deve rimanere «il cuore del pcus». Ma i due bersagli principali dell'attacco di Ligaciov sono stati la reintroduzione, anche a piccole dosi, della proprietà privata (tema sul quale ha proposto un referendum popolare), e la politica estera. In particolare quello che ha definito «l'assorbimento» della Ddr da parte della Repubblica Federale: «Un errore imperdonabile, una nuova Monaco, la rinascita di una Germania con un potenziale economico e militare enorme». L'intervento di Ligaciov è finito tra le ovazioni. La distanza dalle tesi di Gorbaciov è enorme. E' un fossato che 24 ore supplementari di Plenum non riusciranno a colmare. Enrico Singer