I privati vogliono puntare a Est di U. B.
I privati vogliono puntare a Est Chimica al bivio I privati vogliono puntare a Est MILANO. «Non è certo il primo caso di incomprensione tra azionista pubblico e privato. Ma potrebbe essere l'ultimo». Così Guido Rossi commenta, interpellato da un giornalista del «Wall Street Journal», gli ultimi sviluppi della vicenda Enimont. Ed è un buon approccio per capire l'importanza della posta in gioco nella chimica. Al di là degli schieramenti politici e delle questioni formali, è in ballo la strategia di un piccolo astro nascente sulla scena della chimica. Enimont è grande se si valutano gli orizzonti dell'industria nazionale. Diventa molto piccola con i suoi 900 miliardi di utili, i suoi 3500 miliardi di investimenti previsti nel triennio, se si considera lo scenario industriale in cui deve agire. Un palcoscenico che, nei giorni scorsi, ha visto la svizzera Hoffman La Roche chiudere per 2700 miliardi l'acquisto dell'americana Genentech, società di punta nel campo delle biotecnologie. Su questo sono d'accordo tutti, pubblici e privati. E tutti dicono di voler far crescere questa struttura, determinante per un Paese che accusa quest'anno un deficit di 10 mila miliardi nella bilancia commerciale chimica e, al tempo stesso, soffre dei ritardi tipici negli investimenti di un Paese da Terzo Mondo (impianti obsoleti, gravi danni ambientali, struttura industriale frammentata in troppi siti). Le divergenze nascono nelle strategie. Per la Montedison il cammino è chiaro e il programma è già stato individuato: conferire il controllo di Himont, sviluppare la chimica dei materiali partendo dai primati della società di Foro Buonaparte nel polipropilene (magari allargando il discorso al polietilene). E ancora: tagliare gli impianti superflui, spingere l'espansione all'estero e giocare in particolare la carta dell'Est. In casa Eni, per la verità, questi sviluppi non sono malvisti. La holding di Stato intende difendere i suoi interessi di grande ente petrolifero ma i vertici del gruppo (Cagliari in testa) sanno che il futuro non è certo nella petrolchimica, un settore che deve fronteggiare la concorrenza dei Paesi produttori di petrolio e le accuse di inquinamento. Un futuro nella chimica dei materiali, insomma, non dispiace nemmeno a Cagliari. Ma c'è da fare i conti con le variabili politiche. Nei mesi scorsi il ministro delle Partecipazioni Statali Carlo Fracanzani (e anche il presidente di Enimont Lorenzo Necci) hanno fatto promesse su investimenti nel Sud che hanno fatto adirare Raul Gardini. Altri dissensi ci sono stati nelle strategie a lungo termine, sui movimenti del personale (in ballo ci sono 5 mila posti di lavoro) e sui tempi delle varie operazioni. Gardini sogna un gruppo in grado di decidere in tempi rapidi e senza altri vincoli se non il profitto e l'accumulo di tecnologie ed è disposto a pazientare sugli sgravi fiscali. Purché l'Eni (e, soprattutto, il governo) intenda ragionare con mentalità da privato, [u. b.]
Persone citate: Buonaparte, Carlo Fracanzani, Gardini, Guido Rossi, Hoffman, Lorenzo Necci, Raul Gardini, Roche
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