La confessione del falso giudice

La confessione del falso giudice Minuto per minuto i retroscena dello scoop inventato, trasmesso ieri da Mixer La confessione del falso giudice «Sostituimmo le schede che dicevano sì al re» ROMA. Inquadrato in primo piano c'è il volto dell'anziano magistrato Alberto Sansovino che tra pause, incertezze e momenti di commozione, confessa di avere truccato, insieme ad altri sei colleghi, nella notte tra il 3 e il 4 giugno del '46, due milioni di schede del referendum che sancì il passaggio dalla monarchia alla repubblica. Alla lunga confessione seguono testimonianze filmate, interviste, citazioni di volumi sull'argomento, e solo dopo circa mezz'ora Giovanni Minoli dichiara ai telespettatori che l'intero servizio è una burla. Una burla seria, sostiene, «un gioco che mette in discussione la televisione in un momento in cui il suo ruolo è sempre più importante nella vita di ognuno di noi». «Discutere è necessario — conclude il conduttore di Mixer —per alzare la soglia dell'etica, per essere trasparenti e denunciare». «Questa mia deposizione — ha esordito il finto magistrato davanti alle telecamere di Mixer — è stata una decisione sofferta e non intendo più tornare sul'argomento. Adesso sono pronto». Sansovino racconta come fu presa la decisione di intervenire sulle schede: «Il professor Salemi avvisò noi magistrati che l'andamento delle elezioni nel Sud dell'Italia era decisamente sfavorevole, e dato che noi eravamo fedeli alla Repubblica ci disse che era necessario prendere dei provvedimenti. Allora fu deciso che sarebbero state sostituite schede scritte dagli elettori con altre schede che erano state preparate da un'altra parte». L'intervistatore Enrico Deaglio chiede all'anziano magistrato perché si sia deciso «solo oggi a 44 anni di distanza da allora» a fare la rivelazione. Sansovino balbetta e poi scoppia in lacrime: «Noi ci sentivamo le sette stelle dell'Orsa Maggiore che miravano ad un risanamento della nostra patria... Decidemmo di riunirci periodicamente perché eravamo riuniti da un vincolo di solidarietà e amicizia». Nel '56 — racconta — fu messa per iscritto la confessione del broglio, in un documento depositato presso un notaio di Roma. Dei sette coivolti nella storia — questo era l'impegno — l'ultimo magistrato rimasto in vita avrebbe avuto il compito di renderlo pubblico. Ma non basta: Sansovino tira anche fuori la scatoletta contenente il filmato in 8 millimetri girato durante la riunione dei magistrati (allora in vita ne erano rimasti cinque). Minoli introduce il filmato: si vedono tremule immagini in bianco e nero, il commento del conduttore Deaglio diventa sempre più enfatico, la ricostruzione è perfetta, anche negli abiti e nel modo di gesticolare degli attori. Subito dopo tocca ai documentari d'epoca (stavolta veri), che, spiega Minoli, servono a descrivere il «clima politico» in cui avvenne il fatto. Alla lettura di alcuni passi del libro di memorie dell'allora ministro dell'Interno Giuseppe Romita e alla testimonianza di Ugo Zat- terin (all'epoca redattore delVAvanti!) viene affidata la ricostruzione delle ore in cui avvenne lo scrutinio. «I primi risultati affluiti — ricorda Zatterin — erano quelli del Sud Italia, in cui prevaleva la monarchia. Solo verso l'alba del 5 fu chiaro che aveva vinto la Repubblica». Romita chiese ai giornali di attendere i risultati ufficiali definitivi prima di dare l'annuncio della vittoria della Repubblica. Infine, a sostenere la rivelazione di Sansovino ecco arrivare, dopo l'intervista con Sergio Boschiero, presidente del movimento monarchico Fert, la voce di un tipografo che nel 1946 lavorava al Poligrafico dello Stato. Per telefono, anonimamente, racconta di un clichet utilizzato per la stampa delle schede false. Sembra quasi stia per confessare la truffa. Ma improvvisamente diventa reticente: «Veda... Tutto considerato, io sono piuttosto stanco, lei mi perdonerà». La comunicazione si interrompe. E' un attimo: le eventuali perplessità dello spettatore vengono ricacciate indietro dall'intervista con Falcone Lucifero, ex ministro della Real Casa che esibisce una lettera di De Gasperi nella quale l'allora presidente del Consiglio si dichiara preoccupato per l'andamento della votazione. Si rivede il filmato del '56. Di nuovo scorrono le immagini in bianco e nero, ma Minoli a questo punto svela il trucco: «Il bianco e nero diventa colore. Ecco, la nostra troupe che appare sullo sfondo. Sansovino non era un giudice, ma un attore che si è prestato al gioco. E' stata una fiction televisiva alla Orson Welles». Stefano Rodotà, intervenuto alla trasmissione, giudica cosi l'esperimento: «L'ho trovato molto divertente e ben fatto». E Zatterin precisa: «La mia intervista è stata girata da sette mesi. Solo dieci giorni fami hanno informato che si trattava di una fiction. Quindi le mie dichiara zioni sulle preoccupazioni di Romita sono reali». Fulvia Caprera Giovanni Minoli. II conduttore di Mixer dice: una provocazione intelligent sulla credibility del la tv

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