Cesare: «Sono stanco di fare l'eroe» di Francesco Cevasco

Cesare: «Sono stanco di fare l'eroe» E il comandante dei carabinieri gli consiglia: adesso parla meno, pensa a studiare Cesare: «Sono stanco di fare l'eroe» Dopo i giorni da divo: «Quando tornerò normale?» PAVIA DAL NOSTRO INVIATO «Figlio mio, d'ora in avanti fai una vita un po' meno spericolata». L'eroica Madre Coraggio, che sfida Stato, politici, magistrati e poliziotti, che tutti intervistano fotografano e raccontano, che s'incatena , alza cartelli, chiede aiuto alla gente d'Aspromonte, è tornata ad essere, semplicemente, mamma Angela. E, citando involontariamente Vasco Rossi, fa le sue raccomandazioni al figlio ritrovato. Anche Cesare nomina la rock-star: «Mi sento tanto come lui. Adesso ho capito che cosa significa essere un personaggio famoso». E, ieri, è arrivato il primo rimprovero. Glielo ha fatto il colonnello dei carabinieri Giuseppe Alessi : «Adesso dovrebbe cominciare a tacere. E' un ragazzo intelligente: che capisca quanto antiproducenti possono essere le sue parole. Che torni a scuola e a una vita normale». Ma come fa a diventare «normale», da un giorno all'altro, questo ragazzo se gli chiedono di ricostruire il diario abbandonato nella casupola dov'era prigioniero per farne un libro («Stai sicuro, sarà un best-seller»); se gli offrono denaro per «memoriali esclusivi» da pubblicare su certi settimanali; se lo chiamano dalla Colombia e da Madrid per chiedergli un'intervista; se è il protagonista di una videocassetta cucita in fretta dai suoi amici dove i pezzi forti sono la festa «Undarara Party»: balli e risate in discoteca due giorni prima del sequestro («Guardate com'ero — ha commentato Cesare —, ora sono più bello, vero?») e il momento del trionfo: dita alzate nella «V» di vittoria e pollice che punta in alto di fronte a centinaia di persone-che scandiscono «Cesare, Cesare». E' nata una stella. Ha cominciato a brillare quella mattina in cui la gente ha visto la sua faccia rotonda e pallida, ha sentito la sua voce lombarda e decisa. Ci si aspettava che lo restituissero a fettine, dopo le sparatorie tra carabinieri e rapitori proprio nei giorni in cui il padre tentava di pagare la seconda rata del riscatto. Quando lo si è saputo libero, ma non lo si era ancora visto e sentito, ci si immaginava un ragazzo debole, massacrato, segnato, sconvolto, ferito, prostrato. E invece eccolo forte, sano, giovane e bello, lucido e aggressivo. Il maglione blu dell'ottavo corpo d'Armata che aveva addosso quando è salito sull'aereo in Calabria e il giaccone dei carabinieri che esibiva quando è sceso a Milano già gli davano l'aspetto di un combattente, di un vincitore. Lo Stato è debole con i sequestratori? Consoliamoci con questo ragazzo che è più forte dei sequestratori. E poi quel tono: mai un lamento. «Sto bene». Senza paura a dire dei suoi carcerieri: «Sono bestie. Carogne. Montanari tonti. Quelli non hanno niente den¬ tro. Se avessi avuto un mitra li avrei ammazzati». Cesare non ha cancellato, nemmeno in catene, la sua personalità — un allegro guascone di provincia — e ha avuto il coraggio di sfidare chi era più forte — in quel momento — di lui: «Se il vostro capo vi dice di buttarvi nel burrone lo fate? Imparate a ragionare con la vostra testa». Ma non è diventato cattivo: nella banda di «carogne» c'era anche uno meno carogna degli altri e Cesare ha saputo distinguere: «Un delinquente, ma , almeno, con un po' d'umanità». Parla anche di politica, con più maturità di due anni fa. Appena rientrato nella sua Pavia, una delle capitali della Lega Lombarda, non è caduto nella trappola di chi lo ha abbracciato dicendo: «Bentornato in Italia». Oggi Cesare ragiona così: «Più ci penso più maledico la Lega Lombarda: c'è gente per bene anche in Aspromonte». L'altro giorno, Cesare è passato davanti a uno striscione firmato «Studenti calabresi democratici» che gioiva: «Università occupata, Casella libero!» e l'ha preso sul serio. S'è fatto eroe, Cesare, ma lo hanno fatto eroe soprattutto gli altri. La mattina in cui è arrivato a Pavia le campane suonavano. Erano i tristi rintocchi per un funerale, ma in alcune pagine di giornale sono diventate note di gioia e benvenuto. Persino i carabinieri se la sono presa comoda nel viaggetto da Milano a Pavia: meglio dare tempo al popolo e ai fari delle televisioni di sistemarsi bene e alla luce del giorno di illuminare meglio la grande festa. Radio-City-Pavia sta raccogliendo su nastro centinaia di telefonate di questo genere. Una nonna: «Vorrei averti per nipote». Una mamma: «Ti voglio bene come a mio figlio». Una ragazzina: «Se vuoi richiamarmi ecco il mio numero di telefono». Un giovanotto: «Sei fortissimo: che ne dici di una sfida a braccio di ferro?». Il giornale locale, «La Provincia pavese», gli ha chiesto di scrivere un articolo in prima pagina, il vescovo vede nella sua storia «la realizzazione di un disegno divino». Da Cesare il sostituto procuratore si fa chiamare «Enzo», il preside si fa dare del tu, il sindaco si sente dire: «Ohe, ohe, noi pavesi siamo forti». Gli studenti della «pantera nera» gli mandano rispettosi telex dalla Sicilia e dalla Calabria. L'alle natore del Milan Arrigo Sacchi gli promette la visita della squadra. Il fratello Carlo gli di ce: «Sei famoso anche in Giappone». La posta porta lettere con tanti cuoricini: «Ti voglio bene anche se non ti conosco» E Cesare è contento, ma non ne può più: prende sottobraccio il primo che passa e gli dice serio: «Senti, secondo te, quanto tem po ci metto a tornare norma le?». Francesco Cevasco Mamma Casella ha detto al figlio: basta con la vita spericolata ■ ri mà

Persone citate: Giuseppe Alessi, Milan Arrigo Sacchi, Vasco Rossi