Si divide in due fronti il «sì» a Occhetto di Fabio Martini
Si divide in due fronti il «sì» a Occhetto Con il primo Flores d'Arcais e padre Pintacuda, con il secondo Bassanini, Giolitti e Foà Si divide in due fronti il «sì» a Occhetto Guerra di comunicati fra Gruppo dei 7 e Sinistra indipendente ROMA. Ad Achille Occhetto la delusione più grossa l'avevano data gli intellettuali con la tessera: tutti, o quasi, contro di lui. Ma gli altri, i battitori liberi della «sinistra sommersa», stanno facendo la scelta opposta e in gran numero sono scesi in campo a fianco del segretario comunista. Firmano appelli, partecipano a convegni, hanno ripreso gusto alla politica: ma ora sono talmente tanti che da tre giorni si sono divisi in due «partiti»: da una parte il «gruppo dei sette» di Paolo Flores D'Arcais, padre Pintacuda e Toni Muzi Falcone; dall'altra un nucleo formato in buona parte dalla sinistra indipendente e raccolto attorno a Franco Bassanini, Vittorio Foà e Antonio Giolitti. La divisione si è consumata sulle colonne dell' Unità: il 29 gennaio compare l'appello dei «sette», «per un partito nuovo della sinistra», firmato da oltre 250 personalità, mentre l'altro ieri è stata la volta di «per un'altra sinistra», sottoscritto da 110 intellettuali, 29 dei quali comparivano anche nel precedente. Per ora i due «partiti del sì» dichiarano di «combattere divisi per colpire uniti», ma sottovoce iniziano ad affiorare piccole gelosie, impalpabili attriti. Ma cosa li divide veramente? I primi ad uscire allo scoperto sono stati quelli della «sinistra sommersa», un gruppo di intellettuali che — come dice Flores D'Arcais — «spesso si sono trovati in polemica col pei» e che ora puntano alla nascita di «un'autentica forza riformista». E per ottenere questo obiettivo non intendono ripercorrere la vecchia strada dei «compagni di strada», ma prima e durante il Congresso di rifondazione del pei vogliono contare, grazie a nuove regole, allo stesso modo degli iscritti. La raccolta delle adesioni all'appello «per un partito nuovo della sinistra» sono partite a tambur battente e nella fretta c'è scappata qualche gaffes. Nel primo, nutrito elenco di adesioni pubblicato in un'intera pagina sull' Unità sono comparsi nomi, depennati poi dagli elenchi pubblicati su altri giornali nei giorni successivi: quello di Alessandra Ravetta, vicedirettore di «Prima comunicazione», il mensile che si occupa di problemi dell'editoria, e quello dello storico Nicola Tranfaglia. Ma al di là di questi infortuni, da Botteghe Oscure qualcuno sussurra che il successo dell'iniziativa, sostenuta certo dal «genio» di uno dei big delle pubbliche relazioni in Italia, Toni Muzi Falconi, è dovuta anche al sostegno della segreteria del pei. «L'appello per la "sinistra sommersa" — fanno notare a) "fronte del no" — passa attraverso l'acquisto di grossi spazi sui giornali, l'affitto del cinema Capranica per la manifestazione del 10 febbraio e una campagna insistente per ottenere nuove adesioni». Meno vistosa, almeno per ora, la «campagna» dell'altro fronte del «sì», quello vicino al gruppo della sinistra indipendente. Nell'appello pubblicato ieri (su un quarto di pagina) dall' Unità si fa riferimento so¬ prattutto all'urgenza di individuare «idee forza, che dovranno caratterizzare il programma della nuova formazione politica». L'appello è sottoscritto, tra gli altri, da Paolo Barile, Giampiero Carocci, Furio Diaz, Paola Gaiotti, Gianfranco Pasquino, Federico Stame. Ma cosa differenzia i due gruppi? «Non c'è contrapposizione, ma una diversità di funzioni — spiega Bassanini —. Noi vogliamo soprattutto organizzare un gruppo di lavoro per l'elaborazione di un programma. E su questo il dibattito attualmente in corso nel pei è deludente, vola basso. Ci si divide tra il sì e il no, ma si discute pochissimo di regole per il mercato, di sviluppo ecologicamente compatibile, di politiche sociali». E il direttore di «Rinascita» Alberto Asor Rosa, schierato per il «no», che ne pensa dei due appelli? «E' un po' singolare che un'iniziativa politica che vuole omogeneizzare, divida anche i simpatizzanti». Fabio Martini
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