Ergastolo ai gerarchi di Guido Rampoldi

Ergastolo ai gerarchi Ergastolo ai gerarchi Lex premier e il ministro degli Interni ordinarono di sparare alla folla Ma la sentenza non ha precisato il numero dei morti della rivoluzione BUCAREST DAL NOSTRO INVIATO Quattro ergastoli, «in nome di migliaia che sono stati feriti o uccisi, degli orfani, delle madri che hanno perso i figli e dei soldati caduti», come chiedeva l'accusa. Nel giorno in cui le chiese ortodosse ricordavano il lutto e la vittoria della rivoluzione, il tribunale speciale militare ha condannato i quattro comprimari di Ceausescu implicati nei massacri di dicembre a morire nelle prigioni che ospitarono le loro vittime. Ascoltando la sentenza, l'ex ministro degli Interni Tudor Postelnicu si è asciugato due lacrime. Gli altri tre — Emile Bobu, numero due del pc; Manea Manescu, l'ex premier; Ion Dinca, l'ex primo vicepremier — sono rimasti immobili sull'attenti, in un guizzo di dignità, l'unico. E' stato un processo-lampo veloce come la rivoluzione, formalmente molto civile. Le sei udienze hanno regalato qualcosa alla storia del socialismo reale e nulla alla lacunosa storia della rivoluzione. Probabilmente sinceri nello scagliarsi contro il loro padrone Ceausescu, che forse davvero detestavano, certamente falsi quando hanno declinato responsabilità dirette, invece provate, i quattro si sono raccontati come vigliacchi e miserabili. Mai hanno cercato di giustificare il loro cinismo con ragioni ideali, ma neppure l'hanno spiegato con i benefici che ne ricavavano. Occupa 17 pagine l'inventario dei beni del ministro Postelnicu, il magazzino di un grossista in un Paese alla fame: 370 bottiglie di alcolici, 66 cartoni di sigarette, alcuni chili d'oro. «Regali per il mio compleanno», ha detto. Anche per questo sono morti i romeni, in un numero che nessuno conosce ancora. L'accusa ha contestato la morte di 689 salme identificate, un dato che equivale ad un centesimo della valutazione avallata per giorni dal potere rivoluzionario (60 mila vittime). Le udienze non hanno spiegato l'enigma degli scomparsi, di cui non esiste un elenco. Si è parlato di una fossa comune con dieci morti a Timi soara e di 56 cadaveri che vennero trasportati in segreto in un crematorio. L'intento era far credere che gli scomparsi fosse ro espatriati in modo clandesti no, ha spiegato Bobu, l'ispiratore delle cremazioni. Ma soprattutto resta vago che cosa accadde all'interno del vertice e dell'esercito tra il 16 dicembre, l'inizio della sollevazione di Timisoara, e il 22, giorno della caduta di Ceausescu. L'attenzione della corte si è concentrata sui quattro imputati e sul generale Vasile Milea, ministro della Difesa. Il ruolo dei primi è apparso lineare e sinistro. Ecco Postelnicu e Dinca uscire dal palazzo del Comitato centrale, la notte del 21 dicembre, per dare l'esempio: il primo prende a calci una donna e un uomo riversi sull'asfalto, l'altro apostrofa un ufficiale: «Infiltratevi nella folla e colpite». Meno lineare è il ruolo di Milea. Il 17 non obietta all'ordine di sparare sui dimostranti di Timisoara; il 21 si rifiuta di far mitragliare la folla di Bucarest; «Non posso farlo», avrebbe detto ad un amico, testimone al processo, la mattina dopo, e si sarebbe ucciso. Probabilmente in quelle ore i militari scaricarono definitivamente Ceausescu. Il 22, mezzo Politburo giurò al dittatore di battersi con lui, ma due ore dopo né po¬ lizia né Securitate tentarono di fermare la gente che irrompeva nella sede del partito. Chi aveva sparato la notte prima? I poliziotti apparsi come testimoni hanno giurato che non erano armati: sono stati smentiti. Misterioso anche il massacro di Timisoara: il processo che sta per cominciare ha per imputati sei ufficiali della polizia segreta e 16 uomini della Securitate sono in carcere. Ma 22 militari non avrebbero potuto terrorizzare una città. Così il processo ai quattro dignitari della dittatura probabilmente ha tracciato il modello della giustizia rivoluzionaria. I colpevoli delle stragi sono una cerchia ristretta, dirigenti politici e della polizia segreta. Gli ufficiali dell'Armata sono invece assolti e così i ranghi della Securitate. La verità è troppo destabilizzante per il nuovo potere. Così, questo processo suona come l'annuncio di una tacita amnistia per quanti parteciparono ai massacri. Guido Rampoldi

Luoghi citati: Bucarest