Kosovo, l'esercito occupa le città di Tito Sansa

Kosovo, l'esercito occupa le città Il ministro della Difesa dirige personalmente le operazioni, violenti scontri Kosovo, l'esercito occupa le città // presidente jugoslavo a Pristina per mediare DAL NOSTRO INVIATO DAL NOSTRO INVIATO Tutto il Kosovo è presidiato dall'esercito federale jugoslavo. «Siamo presenti in tutti i villaggi, anche i più isolati, per difendere la vita di tutti, anche dei nazionalisti», ha detto il vice primo ministro Alexander Mitrovic. Si è saputo che il ministro della Difesa, Velko Kardjevic, dirige personalmente «sul campo» le operazioni, si è trasferito qui insieme ad una parte dello Stato Maggiore. Ma da Belgrado il suo vice, l'ammiraglio Stane Brovet, non in sintonia con il governo federale, ha tuonato unilateralmente contro i separatisti. «I nazionalisti albanesi — ha detto l'ammiraglio — hanno dimostrato di essere favorevoli alla creazione di una grande Albania, di voler raggiungere questo obiettivo con la forza per disintegrare la Jugoslavia. Noi Forze Armate lo impediremo con tutti i mezzi, siamo pronti a farlo in qualsiasi momento per difendere l'integrità jugoslava». A Pristina piena di militari (quelli serbi si riconoscono per i giubbotti antiproiettile) è venuto ieri anche il presidente della Repubblica federale, Janez Drnovsek, che due giorni prima aveva firmato l'ordine di muovere la truppa. E' venuto per calmare le acque agitate, per consultare politici locali, per incontrare rappresentanti delle etnie serba e albanese, per parlare agli studenti albanesi in agitazione. Ma quest'ultimo incontro è stato cancellato per motivi di sicurezza. Mentre Drnovsek era chiuso nel palazzo del governo, sulla strada si era riunita una folla di albanesi per chiedere aiuti al capo dello Stato. Era gente pacifica appena uscita dalla moschea, che avanzava in processione con tre vecchioni barbuti in prima fila e tante donne, in un maestoso silenzio. Solo ogni tanto una voce gridava: «Onore alle vittime!». E' intervenuta la milizia che brutalmente e anche stupidamente (erano presenti operatori della televisione che hanno registrato tutto) ha sparato una dozzina di candelotti lacrimogeni, disperdendo il muto corteo. Il capo dello Stato ha annunciato che è stata avviata la riforma della Costituzione che prevede pluralismo politico e multipartitismo e che «ciascuno in Jugoslavia potrà esprimere la sua opinione», che «verranno rispettati i diritti umani», e si è appellato «a tutti nel Kosovo, indipendentemente dalla nazionalità, a smetterla con le violenze e ad aprire il dialogo». Ma alla stessa ora, a mezzo chilometro di distanza, nel futuristico palazzo del.j sport «Boro e Ramiz» (due eroi della Resistenza, l'uno serbo, l'altro albanese), una folla di circa 5-6 mila serbi era riunita a comizio per chiedere protezione dai «separatisti» e «terroristi» che li minacciano. E' interessante rilevare a tale proposito che intorno al palazzo dello sport non era presente a proteggerli neppure un miliziano. Qualche oratore ha accennato alla necessità dell'autodifesa ed è stato freneticamente applaudito, qualcuno ha chiesto armi. Nella capitale del Kosovo, per un giorno al centro dell'attività politica jugoslava, sono venuti anche tutti i ministri dell'Informazione delle Repubbliche e delle Regioni. Li ha convocati il ministro federale delle Informazioni, Darko Maril, che ha biasimato tanto le autorità del Kosovo quanto i giornalisti del- le diverse Repubbliche rivali per avere (le prime) nascosto le notizie e (i secondi) per avere diffuso «informazioni di parte, false e allarmistiche, che sono uscite in Jugoslavia e nel móndo, e sono rimbalzate quaggiù facendo aumentare la tensione nel Kosovo». In una filippica ai giornalisti (i quali hanno ascoltato in silenzio) il ministro ha detto che ora «la gente non crede più a ciò che legge e sente» e si è appellato alle autorità affinché diano regolarmente informazioni «vere», richiamando i giornalisti jugoslavi al senso di responsabilità. Il governo centrale di Belgrado ha preso in mano l'informazione, garantendo glasnost e verità. Oggi verrà aperto un centro stampa e saranno addirittura installati i telefoni. Ciò significa forse che la crisi nel Kosovo è prevista lunga. Al momento attuale non se ne vede via di uscita. Ancora ieri la milizia si è scatenata senza motivo, sparando a raffica contro un funerale a Pec, e nella inquieta e ribelle Podujevo, circondata da una trentina di carri armati che hanno sparato a intervalli regolari cannonate ammonitrici in aria, si è saputo che i due morti di giovedì, un giovanotto di 25 anni e una ragazza di 17, erano stati falciati da una jeep di passaggio mentre aspettavano l'autobus a una fermata. Tito Sansa

Persone citate: Alexander Mitrovic, Darko Maril, Drnovsek, Janez Drnovsek, Stane Brovet