Cesare ammette: «Ho sbagliato» di R. M.

Cesare ammette: «Ho sbagliato» Cesare ammette: «Ho sbagliato» «Approvando la lima dura pensavo solo a me poi mi sono ricordato di Celadon e degli altri» PAVIA. «Mi sento tanto Vasco Rossi», La seconda giornata da superstar di Cesare Casella — baci, abbracci, strette di mano, applausi, cori, striscioni per strada — comincia con un sorriso. Ma poi si fa subito più triste: «Ho detto quelle cose sulla linea dura. Pensavo solo a me. Poi ho visto papà Celadon. Poi ho parlato al telefono con lui. Poi ho saputo di quella ragazzina di Verona. Non vorrei che le cose che ho detto... Ma poi non ho detto proprio così... Celadon è come un mio terzo fratello. Vorrei tanto che lo liberassero...». Confusamente Cesare Casella vuol far sapere al mondo che lui tenta di dare una mano a chi è ancora prigioniero dei sequestratori. Cerca di farlo con le parole che dice ai giornalisti e con le cose che racconta al magistrato. Tra i due sequestri — Casella e Celadon — ci sono probabilmente alcuni punti in comune. Il secondo giorno di libertà è cominciato presto. Cesare s'è svegliato alle 6,30. «Avrò dormito in tutto due ore». E' rimasto un bel po' a girarsi tra le coperte del letto («Troppo morbido, non ero più abituato»). Alle 8 latte e biscotti in cucina, seduto accanto a mamma Angela. Poi il piacere di farsi la barba. E subito dopo un giro nella concessionaria Citroen di papà Luigi. Ancora qualche minuto a tu per tu con la madre e Cesare esce dalla sua dimensione privata di figlio ritrovato per vivere un'altra giornata da personaggio pubblico. Prima tappa, alle 9, l'istituto tecnico «Antonio Bordoni», la scuola frequentata fino al giorno del sequestro. Sulla lavagna della sezione «quinta E», la sua, Cesare ha visto la scritta: «Finalmente libero. La fine di un incubo». Ha abbracciato i suoi amici, ma soltanto i compagni di classe. Per quelli delle altre sezioni l'ordine era: «Restate in aula». Dal preside Francesco Salvaggio una bella notizia: «Sei iscritto al secondo quadrimestre dell'anno scolastico, a luglio potrai fare l'esame di maturità». Quella scritta imposta dalla burocrazia («Respinto perché assente ingiustificato») è stata sostituita da un'altra: «Ammesso per giustificati motivi». Ancora una battuta («Oggi ho capito che cosa provano gli attori famosi») poi un impegno difficile: tre ore abbondanti di colloquio con il magistrato. Mercoledì Cesare aveva già avuto una conversazione informale con il giudice Calìa. Ma al ristorante, senza impegno: «Ho anche bevuto champagne», ha detto il ragazzo. Prima e dopo l'interrogatorio, Cesare ha voluto ricordare «la felicità di essere qui, libero», ma ha anche insistito molto sulla preoccupazione di poter danneggiare, con le sue dichiarazioni a favore della «linea dura» sui sequestri, chi è ancora prigioniero dell'Anonima. Del dialogo con il magistrato, ufficialmente, non si sa nulla. Tra le altre cose, Cesare avrebbe parlato del diario che ha tenuto in prigionia («i carcerieri mi hanno costretto- a lasciarlo laggiù»), della macchina fotografica Polaroid che, ogni tanto, i banditi gli davano da usare, dei disegni che si faceva sui jeans per fissare la «mappa» di quel poco che riusciva a vedere. Il dialogo con il magistrato continuerà nei prossimi giorni. Ieri sono state ricostruite le fasi della cattura il 18 gennaio di due anni fa, il tipo di auto usato dai sequestratori, i comportamenti dei carcerieri, i primi giorni del sequestro (subito portato in Calabria o rimasto per qualche giorno a Pavia?). «Ha una memoria di ferro — ha detto mamma Angela — si ricorda persino gli scontrini della spesa fatta dai sequestratori». «Lo hanno picchiato un paio di volte», ha aggiunto il padre Luigi. Alla fine dell'interro¬ gatorio Cesare ha salutato così: «Ora vi faccio i dispetti, non parlo più. Lasciatemi andare, mi aspetta il dottore». Il medico di famiglia lo ha trovato bene. Qualche analisi, più per scrupolo che per necessità. L'ora di pranzo era superata da un pezzo quando Cesare, un magistrato, un capitano dei carabinieri, e tre sottufficiali arrivati dalla Calabria sono andati a pranzo in un ristorante del centro. S'è parlato, senza tante formalità e senza verbali, di cose utili alle indagini. Nonna Cesira lo aspettava a casa, a due passi dalla sede del giornale «La Provincia pavese», dove lo hanno invitato per una bicchierata. Cesare non ha voluto brindare, ha evitato l'ennesima foto, ma s'è fermato volentieri a fare quattro chiacchiere. Quando gli hanno mostrato il titolo di un quotidiano: «I miei carcerieri? Montanari tonti», ha commentato: «Sono contento perché loro ora saranno là con la paura addosso». Gli amici, intanto, stanno organizzando una grande festa. Ieri mattina Cesare aveva deciso di prendersene un anticipo con una serata alla discoteca Docking. Poi in serata ha cambiato idea: meglio la tranquillità della famiglia. [r. m.]

Persone citate: Antonio Bordoni, Celadon, Cesare Casella, Francesco Salvaggio, Nonna Cesira, Vasco Rossi

Luoghi citati: Calabria, Pavia, Verona