Il Fronte cede: all'opposizione metà seggi di Guido Rampoldi

Il Fronte cede: all'opposizione metà seggi Temendo nuovi disordini, la Romania inaugura un «Parlamento provvisorio» con i 29 partiti del dopo-Ceausescu Il Fronte cede: all'opposizione metà seggi Ma vuol vincere le elezioni BUCAREST DAL NOSTRO INVIATO La minaccia del caos ha spinto i nuovi gruppi dirigenti romeni a muovere il primo passo verso la democrazia. Consigliati dalla tumultuosa prova di forza nelle piazze di domenica e lunedì, il Fronte di Salvezza nazionale e i ventinove partiti nati sinora hanno raggiunto, ieri, un accordo di massima che prevede la trasformazione del Consiglio del Fronte in un parlamentino provvisorio, denominato Consiglio di Unità nazionale. Il Fronte avrà la metà dei posti, l'altra metà verrà formata da tre rappresentanti per ogni partito. Il nuovo organismo eserciterà, oltre alla funzione legislativa, compiti di controllo sul governo e sulla radio-televisione. Il Fronte conferma la rinuncia alla pretesa di rappresentare da solo il Paese, il potere, la rivoluzione; separa l'esecutivo dal legislativo; diventa un partito: concorrerà con programma e strutture proprie alle elezioni del 20 maggio. Ion Iliescu, il presidente del Fronte, è ottimista: «Abbiamo dimostrato che tra noi può svilupparsi un dialogo fertile». I partiti storici dell'opposizione sotterrano polemiche e rancori: «E' un inizio promettente», concedono. Durato otto ore e chiuso con un appello congiunto ad evitare in futuro manifestazioni di piazza, il negoziato di ieri ha sancito il ritorno dei partiti sulla scena politica romena dopo mezzo secolo di tirannia (prima la dittatura di Antonescu, dal '38; poi la dittatura stalinista dal '46). E' stato un ingresso in massa e molto confuso. Dei 29 partiti che hanno partecipato alle trattative, una dozzina si dichiarano nel nome «democratici», tre «liberali», due «socialdemocratici», due «ecologisti», due «dei Contadini»; e poi una pletora di formazioni locali. Alcuni rappresentano poco più dei 251 iscritti che sono il re¬ quisito minimo per ottenere la registrazione legale; hanno sedi misere e provvisorie, spesso neppure un telefono. Ma sfilano da giorni in tv per presentarsi ai romeni. Copione fisso: il presidente legge tutto d'un fiato il programma, mentre i dirigenti, addossati uno all'altro per entrare nell'inquadratura, guardano il soffitto o fissano gravi, la telecamera. Altri partiti spiccano come giganti in mezzo ai nani. Il «Partito Nazionale dei Contadini, Democratico e Cristiano», occupa un'intera palazzina liberty nel centro della capitale, dispone di fondi e vanta 180 mila aderenti. Perciò ha chiesto, inutilmente, che i posti in seno al Consiglio d'unità nazionale venissero spartiti in base al numero degli iscritti di ciascuna formazione politica. Gli altri partiti però hanno fatto muro, in un negoziato che ha visto affacciarsi le prime rivalità, inedite gelosie. Ecco Silviu Petrina, segretario del Partito dei Contadini (quello storico) reclamare l'e¬ stromissione dal futuro Parlamentino di Silviu Brucan, eminenza grigia del Fronte: «E' da sempre un anti-democratico. Come giornalista di punta nell'era stalinista chiede la condanna a morte dei leader dell'opposizione, adesso va dicendo ai giornali stranieri che in Romania solo gli intellettuali, secondo lui un milione, dovrebbero avere il potere, perché gli altri 22 milioni non capiscono nulla». Adesso resta incerto il destino del Fronte. Da ieri, formal¬ mente, è solo uno tra i tanti partiti, anche se il più organizzato, soprattutto attraverso i comitati creati nei posti di lavoro. Ma rischia di restare prigioniero di questa struttura di tipo vecchio, che a molti romeni ricorda troppo un modello comunista, e di una base operaia restia ad accettare il prèzzo d'una inevitabile ristrutturazione industriale. Su questa scena politica che comincia ad assumere contorni meno confusi si affaccia la «missione esplorativa» affidata dal ministro degli Esteri De Michelis al suo vice capo di Gabinetto, Graffini, e all'europarlamentare socialista Jiri Pelikan, un vecchio amico di Iliescu («ci siamo conosciuti a Praga, quando ero presidente della Gioventù comunista»), accompagnati da un esule, il poeta Arbore Popescu. La Farnesina conta di farsi un'idea più chiara della rivoluzione romena, per capire «come impostare le relazioni future». Guido Rampoldi

Persone citate: Antonescu, Arbore, Contadini, De Michelis, Iliescu, Ion Iliescu, Jiri Pelikan, Petrina, Popescu, Silviu Brucan

Luoghi citati: Bucarest, Praga, Romania