Jaruzelski snobba i post-comunisti

Jaruzelski snobba i post-comunisti POLONIA Tra le due nuove formazioni socialdemocratiche è già battaglia per il voto municipale di aprile Jaruzelski snobba i post-comunisti //presidente polacco non aderirà a nessun gruppo politico VARSAVIA DAL NOSTRO INVIATO E' ormai il «day after», il giorno dopo tranquillo, quasi rassegnato dei postcomunisti polacchi che si sono convertiti in fretta alla socialdemocrazia spaccando in due tronconi l'ex Partito operaio unificato marxista. Sulle rovine del poup, sciolto domenica notte nel corso del congresso straordinario al Palazzo della Cultura dopo quarantacinque anni di predominio assoluto, essi hanno eretto le formazioni antagoniste dei riformisti e dei progressisti, gettando alle ortiche il simbolo della falce e del martello. I primi, la maggioranza, sono raggruppati attorno al tandem Kwasniewski-Miller sponsorizzato dall'ex segretario generale Miekzyslaw Rakowski; i secondi sono affluiti sotto la bandiera di Tadeusz Fiszbach, boss della federazione di Danzica che gode i favori di Lech Walesa. Contro la doppia giovane leadership di Alexander Kwasnie- wski, trentacinque anni, ministro per lo Sport nell'ultimo governo comunista, nominato ora presidente della «Socialdemocrazia della Repubblica di Polonia» (con 1170 voti su 1639) assieme al vice quarantaquatrenne Leszek Miller, fedele luogotenente di Rakowski, gli scissionisti dell'«Unione socialdemocratica polacca» di Fiszbach hanno opposto appena duecento aderenti. Sono esigui per ora numericamente, ma ricchi di enormi potenzialità quando i due gruppi si affronteranno in aprile nelle elezioni municipali anticipate. Sebbene unite dal tenue filo della matrice filosocialista, entrambe concordi nel ripudio dei crimini dello stalinismo alla polacca e con visioni abbastanza simili sui benefici della trasformazione economica dall'antico dirigismo centralizzato al libero mercato, le fazioni si sono incamminate in direzioni opposte, non essendo riuscite a trovare un terreno d'intesa comune sulle responsabilità del partito durante la tragedia dello stato di guerra. Mentre l'ala maggioritaria infatti ha ritenuto sufficienti le garanzie promesse da Kwasniewski («nel nuovo partito non ci sarà posto per i compromessi con il vecchio regime»), il drastico ricambio generazionale non ha soddisfatto i ribelli. T.a condanna in blocco della nomenklatura uscente, dicono, non basterà a guadagnare credibilità e fiducia presso la gente, «troppi scheletri restano nei nostri armadi, sarà difficile smacchiare le biografie politiche di molti dirigenti». Accuse brucianti che la neo coppia socialdemocratica ha subito respinto in un'affollata conferenza stampa. «Abbiamo rivoltato il poup come un calzino — hanno voluto precisare —, nessun conservatore figura fra i centocinquanta del nuovo Consiglio direttivo, sappiamo che il Paese è allergico a qualsiasi personaggio di sinistra associato ad esperienze negative, anche i cristiani dell'antica Roma ave¬ vano sofferto prima di affermarsi». Pronta la reazione di Fiszbach: «Quei poveretti s'illudono di farla franca tramite un semplice timbro notarile e la sostituzione dell'etichetta. La Polonia è stanca di chi l'ha presa in giro, non perdonerà i loro misfatti». Un ulteriore motivo di rottura riguarda il futuro del patrimonio immobiliare del defunto partito, valutato attorno a cento miliardi di lire. Conquistato di forza con la connivenza dello Stato negli anni di potere, deve essere restituito alla società, oppure va difeso ad oltranza nonostante che numerose sedi periferiche siano già state abbandonate o saccheggiate da simpatizzanti di Solidarnosc? Poi c'è la gara dell'adesione all'Internazionale socialista, ambita dai due gruppi per avvicinarsi all'Europa, e l'incognita degli assenti, i circa trecento delegati rimasti fuori dal nuovo schieramento. Sono gli oltranzisti di Alfred Miodowicz, capo del sindacato Opzz, che cavalcando la tigre della nostalgia potrebbero creare un mini pc ortodosso contrario al mutamento «morbido» del sistema lungo lo spartiacque seguito da frange di ultras dogmatici e dei pensionati, i più colpiti dalla stangata ruii carovita. Il presidente Jaruzelski ha annunciato che non aderirà ad alcun gruppo, rimarrà ai margini del «tram rosso» giunto al capolinea. Non vi salirà nemmeno il potente ministro degli Interni generale Kiszczak, mentre il responsabile del dicastero del Commercio Estero Swiecicki ha optato per la minoranza. Caustico il commento a caldo di Jan Lipski, presidente del piccolo partito socialista: «Gli eredi del poup che oggi si proclamano socialdemocratici sono gli stessi che per decenni avevano combattuto quegli ideali, perciò si squalificano in partenza». Piero de Garzarolli

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