Ma quel medico poteva proprio capire?

Ma quel medico poteva proprio capire? Ma quel medico poteva proprio capire? Più rischi domestici da tecnologia, ma manuali avari di informazioni Strage di Peteano La Cassazione decide E' possibile diagnosticare, nel corso di una visita domiciliare, un'intossicazione da ossido di carbonio da cattivo funzionamento di un boiler? Oggi, dopo il caso di Ciriè, tutti i medici si porranno il dubbio, e andranno a ripassarsi le informazioni (molto poche, per la verità) che i loro manuali riportano. Ma sino all'altro ieri con ogni probabilità tutti sarebbero caduti nello stesso errore del dottor Carena, il medico della Guardia Medica di Ciriè chiamato dalla famiglia Vajra, poi uccisa dalle esalazioni del boiler difettoso. Per comprendere come la tragedia sia potuta avvenire, si deve tener conto di molti elementi. Innazitutto, il fatto che al momento della visita qualcuno della famiglia doveva essere ancora sufficientemente in forze da riuscire ad aprire la porta di casa, cercare il libretto sanitario, far accomodare il medico. guidarlo per casa a visitare gli altri membri malati della famiglia, accompagnarlo all'uscita, e poi ritornare a letto. Comportamento, questo, che può far venire in mente tutto, tranne che un pericolo immediato di vita. In secondo luogo, l'ambiguità dei sintomi. Vomito e un certo grado di intontimento si possono trovare in molte situazioni morbose. Il color rosso ciliegia di cute e mucose può non essere sempre presente; in ogni caso non è facile apprezzarlo in quelle che sono le usuali condizioni di illuminazione di una camera da letto (luci molto basse, senza il neon implacabile dei pronto soccorso ospedalieri). E poi, perché sia possibile prospettare l'ipotesi di una intossicazione, è necessario sapere che in quel dato ambiente esiste una potenziale fonte di rischio di quel determinato ti¬ po. Ma, sino all'altro ieri, si sarebbe pensato a qualunque altra cosa (cibo, cucina a gas, fili elettrici eccetera), non certo al boiler come potenziale strumento di morte. Al di là di questo, vi è un più generale problema di formazione del medico su quelli che potremmo chiamare i «rischi domestici da tecnologia». Di simili pericoli, nei vari manuali, si parla pochissimo, e per lo più in modo quasi accidentale. Lo Harrison's, il manuale americano di medicina interna probabilmente più diffuso nel mondo, vi fa rapidi e non sistematici cenni. Da studente, il medico studia bene le intossicazioni d'origine chimica e fisica soltanto nei corsi di medicina del lavoro e di medicina legale: e, quindi, impara ad associare certi fenomeni ad ambienti specifici (la fabbrica), oppure ad eventi nei quali si interviene a cose fatte, e solo per accertare la causa di morte. Le cose vanno ancora peggio dopo la laurea, dato che l'aggiornamento del medico tende a indirizzarsi (o a essere indirizzato dall'esterno) verso temi o altamente specialistici, oppure di rilevante interesse farmaceutico, quasi mai sulle cose «ordinarie» della vita di tutti i giorni. A complicare ulteriormente le cose, vi è il fatto che la casa viene concepita come uno spazio sostanzialmente sicuro, per cui nessun controllo viene svolto su quel che viene prodotto per esservi usato, oppure impiantato. In questo momento credo che vi siano soltanto l'Unione Consumatori e pochi altri gruppi che procedano a verifiche sistematiche sulla «innocuità» di phon, frullatori, macinini e altro. E in ogni caso si tratta di controlli essenzialmente «pri¬ vati», cui non può corrispondere alcuna misura amministrativa o legislativa protettiva: per cui il prodotto pericoloso può tranquillamente continuare a venire venduto. Tuttavia, qualcosa si può fare sin da ora. Innanzitutto, una rapida e intensa opera di informazione seria, diretta a tutti i cittadini, sulle «aree pericolose» degli alloggi; e l'obbligo, per il tecnico che abbia montato in modo carente o pericoloso un dato apparecchio, di risistemarlo gratuitamente in modo più sicuro. E poi, formazione di tutti gli operatori sanitari (medici o non, a qualunque ambito appartengano) sui rischi nascosti di quella «tecnologia spicciola», che abbiamo sino ad ora creduto innocua, che ci ha'invaso le case, ma di cui non sappiamo nulla. ROMA. Dopo quasi 18 anni di inchieste si concluderà finalmente il processo-ter per la strage di Peteano? Lo deciderà oggi la prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale. La Suprema Corte si pronuncerà sui ricorsi degli imputati, delle parti civili e del pg di Venezia contro la sentenza con cui il 6 aprile '89 la Corte d'assise d'appello della città lagunare aveva condannato all'ergastolo il latitante neofascista Carlo Cicuttini, ma assolto con formula piena il generale dei carabinieri Dino Mingarelli e il colonnello Antonino Chirico (in primo grado avevano, invece, avuto 10 anni e mezzo di reclusione ciascuno, perché ritenuti responsabili di «depistaggio»), nonché altri due carabinieri, il colonnello Michele Santoro e il maresciallo Giuseppe Napoli, che in Corte d'assise erano stati condannati per favoreggiamento (il primo a Virginio Oddone 4 anni, mentre il secondo a 3 anni e 4 mesi). La strage di Peteano (Gorizia) avvenne la sera del 31 maggio '72 quando lo scoppio di una bomba, collocata nel cofano di una «500» abbandonata in campagna, causò la morte di tre carabinieri (Antonio Ferraro, Franco Bongiovanni e Donato Poveromo) e il ferimento del tenente Angelo Tagliali. Dopo due inchieste conclusesi con il definitivo proscioglimento con formula piena di tutti gli imputati, la magistratura ha, comunque, già individuato due colpevoli della strage. Sono Ivano Boccaccio, morto il 6 ottobre '72 nel fallito dirottamento aereo di Ronchi dei Legionari, e il neofascista e reo confesso Carlo Vinciguerra. Per quest'ultimo (tuttora in carcere) è divenuta definitiva la condanna all'ergastolo, perché non ha presentato ricorso contro il verdetto di primo grado.Ip. 1. f.]