«Quel Guido Reni non è lui»

«Quel Guido Reni non è lui» Ritirato dalla Galleria Sabauda di Torino, ma c'è già chi contesta «Quel Guido Reni non è lui» Pagato 6 anni fa dallo Stato500 milioni TORINO. Dalla Fondazione Accorsi alla Galleria Sabauda, i «capolavori» della pittura fanno discutere. Il quadro «La morte di Lucrezia», acquistato come Guido Reni dalla Galleria Sabauda nel 1984 per mezzo miliardo, non è un Guido Reni. Il pronunciamento è ufficiale. Lo stesso direttore del museo, Paolo Venturoli, lo ha confermato: «Sono convinto anch'io, non è un quadro di Guido Reni». Il vero autore del dipinto sarebbe un artista minore, tale Giuseppe Dal Sole, allievo del-, lo stesso Guido Reni, che lavorò nella bottega e tentò di imitare il maestro; quindi, l'opera ha un valore infinitamente minore. La tela era stata comprata dallo Stato presso la galleria antiquaria «Antichi Maestri Pittori» di Giancarlo Gallino all'epoca in cui soprintendente del Piemonte era Rosalba Tardito Amerio, attualmente responsabile della pinacoteca di Brera a Milano. Il quadro venne anche esposto per qualche tempo tra i dipinti del '600 della Galleria Sabauda, ma sono ormai anni che è stato riposto nei sotterranei, ufficialmente perché «è in via di riorganizzazione il settore del '600». Dopo la «Salita al Calvario», anch'esso dipinto proveniente dalla «Antichi Maestri Pittori», e ritirato appena un mese fa dalla Fondazione Accorsi tra dimissioni in massa e diatribe non ancora sopite, un altro quadro è dunque oggetto di polemica. Questa volta tuttavia lo scandalo pare persino maggiore. La vicenda è molto più complessa ed autorevoli esperti, già in passato, sono stati tirati in ballo. Il primo a mettere in dubbio l'attribuzione a Guido Reni è stato a suo tempo Armando Colombari, antiquario internazionale e da anni perito del tribunale. Colombari, scrivendo a una rivista specializzata, poneva in guardia dalle «facili acquisizioni», perché «gli entusiasmi spesso debbono poi esser ridimensionati. Faccio riferimento alla tela "La morte di Lucrezia" che dopo aver vagato per mezzo mondo ha trovato battesimo a Torino come Guido Reni, e fu sottolineata come una grande scoperta e acquisizione della Galleria Sabauda». E continuava: «Ora emerge, dopo che l'anno scorso non fu nemmeno esposta nella grande rassegna dedicata al Guido Reni a Bologna, che potrebbe essere Gian Giuseppe Dal Sole. La cifra spesa dalla Sabauda per l'acquisto era di per sé troppo vantaggiosa e avrebbe già dovuto suonare come campanello d'allarme. Per un Guido Reni mezzo miliardo era poco, ma moltissimo per un minore emiliano». «Non si sarebbe rivelato utile — concludeva allora Colom¬ bari — l'intervento di uno specialista prima di acquistarlo?». Colombari precisa: «Già nell'84 un Guido Reni costava sul mercato almeno un miliardo e mezzo e quel quadro l'avevano già rifiutato in molti. E poi il fatto che non sia andato a Bologna per l'esposizione universale è emblematico». La professoressa Tardito Amerio, raggiunta a Milano, pare cadere dalle nuvole: «Come, non è un Guido Reni? Non è possibile. E' un bel quadro. Era in buone condizioni, è stato visto da illustri critici ed ha avuto l'approvazione di alcuni membri del comitato di settore del ministero dei Beni Culturali». «Io stessa — sostiene — mi sono pronunciata a favore dell'acquisto, perché avevamo già un quadro del periodo giovanile dell'artista e un dipinto tardo, come "La morte di Lucrezia", aveva quindi un preciso significato». Che sia una bella tela nessuno intende metterlo in discussione. Anche Paolo Venturoli, attuale responsabile della Sabauda: «Si, lo sapevamo che non è un Guido Reni. Io stesso ne sono intimamente convinto, è una tela fatta per imitare Reni. L'ha confermato anche Stephen Pepper, il maggior conoscitore dell'artista, che l'anno scorso è venuto da noi. Comunque desidero fare un discorso su questo dipinto. Gli studi di storia dell'arte vanno avanti con l'approfondimento della ricerca, per cui non vi sono attribuzioni certe e definitive». Ancora: «Oggi conosciamo molto meglio Guido Reni che negli Anni 50. Quindi si può comprendere che persino Roberto Longhi, grandissimo critico di certo anche superiore a Pepper, nel '58 si sia sbagliato attribuendolo al Reni. C'è poi anche un risvolto di mercato, ma a noi critici d'arte la questione riguarda indirettamente, anche se un Guido Reni vale una certa cifra e un Dal Sole un'altra». Dopo l'uscita pubblica di Colombari, Giancarlo Gallino replicò con un'altra lettera: (•L'afférmazione di Armando Colombari che la tela "Lucrezia" di Guido Reni, acquistata tramite la mia galleria dal ministero dei Beni Culturali, sia stata "battezzata" a Torino, è totalmente falsa. Al suo giudizio posso contrapporre quelli del Longhi e di Federico Zeri: gli bastano?». Adesso invece pare più cauto: ;<La cosa non mi riguarda, io ho solo fatto da tramite. Il dipinto è stato proposto tramite la mia galleria, però era di un privato. Comunque confermo quel che ho scritto in passato». Il critico d'arte Federico Zeri, invece, raggiunto telefonicamente nella sua casa romana, si infiamma: «Chi ha sollevato questo caso? Per me il dipinto è un Guido Reni ed è anche un grande capolavoro». Il noto critico è rimasto della sua idea anche dopo che gli erano stati riferiti gli altri pareri contrari. Marco Vagì ietti «Morte di Lucrezia» (per concessione della Sovrintendenza beni culturali e storici)

Luoghi citati: Bologna, Milano, Piemonte, Torino