Varsavia, il Poup a pezzi

Varsavia, il Poup a pezzi Nel Congresso in corso le spinte centrifughe delle varie correnti hanno dilaniato il partito Varsavia, il Poup a pezzi Dissidenti nell'Unione socialdemocratica VARSAVIA DAL NOSTRO INVIATO Unito e monolitico per 45 anni, il pc polacco è piombato nel caos mentre si apprestava ad esalare l'ultimo respiro scoprendo nei sussulti dell'agonia il frutto da sempre proibito, la scissione. La spaccatura per ora interessa una corrente minoritaria rifondatasi nell'«Unione socialdemocratica della Polonia», di Fiszbach. Convocato per trasformarsi in nuova sinistra non più marxista, l'ultimo Congresso ha acceso fuochi pirotecnici, si dilania tra le spinte centrifughe delle correnti, vaga confuso sul terreno minato di vendette covate a lungo. E dimostra l'incapacità di delineare il futuro non sapendo come giudicare il suo passato. A differenza dei cambi di rotta tracciati dai compagni di strada della Ddr, ungheresi, ceki, l'ex Pcp si è virtualmente spaccato in tre tronconi: l'anima socialdemocratica, il filone socialista, lo zoccolo dei riformisti scontenti. Sulla carta il Partito operaio unificato polacco doveva morire sabato, i giornali varsaviani ne avevano anticipato il necrologio, però di colpo l'assemblea si è svegliata. Esequie rimandate alla fine del Congresso. Si spera oggi. Ma quando il Congresso ha iniziato a dibattere su Costituente, nuovo nome e finalità programmatiche, l'atmosfera si è. surriscaldata, a valanga sono emersi dubbi verso gli obiettivi della storica svolta, la conclamata coesione della vigilia precongressuale si è dissolta. Durissima ad esempio la requisitoria di Tadeusz Fiszbach, vicepresidente della Camera dei deputati, esponente dell'ala liberal, gradito a Solidarnosc. «Non ci sto», ha tuonato l'ex segretario politico del distretto di Danzica, «perché nel futuro scenario polacco c'è posto per tutti, ma non per una formazione ibrida. Come possiamo spiegare alla gente la transizione in un giorno dalla fede comunista al socialismo senza chiarire prima le spaventose contraddizioni in cui avevano operato indisturbati per decenni?». Ossia nessuna speranza di credibilità senza resa dei conti sugli errori commessi dalle vecchie dirigenze. L'atto di contrizione recitato sabato dal segretario uscente Rakowski non è sufficiente ad evitare «il suicidio collettivo. Dobbiamo invece dire apertamente che il Poup ha tradito i propri ideali sin dall'inizio della sua esistenza». Poi il fendente, l'attacco alla gestione Jaruzelski durante lo stato di guerra dell'81 «imposto per distruggere Solidarnosc invece di collaborare con essa», e la botta finale: «Bisogna riconoscere che siamo responsabili dell'attuale crisi del Paese». All'unità «artificiale» del neopartito post-comunista, che Rakowski vorrebbe ispirato agli ideali dell'Intemazionale socialista di Brandt, Fiszbach ha opposto l'uscita dei suoi fedelissimi, 200 su 1639 delegati, che danno vita alla suddetta «Unione». Non basta. Hanno anche minacciato di distaccarsi dal grosso delle truppe il blocco filo-socialista dell'«8 luglio», capitanato dal giovane Slawomir Wiatr («Via chiunque è compromesso con il passato ed in questa sala ce ne sono a bizzeffe») e gli estremisti del «Movimento dei lavoratori» che fanno capo ad Alfred Miodowicz, leader dell'Opzz, sindacato ufficiale del defunto regime. «Siamo nel caos», ammette sconsolato il vicesegretario dimissionario Leszek Miller. «Ognuno sembra marciare in direzioni opposte, peggio che mai il cosiddetto schieramento di centro che si riconosce nel ri¬ formista puro Alexander Kwasniewski e che esita ad uscire allo scoperto». «E' il bello della democrazia riconquistata», commenta ridendo un giovane delegato. «Loro, i vecchi, non se l'aspettavano, noi sì». Ieri sera, con 1402 sì l'assemblea ha approvato lo statuto del futuro partito genericamente articolato al rispetto di diritti civili e libertà di opinione. Piero de Garzarolli Il leader riformista polacco Tadeusz Fiszbach (a sinistra), ieri al Congresso del Poup, con un delegato non identificato Lo scontro con la polizia dopo II rogo di una bandiera rossa

Persone citate: Alexander Kwasniewski, Alfred Miodowicz, Jaruzelski, Leszek Miller, Piero De Garzarolli, Rakowski, Slawomir Wiatr, Tadeusz Fiszbach

Luoghi citati: Danzica, Ddr, Polonia, Varsavia