Legge tv, ultimo avviso della Consulta

Legge tv, ultimo avviso della Consulta Da ieri la Corte Costituzionale discute la regolamentazione radiotelevisiva e le concentrazioni Legge tv, ultimo avviso della Consulta Tempi più lunghi per trovare l'intesa ROMA. E' iniziato il conto alla rovescia per la legge Berlusconi. Da ieri, dopo la seduta-fiume dedicata alla regolamentazione del sistema radiotelevisivo e alle concentrazioni editoriali, i riflettori sono puntati sulla Corte Costituzionale. E' azzardato, per ora, fare previsioni sull'esito dei due scottanti argomenti che interessano da vicino il mondo dell'informazione. Il ventaglio delle ipotesi è vasto. L'Alta Corte, presieduta da Francesco Saja, potrebbe, infatti, limitarsi a cancellare la legge Berlusconi in vigore da cinque anni, ritenendola ormai scaduta, oppure respingerla per motivi procedurali. O ancora, rinviare la decisione in attesa di accordi in sede europea, come ha chiesto ieri l'avvocato dello Stato Sergio Laporta, per conto della presidenza del Consiglio, o, invece, sospendere il verdetto in attesa dell'approvazione in Parlamento della riforma messa a punto dal ministro delle Poste Oscar Mammì. E' bene sottolineare che i giudici della Consulta non hanno una scadenza precisa entro cui devono prendere la loro decisione. E sono anche svincolati da possibili segnali inviati dal mondo politico. E' certo, comunque, che da ventiquattro ore è cominciato il tam-tam tra la Corte Costituzionale, il governo e le Camere. Sembra però probabile che per la sentenza della Consulta i tempi non saranno brevi, soprattutto perché in questi giorni il clima politico si è arroventato, rendendo più difficile un accordo in sede parlamentare. Va, poi, sottolineato che, per l'assenza del professor Luigi Mengoni, membro della Consulta, entrambe le decisioni saranno prese con il voto di 14 dei 15 giudici costituzionali. Pertanto, in caso di parità, 7 a 7, potrebbe, valere doppio il voto del presidente Saja. Durante la seduta pubblica di ieri a palazzo della Consulta è, comunque, venuto alla luce un retroscena. Grande assente, ma non a caso, è stata la Rai. Un anno fa l'ente concessionario di Stato ha, infatti, deciso di rinunciare in extremis alla causa intentata nell'81 a Berlusconi per impedirgli di trasmettere su scala nazionale. Alla vigilia dell'udienza davanti alla prima sezione civile della pretura di Roma, la Rai ha revocato il mandato già riconfermato pochi giorni prima ai costituzionalisti Paolo Barile e Alessandro Pace, per risollevare la questione di incostituzionalità della legge Berlusconi dopo la sentenza della Consulta dell'88. La decisione della Rai ha, di fatto, vanificato qualsiasi pretesa nei confronti del gruppo Fininvest. Ed avrebbe impedito il riesame della legge Berlusconi davanti all'Alta Corte se, a sorpresa, non fosse intervenuto il pretore di Varazze nel corso di un processo penale, promosso su denuncia dell'Ariti (associazione nazionale tv indipendenti) a carico dei responsabili delle emittenti locali collegate a Canale 5, Italia Uno e Retequattro del gruppo Fininvest. Ieri l'Anti è stata difesa dal professor Pace che ha chiesto che vengano cancellate le norme che da cinque anni hanno consentito ai networks privati, e non solo quelli del gruppo Fininvest, di continuare a trasmettere in contemporanea in tutta Italia programmi preregistrati su videocassette. I legali di Berlusconi, i professori Carlo Mezzanotte, Francesco Vassalli e Aldo Bonomo, hanno avanzato una raffica di 14 eccezioni procedurali di inammissibilità dell'ordinanza del pretore. L altro delicato problema esaminato alla Consulta riguarda le concentrazioni editoriali. Sotto accusa di incostituzionalità è la presunta violazione della legge dell'editoria dell'87 che, modificando l'originaria normativa dell'81, ha elevato, con effetto retroattivo, dal 20 per cento al 30 per cento della tiratura nazionale dei quotidiani il «tetto» oltre il quale è vietata la concentrazione di testate giornalistiche. Il caso è finito un anno fa alla Consulta su richiesta della Corte d'appello di Milano, nel corso del giudizio promosso su iniziativa di privati cittadini (tra i firmatari figurano, però, anche esponenti della sinistra indipendente come Franco Bassanini, Andrea Barbato e Vincenzo Visco) e dal garante per l'editoria Giuseppe Santaniello contro il controllo del Gruppo Rizzoli-Corriere della Sera da parte della Fiat, tramite la Gemina. La discussione sulla complessa questione giuridica si è incentrata soprattutto su una serip di eccezioni procedurali. L'avvocato Franzo Grande Stevens, per conto della Fiat, ha sostenuto l'«irrilevanza» o, comunque, l'«inammissibilità» dell'ordinanza della Corte d'appello. Pier Luigi Franz Francesco Saja. Il presidente dell'Alta Corte, chiamata a decidere

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