«Un bossolo accusa i killer» di Claudio Giacchino

«Un bossolo accusa i killer» Saluzzo, forse a una svolta le indagini sull'omicidio dell'ex presidente Usi «Un bossolo accusa i killer» Un magistrato torinese: «Sicari e mandante sono i quattro già inquisiti e poi scarcerati» Il dottor Damiano avrebbe dovuto essere «gambizzato» invece morì dopo tre mesi di agonia TORINO. Colpo di scena nell'inchiesta sull'omicidio di Amedeo Damiano, presidente dell'Usi di Saluzzo. Un magistrato di Torino, Luigi Acordon, accusa: «I sicari sono quegli stessi che furono arrestati e poi scarcerati per mancanza d'indizi: Marco Sartorelli, Alessandro Pinti e Pancrazio Chiruzzi... I primi due tesero l'agguato mortale. Il terzo li attendeva in auto». La rivelazione del dottor Acordon è sorprendente: il giudice, infatti, è del tutto estraneo alle indagini sul delitto di Saluzzo. Appartengono sempre alla magistratura bolognese perché nel suo territorio morì nel giugno '87, tre mesi dopo l'agguato sotto casa, il presidente Usi (era stato ricoverato all'ospedale di Imola). Bisognerà, ora, vedere se gli inquirenti emiliani faranno proprie le tesi di Acordon. Hanno tempo sino al 24 aprile: entro quella data dovranno decidere se archiviare il caso o mandare a processo Sartorelli, Pinti e Chiruzzi. La decisione riguarda anche il ginecologo Pier Luigi Ponte, ex direttore sanitario dell'ospedale di Saluzzo. Al pari dei presunti sicari, anch'egli fu accusato dal pm di Bologna, Alberto Candì: «E' il mandante dell'assassinio» e poi scarcerato (giugno '88) dal giudice istruttore della stessa città, Sergio Gastaldo: «A suo carico non c'è nulla, soltanto le parole del pentito Luigi Aversano. Parole prive di riscontri oggettivi». Di tutt'altro parere, invece, il collega di Torino, per il quale Aversano è degno di fede. Per caso il dottor Acordon s'è ritrovato a condurre un'«inchiesta separata» sull'omicidio Damiano: indagava su una gang che ha compiuto una serie di rapine in Italia, Svizzera e Germania e s'è imbattuto in Sartorelli, Pinti, Chiruzzi e Aversano. Le dichiarazioni di quest'ultimo hanno permesso al giudice di concludere l'istruttoria rinviandoli tutti a giudizio per associazione a delinquere. Proprio per dimostrare che Aversano è pentito non fasullo ma cre¬ dibile, il dottor Acordon ha dedicato un capitolo della voluminosa ordinanza all'omicidio di Amedeo Damiano. «Sul quale — scrive il magistrato — Luigi Aversano ha fornito, raccontando confidenze del Sartorelli, una versione particolareggiata c così rispondente ai fatti da risultare veritiera». Per l'inquirente di Torino, la prova della colpevolezza dei presunti killer del presidente Usi è rappresentata da un bossolo di pistola. Quello esploso dagli assassini in fuga dopo l'agguato a Saluzzo. «La perizia balistica dimostra che quel bossolo è "uscito" dalla Beretta calibro 9 ritrovata a Ginevra nel corso delle indagini sulla banda delle rapine. E' provato che questa Beretta apparteneva a Sartorelli: gli era stata regalata da un boss di Napoli». Secondo la ricostruzione del dottor Acordon, Sartorelli e Pinti affrontano sotto l'androne di casa il presidente dell'Usi, debbono solo ferirlo alle gambe. «Sartorelli lasciò in auto la "Beretta", perché per gambizzare la vittima designata doveva usare un'arma con il silenziatore. Particolare, questo, confermato dallo stesso Damiano, che in ospedale parlò di un'arma con canna lunga. Descrizione che bene si addice al silenziatore. Una volta sparato e risalito in macchina per fuggire Sartorelli riprende la "Beretta". A Casalgrasso, l'auto ha un incidente, esce di strada. Sartorelli e compari debbono cambiare vettura, ne bloccano una sparando in aria con la "Beretta". Scompaiono, ma dimenticano il bossolo». La conclusione del magistrato torinese: «Sartorelli e Pinti erano estranei dell'ambiente saluzzese. Per cui è giocoforza ritenere che il delitto fu loro commissioanto attraverso Chiruzzi. E' assai probabile che costui fosse alla guida della macchina. La quale, inoltre, era stata rubata a Carignano, località non lontana da Nichelino, dove il Chiruzzi abitava». Claudio Giacchino