«Soltanto Diane ha pugnalato la skipper» di Pierangelo Sapegno

«Soltanto Diane ha pugnalato la skipper» Martedì ad Ancona il processo per il giallo del catamarano e De Cristofaro ritratta la confessione «Soltanto Diane ha pugnalato la skipper» La ragazza sarà assente: non voglio rivedere Pippo L'imputato ha chiesto al pm il giudizio abbreviato ANCONA DAL NOSTRO INVIATO Non c'è più il mare, non c'è più una barca a vela per fuggire verso isole lontane. Il giallo del catamarano adesso entra in un'aula di giustizia, chiuso fra quattro mura, stretto da battaglie legali, accuse e confessioni. Una skipper uccisa, la povera Annarita Curina, una lunga fuga per i mari, inseguendo miraggi e progetti sciagurati. E' finita l'avventura impossibile su quel catamarano verde pisello, ed è finito l'amore tormentato di Diane Beyer e Filippo De Cristofaro. Lei, la piccola olandese, è già stata processata e condannata: «solo pagando può costruire il suo futuro», decisero i giudici. Sei anni e mezzo, anche se minorenne, anche se credettero alla sua versione, anche se dalle perizie e dai racconti era uscita come una ragazzina soggiogata. Ora tocca a Filippo De Cristofaro. Da martedì, ad Ancona. E adesso che quella passione è sfiorita, i due amanti si scagliano l'uno contro l'altra. Lui, Pippo, ritratta ogni confessione e accusa di nuovo la piccola Diane dell'orrendo delitto, come fa sapere il suo avvocato Roberto Tomassini: «L'ha fatto per gelosia, era gelosa di tutte le donne, non solo della signorina Annarita». Così, il giallo ricomincia. La difesa di Filippo De Cristofaro chiederà il rito abbreviato, per poter contrattare la pena (un terzo di riduzione sulla condanna, prevede il codice). Il pubblico ministero, Silvio Di Filippo, per ora nicchia. Probabile che rifiuti, però. E allora il processo di Ancona comincerà subito con una battaglia, fra cavilli giuridici e qualche attesa. Poi, forse, proseguirà con l'altra battaglia, quella che mette di fronte Diane e Pippo. Lei, dalla prigione-scuola di Firenze, ripete che non verrà ad Ancona, nemmeno a deporre: «Quel che avevo da dire l'ho già detto, io voglio dimenticare, rifarmi una vita. Lui non lo voglio più rivedere». Lavora il cuoio e la pelle, studia l'italiano, alla scuola del carcere. «Non ho più bisogno dell'interprete», dice. Filippo le ha scritto, ma le lettere gli sono tornate indietro, tutte le volte: «L'ho voluto io, perché cercavo di non pensarci più, di dimenticare». Ad aprile, quando anche questo processo sarà finito, Diane tornerà in Olanda, per scontare i cinque anni che restano della pena. Ad Amsterdam l'aspettano il padre e la madre, la signora Lenie, che fu colpita da infarto nel luglio di due anni fa, quando vide la figlia smagrita e trasandata che confessava impassibile l'omicidio di Annarita Curiha. In quei giorni la fuga sul ca¬ tamarano era appena finita. Il giallo era cominciato quasi un mese prima, il 28 giugno, 4-5 chilometri sotto Senigallia. Giovanni Pizzimenti, il comandante di Azzurra 83, urlò di bloccare i motori: il peschereccio smise di ronfare, s'adagiò sul mare. Dall'acqua un braccio affiorava. Issarono le reti e tirarono su un corpo di donna sfigurato, legato a un'ancora. Annarita Curina, 31 anni, era stata uccisa 18 giorni prima, appena partita da Pesaro su quel catamarano verde pisello, assieme ad altri due compagni di viaggio. Soltanto qualche giorno dopo gli inquirenti riuscirono a dare un nome e un cognome ai due probabili assassini. Filippo De Cristofaro, 34 anni, nato a Bari, sposato a Rotterdam, separato; e Diane Beyer, 16 anni appena, da Rotterdam, incensurata. Parte la caccia, emozionante, un inseguimento vano fra le acque dell'Adriatico, un appostamento a Gibilterra. Il 21 luglio l'annuncio da Tunisi: «Li abbiamo presi». Braccati e senza soldi, Diane, Pippo, e Pieter Groenendyk, un gigante biondo che li ha raggiunti a Porto San Giorgio per imbarcarsi anche lui, sono finiti in braccio alla polizia mentre tentavano una fuga disperata nel deserto. Alla conferenza stampa, la piccola Diane, spaurita come un cerbiatto, confessa: «Sono stata io. L'ho fatto per gelosia». Dopo un po' comincia l'altalena di confessioni e ritrattazioni. Ritratta Diane, confessa Pippo e poi ritratta pure lui. A dicembre, il processo all'olandesina. Lei, davanti ai giudici, ripercorre il suo passato. Un drammatico racconto, spesso rotto dai singhiozzi: «Ho paura che lui possa ancora arrivare, passare tra le sbarre e venirmi a riprendere». Diane ricorda l'incontro con Pippo alla scuola di danza, l'innamoramento e le prime violenze psicologiche. «Quando cominciammo a stare insieme, volle che buttassi via tutte le mie cose più care: anelli, collanine, ciondoli. Non potevo avere niente di mio». Filippo la trattava «come una serva». Lei ne era soggiogata, impaurita, terrorizzata. Un vero rapporto sadomasochista tra un adulto e un'adolescente, come si delineò dai racconti di Diane, ma anche dalle perizie di alcuni psichiatri e dalle relazioni degli assistenti. Poi arrivano i giorni terribili del delitto, la fuga impossibile, l'arresto. Il 10 giugno, salparono da Pesaro. Poche ore dopo, Annarita Curina fu uccisa, le spezzarono la testa come un melone, a colpi di machete. Lui la convinse a uccidere, per rubare il catamarano e fuggire verso isole lontane. La skipper dormiva. «Sono scesa per tre volte. Lei dormiva. Sono tornata su in coperta, tutte le volte facevo per posare il coltello, piangevo: non, posso, ti prego, io queste cose non riesco a farle». Poi andò, un taglio orizzontale sul ventre con il coltellaccio, una fuga inorridita. Filippo — sostiene Diane — portò su Annarita, finse di aiutarla. La colpì, invece. «Ho chiuso gli occhi e mi sono tappata le orecchie. Ho sentito tre colpi come tre palline da ping pong che rimbalzano. Ho riaperto gli occhi e ho visto Annarita insanguinata». Ora, sentiremo anche il racconto di Pippo, alto, bruno, dinoccolato come un ballerino. Dal carcere di Montacuto ha scritto al giudice. Studia ragioneria e diritto. Ha smesso di sognare. Pierangelo Sapegno Filippo De Cristofaro, imputato per l'omicidio del catamarano accusa la sua giovane compagna