Editoria, banco di prova di Alberto Rapisarda

Editoria, banco di prova Editoria, banco di prova Manca ancora un accordo sulla legge anti-trust ROMA. «Rullano i tamburi, si accendono i fuochi di guerra» annuncia oggi il quotidiano socialista, Avanti!, dando l'immagine di un mondo politico in stato di allarme generale, pronto allo scontro che potrebbe portare alla crisi di governo. All'improvviso, quello che sembrava il più tranquillo dei governi possibili, si trova al centro di una tempesta che rischia di abbreviargli la vita. E, inopinatamente, il problema più serio, quello più dirompente per l'alleanza di governo, sembra essere diventato il modo di regolare le concentrazioni editoriali. Dopo che la sinistra de ha annunciato che quando la tanto attesa legge anti-trust arriverà in aula, i suoi parlamentari voteranno liberamente, senza vincoli di partito, è scoppiato il putiferio. I socialisti additano De Mita e i suoi come i potenziali responsabili della caduta del governo. I democristiani vicini al segretario Forlani, sono allarmati per l'impressione di divisione e di debolezza che possono dare all'esterno e tendono la mano alla sinistra per cercare un accordo. E la sinistra non si tira indietro: «Se ci sarà il convincimento della essenzialità dell'apporto della sinistra, le cose potranno essere riviste» garantisce il capo dei senatori de, Nicola Mancino. Ma non c'è molto tempo per un accordo, sia all'interno dei partiti che tra i partiti di governo. I democristiani hanno la prima occasione di confrontarsi e di tentar di far subito la pace alla direzione convocata per domani mattina. Martedì sarà una giornata cruciale per il problema delle garanzie necessarie per una corretta e pluralista informazione ai cittadini. In edicola non ci saranno quotidiani, a causa dello sciopero nazionale dei giornalisti indetto per domani proprio per sollecitare partiti e Parlamento ad approvare la legge contro le concentrazioni degli organi di informazione in poche mani. Sempre martedì entra in aula di consiglio la Corte Costituzionale che potrebbe decidere di annullare la legge del 1985 che ha legittimato in via provvisoria le tv private. Una via provvisoria che dura da anni, malgrado l'invito della Corte al Parlamento a trovare rapidamente una soluzione definitiva ed organica. La sentenza, che incombe sulla vita politica e la condizionerà necessariamente, potrebbe arrivare entro un paio di settimane. E i partiti dovranno confrontarsi e decidere. La de si dice pronta. «Mentre noi ten¬ tiamo di dare regole, altri le frenano» assicura il sen. Mancino e si capisce che gli «altri», per lui, sono i socialisti. I socialisti, da parte loro, ieri hanno annunciato come decisione della segreteria la proposta che già circolava a nome di Intini: inserire nella legge antitrust all'esame del Senato ulteriori restrizioni per le concentrazioni editoriali nella carta stampata. Che pare una sorta di proposta di scambio con la de. In realtà, tutto è confuso. I maggiori protagonisti della partita si scambiano messaggi cifrati, avvertimenti che possono avere letture diverse. Ieri il socialista Martelli, vice-presidente del Consiglio, sosteneva che la vera preoccupazione sarebbe se un privato assumesse una posizione dominante nella carta stampata o nella televisione: «Si porrebbe allora il problema di limitare la possibilità del privato di possedere più di un telegiornale, misura che noi giudichiamo sufficiente». Dal fronte de arriva la proposta, fatta dall'on. Mario Usellini, di estendere all'editoria i criteri che valutano le posizioni di controllo prevalente nei rapporti tra banche e imprese. E' una norma che risponde alla critiche fatte alla legge attuale dal garante per l'editoria, Santaniello. Ieri Forlani sembrava convenire con i socialisti sulla necessità di collegare legge anti-trust e legge sui limiti alle concentrazioni editoriali. «Il quadro che si va delineando è sufficientemente preciso e un accordo è possibile» assicurava. Da quanto si capisce, quel che sta veramente a cuore alla de ora è difendere la tv pubblica a fronte della concentrazione realizzata da Berlusconi. «1 miei compagni di partito si sono accorti in ritardo del pericolo che veniva da Berlusconi. Ora quello si è impossessato di tutto. Ma la de troverà una sua posizione unitaria», ci diceva il vice-presidente della Camera, Gerardo Bianco. Un primo passo potrebbe essere il blocco degli incontri avviati a Palazzo Chigi sulla Rai, dal sottosegretrario Cristoforo E' quello che ha chiesto Mancino a Forlani con una lettera. «L'allarme che abbiamo ripetutamente lanciato registra oggi orecchie più attente e alleanze nuove» ha dichiarato interessato il responsabile del pei per l'informazione, Walter Veltroni. «Solo da noi c'è questo scambio da mercato delle vacche tra forze di governo e i possessori dei mezzi di informazione». Alberto Rapisarda

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