Il partito comunista raccoglie i cocci

Il partito comunista raccoglie i cocci POLONIA I Riformisti divisi in tre gruppi contro gli ultimi duri, i sondaggi elettorali prevedono un 5% di voti Il partito comunista raccoglie i cocci E oggi il congresso tenta la rifondazione per non sparire VARSAVIA DAL NOSTRO INVIATO Ripudio totale della dittatura del proletariato e del carattere antidemocratico delle istituzioni statali soggiogate agli interessi del partito, piena assunzione di responsabilità dei delitti dell'epoca stalinista e dei successivi fenomeni negativi, quali il collettivismo coatto, la campagna antisemita del '68, gli errori politici del '70, la legge marziale dell'81, l'impoverimento della classe intellettuale, il disprezzo delle libertà civili, le falsità ideologiche. E poi tutti i leader storici gettati nel cestino dei rifiuti da Bierut a Gomulka, Kania, Gierek, lo stesso Jaruzelski, compresa l'attuale dirigenza «incapace di evitare l'odierna crisi economica e sociale». E' sullo sfondo di questa autoflagellazione, mai ammessa in precedenza in termini così brucianti, adesso riassunta nel documento programmatico del Comitato Centrale, che il partito comunista polacco apre oggi la sua ultima riunione plenaria. Da domani, dopo quattro decenni di potere incontrastato perduto la scorsa estate, il Poup esce di scena, cesserà di esistere sulla carta e di nome per trasformarsi, tale almeno l'intento dei promotori dell'XI Congresso, nella nuova sinistra polacca targata socialista. Morte e rifondazione quindi, che non intende ridursi ad un'operazione di facciata, cosmetica, camaleontica, ma imponendo l'abiura totale degli antichi metodi di lotta vuole ricostruirsi la verginità dialettica in modo da poter abbracciare la fede della socialdemocrazia di tipo occidentale. Ossia luce verde al pluripartitismo, liquidazione dei monopoli, sì all'iniziativa privata, rispetto dell'individuo, coabitazione con la Chiesa cattolica e Solidarnosc. ((Andiamo al funerale, ma non piangeremo — mi dice un delegato di Poznan —, perché il marxismo si è suicidato, causa la sua stupidità». Ed in effetti la Polonia già postcomunista ha mutato volto nel giro di pochi mesi, quasi come sn il regime rosso non fosse mai esistito. Certo in cima all'iceberg resta la figura carismatica del generale Wqjchiech Jaruzelski, capo della Repubblica non più popolare, ma virtualmente esautorata dal governo di Tadeusz Mazowiecki, in cui siedono quattro ministri comunisti (Interni, Difesa, Trasporti, Commercio Estero). In basso, al livello intermedio, vegeta la miriade di funzionari pubblici rimasti ai loro posti ed in odore di prossima cacciata, quando Solidarnosc designerà i propri ranghi sostitutivi con le elezioni municipali della primavera. Però è l'immagine del partito ad essere distrutta. Ormai relegato in coda del notiziario «new look» del telegiornale svincolato dalla censura, con la stampa di partito schiacciata dalla travolgente diffusione di Gazeta Wyborcza, organo di Solidarnosc, azzoppato dall'emorragia continua di iscritti con decine di migliaia di tessere bruciate o non rinnovate, ed incrinato dalla base operaia che rifiuta gli ordini calati dall'alto, il Poup ha dovuto addirittura chiedere ((protezione» alle autorità varsaviane affinché prevengano eventuali contestazioni al Congresso, specie da parte dei giovani radicali della Confederazione della Polonia libera. Grosso modo negli umori della vigilia prevalgono quattro schieramenti. Tre premono per la linea unitaria con sfumature diverse sui tempi di accelerazione delle riforme interne ed esterne. Sono i rakowskiani, raggruppati sotto l'insegna della continuità, fiduciosi nella «lettera di intenti», presentata nei giorni scorsi a Bonn dal segretario uscente nelle mani di Willy Brandt, al fine di entrare nell'Internazionale socialista. Come cavallo di riserva potrebbero avanzare la candidatura alternativa di Leszek Miller, potente segretario del Ce, idolo dei quadri giovanili e responsabile dell'organizzazione. In mezzo i pragmatici dell'«8 luglio», festa di santa Elisabetta, che fanno capo al brillante economista Slawomir Wiatr, pro¬ pugnatore dell'intesa a tutto campo con le altre forze politiche del Paese, alla destra i fedelissimi di Tadeusz Fiszbako, l'uomo che piace a Lech Walesa. Era segretario del partito a Danzica, firmò l'accordo dell'agosto 1980, pagando l'atto di coraggio con l'espulsione durante lo stato di emergenza. Dalla sua si sono schierati i 168 deputati del gruppo parlamentare alla Dieta, il Premio Nobel gli ha già dato l'imprimatur. Infine, alla sinistra i duri, ultraconservatori, ortodossi, vicini a Stefan Cyprianiak, alfiere della vecchia guardia leninista. E' sintomatico comunque che nessun esponente sia uscito finora allo scoperto dichiarandosi disposto a guidare gli ex comunisti polacchi verso il loro incerto futuro. La foglia di fico sta per cadere: anche con etichette nuove gli eredi del Poup raccoglierebbero alle urne, secondo gli ultimi sondaggi non ufficiali, appena il 5 per cento dei voti. Piero de Garzarceli

Luoghi citati: Bonn, Danzica, Polonia, Poznan, Santa Elisabetta, Varsavia