L'inverno ha già bruciato 800 miliardi

L'inverno ha già bruciato 800 miliardi Emergenza su tutte le Alpi, chiesto l'intervento del governo: la Svizzera finanzia le imprese in erisi L'inverno ha già bruciato 800 miliardi Senza neve, chiuse il 60% delle piste COURMAYEUR DAL NOSTRO INVIATO Ci sono, a Courmayeur, due immagini simbolo di questo inverno disgraziato. La prima è una chiazza bianca sulla sinistra della frazione di Dolonne, una piccola pista per bambini e principianti costruita in mezzo al prato con neve artificiale o trasferita qui con secchi e badili. La seconda è la fila di auto e pullman con targa francese sui piazzali della funivia, un popolo di sciatori e fondisti costretto a passare il Bianco per trovare la neve. Significa che quest'anno la crisi non ha risparmiato nessun paese delle Alpi e che può sorridere soltanto chi si è affidato ai cannoni. In Valle d'Aosta ottantacinque dei 192 impianti di risalita non hanno mai aperto e gli esperti già danno per scontata una perdita secca sugli incassi del 70% nelle stazioni con innevamento scarso o nullo. Se resistono all'attacco dell'inverno più secco degli ultimi trent'anni le località ricche e prestigiose (Courmayeur, La Thuile, Cervinia, Sestriere, Cortina), quelle medie e piccole sono ad un passo dal fallimento. Anche di questo si sta discutendo a Courchevel, dove si sono incontrati i responsabili delle società di impianti a fune di Italia, Francia e Svizzera. Erich Kostner, presidente dell'associazione nazionale esercenti funiviari, ha fra i suoi documenti una relazione drammatica: il business della neve fattura ogni anno circa cinquemila miliardi e negli inverni normali si registrano nelle regioni alpine oltre quattro milioni di presenze e un introito valutario, da parte dei turisti stranieri, di oltre trecento miliardi. Fino al 31 dicembre 1989 gli incassi sono diminuiti del 43 per cento, con una perdita di 285 miliardi. Nel periodo di Natale su tutto l'arco montano funzionava soltanto il 40% delle piste, delle quali il 35% grazie all'innevamento artificiale. I passaggi sugli impianti sono stati 70 milioni contro la media di 160 registrata negli anni scorsi. I proprietari di sciovie, skilift e seggiovie, tra Natale e Capodanno, hanno denunciato una flessione di introiti di circa 115 miliardi, un dato preoccupante se si pensa che le festività di fine anno costituiscono il 40 per cento del turismo montano. La poca neve ha portato via anche posti di lavoro. «In alcune località dell'Appennino centrale — spiegano i responsabili dell'Anef — i contratti stagionali sono stati sospesi e nelle altre zone sciistiche le assunzioni sono state "tagliate" del settanta per cento». Adesso la grande paura aleggia sulle settimane bianche di febbraio. «Se non nevica nei prossimi giorni — dice il presidente della federazione alber¬ gatori Giovanni Colombo — la stagione sarà compromessa, abbiamo già perso 600 miliardi. I primi allarmi arrivano dal Piemonte a dal Friuli, dove il calo di prenotazioni è pauroso». Sul governo cominciano a piovere molti messaggi. L'Abruzzo ha chiesto lo stato di calamità. Colombo propone un piano d'interventi urgenti per incrementare la rete dei cannoni («I verdi fanno bene a sollevare il problema ecologico, ma non devono dimenticare che sono in gioco migliaia di posti di lavoro»), alcuni parlamentari hanno presentato una proposta di legge che prevede l'istituzione di una cassa integrazione per il settore e il differimento dei termini di pagamento sia per le tasse sia per i contributi ai dipendenti. In questa direzione l'anno scorso andò la Valle d'Aosta con una legge che permise alle società di risalita di appianare le perdite superiori al 15 per cento; in Francia le casse del dipartimento coprono una quota delle spese per la costruzione delle seggiovie, quelle del Comune pagano la battitura delle piste. Questa volta (al terzo inverno asciutto) si è mossa anche la Svizzera, patria della libera iniziativa. Il governo di Berna ha infatti deciso di concedere indennità alle imprese che hanno dovuto chiudere a causa della mancanza di neve. Il Consiglio federale si è mosso dopo le proteste di centinaia di impiegati di società fu- niviarie, scuole di sci, alberghi e ristoranti che si sono trovati senza lavoro, ma non possono usufruire dell'indennità di disoccupazione perdfcé non sono stati licenziati. Il futuro più lontano sembra affidato ai cannoni. Il Trentino, che ne ha più di mille, ha voluto esaltare con una statistica medica la neve artificiale («Non è pericolosa, gli incidenti sono diminuiti rispetto all'anno scorso»), mentre il Veneto ha stanziato altri 12 miliardi per nuovi impianti. Il futuro più vicino è nelle mani di una perturbazione atlantica che per ora sembra soltanto ricca di belle promesse. Dario Creste-Dina

Persone citate: Erich Kostner, Giovanni Colombo