De Mita risponde allo schiaffo dc di Augusto Minzolini

De Mita risponde allo schiaffo dc Gli uomini della corrente lasciano gli incarichi di partito, ma restano nel governo De Mita risponde allo schiaffo dc Caduto Orlando, la sinistra passa all'opposizione ROMA. C'è il rischio che Leoluca Orlando, sindaco di Palermo detronizzato dalla de di Arnaldo Forlani e Giulio Andreotti, alle prossime amministrative presenti una seconda lista cattolica o accetti di guidare una lista civica con dentro il pei. C'è il pericolo che Oscar Luigi Scalfaro decida alla fine di capeggiare «la lega per la difesa della legislatura» promossa dai radicali. Ma, soprattutto, il più volte annunciato passaggio della sinistra de all'opposizione è diventato una realtà: ieri, a tarda sera, tutti gli uomini della corrente, da Ciriaco De Mita a Guido Bodrato, hanno comunicato le loro dimissioni dagli incarichi di partito ad Arnaldo Forlani. E addirittura qualcuno, nella riunione dello stato maggiore del gruppo, ha ipotizzato di ritirare dal governo anche i ministri. La decisione presa è un passaggio all'opposizione esplicito, senza remore: «Ormai — ha detto senza mezzi termini il vicesegretario Bodrato — contano solo i fatti, governo e elezioni sono problemi di Andreotti e Forlani». Dopo questo gesto, la de scricchiola e con lei rischia di vacillare tutto, dal governo alla legislatura,. Per ora è solo la sinistra del partito a reagire di fronte allo schiaffo plateale ricevuto a Palermo. Ma sotto il mare quieto della maggioranza dell'ultimo congresso, le correnti si muovono e, sia pur timidamente, si lanciano i primi segnali in vista di due grandi appuntamenti che già sono dietro l'angolo: tra un anno il congresso de, tra due l'elezione del Presidente della Repubblica. Ieri pomeriggio, prima che gli eredi df Zaccagnini dessero il loro addio a Forlani, seduto su un divano del Transatlantico di Montecitorio, Vittorio Sbardella,, fedelissimo di Andreotti noto per non avere peli sulla lingua, si è messo a ragionare a voce alta. «Non credo — ha detto — che la sinistra andrà all'opposizione a meno che... A meno che non ci sia un accordo con Antonio1 Gava». E poi giù critiche a Forlani («dalla storia della pena di morte al discorso sulle elezioni anticipate non ne sta combinando una giusta») e ad altri, fino ad una constatazione: «Qui tutto quello che avviene bisogna vederlo sotto un'altra luce: prima il congresso, poi il Quirinale». Che sia tempo di grandi mutamenti nella de se ne stanno accorgendo un po' tutti. E qualcuno comincia a dire che anche il «CAF», cioè l'alleanza Andreotti-Forlani-Craxi che sembrava fortissima, nel breve periodo potrebbe cominciare a risentire dei contraccolpi delle grane interne de. Basta una constatazione: quei tre nomi sono l'elenco dei più quotati aspiranti al posto di Francesco Cossiga e se, sia pure per ipotesi, qualcuno potrebbe accontentarsi per il futuro di fare il presidente del Consiglio (Craxi), uno degli altri due, in ogni caso, rischierebbe di rimanere senza posto. E sotto, sotto, già c'è chi si sta premunendo. Martedì sera all'Hotel Excelsior c'è stata una delle tante cene riservate democristiane. Questa volta intorno al tavolo c'erano deputati «amici di Goria» e di «Andreotti», soprattutto del Nord. Nei discorsi ha fatto capolino il Quirinale. «De Mita e Andreotti dovrebbero tornare a parlarsi» ha detto qualcuno del primo gruppo; «certo, perché si ha la sensazione che Craxi punti su Forlani per il Quirinale» hanno risposto i secondi. ■ E, come avviene da 40 anni, quando nella de si aprono le danze può capitare di tutto. Che, ad esempio, il presidente del Consiglio sia stato sfiorato dall'idea di rinviare le elezioni amministrative al prossimo autunno («una timida tentazione c'è stata» ammette il sottosegretario all'Interno, Franco Fausti), per non avere grane (i dirigenti del psi sono stati attentissimi alle mosse di Andreotti). 0 che, come è successo ieri, Leopoldo Elia, ex-presidente della Corte Costituzionale, de «doc» e padre nobile della sinistra, contesti in aula al Senato la posizione di Andreotti su uno «stralcio» al provvedimento sulla finanza locale. Così, nella de ci sono tutti i presupposti perché si scateni una vera tempesta. Ad accendere questa miccia a lenta combustione, è proprio il passaggio all'opposizione della sinistra del partito. Per gli eredi di Zaccagnini, questo è stato un passo obbligato: sulla vicenda di Leoluca Orlando, oltre all'immagine, la corrente si gioca anche una parte del suo retroterra elettorale. Non per nulla a spingere De Mita, Bodrato e soci al «grande gesto» sono state anche le organizzazioni cattoliche, dalla Fuci alle Acli, con una montagna di telegrammi. Augusto Minzolini Arnaldo Forlani e Ciriaco De Mita: per il segretario e il presidente della de un rapporto ormai sempre più diffìcile

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