Quando conviene l'«integrativa» di Mario Salvatorelli

Quando conviene l'«integrativa» I NOSTRI SOLDI Quando conviene l'«integrativa» ONO un'in segnante dimissionaria dal settembre '88, ho 50 anni e percepisco una pensione poco superiore al milione. Sento parlare sempre più insistentemente di pensione integrativa, non ho le idee chiare, per cui sono un po' scettica su questo tipo di investimento Le sarei grata mento. Le sarei grata se mi spiegasse in cosa consiste, e se, nel mio caso, tenendo conto soprattutto dell'età, mi conviene prendere in considerazione la cosa». La signora D. S. (lettera firmata), di Novara, ha messo il dito sul punto dolente della sua situazione: l'età. Dolente, è ovvio, non perché sia «avanzata», ma perche partire con una pensione integrativa a 50 anni significa ritrovarsi al termine del contratto, per esempio, a 65 anni, con un versamento complessivo che potrebbe assicurare una ben modesta somma mensile o annuale, per «integrare» la pensione che la lettrice riceve già, come ex insegnante. A questo punto: conviene? A mio giudizio, nel suo caso la vedrei positivamente, se la signora D.S. può privarsi, senza troppo sacrificio, di 200 mila lire al mese, e cioè di due milioni e mezzo circa l'anno. In questo modo avrebbe un doppio vantaggio: potrebbe detrarre quei due milioni e mezzo dal reddito imponibile annuo (come la legge consente) e sarebbe praticamente costretta a un «risparmio forzoso», per tener fede al contratto con la Compagnia di Assicurazione da lei scelta. E quest'aspetto di «risparmio forzoso» non è da sottovalutare, troppe essendo, senza di esso, occasioni e tentazioni di spesa. Inoltre, una buona Compagnia di Assicurazioni dà, certamente, più fiducia di quanta ce ne possano dare, se non si è accorti, altre forme d'impiego dei risparmi. Infine, di solito le Assicurazioni investono il denaro raccolto con i «premi» in modo tale da coprire, quanto meno, l'erosione del capitale provocata dall'inflazione. ^voca Toccherà poi alla lettrice, una volta giunta a 65 anni e alla fine del contratto, scegliere tra una «pensione integrativa», sia pure modesta, oppure la riscossione immediata del capitale cui avrà diritto, e che potrà investire come riterrà più opportuno. «Sono una signorina con quattro sorelle che mi hanno dato tutti i loro risparmi da gestire e che ho investito in due fondi dello stesso gruppo e della stessa società distributrice. Qualcuno adesso mi dice che quest'ultima non ha alle spalle una banca importante, come l'hanno, invece, altri fondi. Sono piena di dubbi, anche perché ho avuto già un bidone (sic) in passato e non so come venirne fuori». La lettrice P. P. (lettera firmata), che scrive da Acqui Terme (Alessandria), può stare tranquilla. L'azionista di maggioranza (grossa maggioranza, l'89% del capitale) del gruppo non è una banca, ma è un istituto mobiliare di diritto pubblico e di grande prestigio, certamente non meno, anzi, forse, più solido d'una banca, anche per le persone che lo guidano. Potrebb'essere, però, che chi le ha suggerito questo investimento le abbia fatto promesse eccessive e che il non vederle realizzate in pieno abbia fatto sorgere quei dubbi che turbano la nostra lettrice. Quello che posso dirle è che i suoi fondi hanno ottenuto, finora, buoni risultati (soprattutto il secondo), anche perché hanno ambedue un patrimonio ben diversificato tra azioni, italiane ed estere, titoli di Stato e obbligazioni (non solo in lire, ma anche in marchi e yen). Mario Salvatorelli 11

Persone citate: D. S.

Luoghi citati: Acqui Terme, Alessandria, Novara