L'annunciato kappaò dei nostri fischietti

L'annunciato kappaò dei nostri fischietti r -~i GLI INTOCCABILI L'annunciato kappaò dei nostri fischietti CON almeno dieci anni di colpevole ritardo e una gerla colma di grossolani errori, in parte voluti, ci avviciniamo alla restaurazione del mondo arbitrale, portato al punto più basso della sua curva involutiva da uomini piccoli piccoli. L'istituto delle dimissioni non abita nel Palazzo del calcio, dove nessun dirigente ha avuto finora la forza e il coraggio di mettere il naso negli affari (fin troppo privati) dei fischietti e soprattutto dei loro immortali capi. Con tanti complimenti a Campanati, il più immortale di tutti, che ha accumulato un potere straordinario nell'ultimo ventennio. Matarrese ha promesso novità, anche traumatiche, subito dopo Italia '90: ci crederemo solo a cose fatte. Ricordiamo bene il dietrofront di Sordillo che fece di Campanati il conducator degli arbitri confermandolo alla Can e nominandolo commissario dell'Aia dopo averne criticato duramente i metodi. Altro che la rivoluzione annunciata agli amici. Di questi tempi le giacchette nere sono spesso nella bufera, non meravigliamoci pertanto delle contestazioni di giornata. E' anomalo però lo stato di generale e profondo malessere che dura da mesi, quasi senza soluzione di continuità. Il generale autunno ha anticipato il generale inverno. Gli errori, quelli gravi, determinanti sul piano del risultato, sono innumerevoli. Il degrado tecnico è evidente, e non solo per le maggiori difficoltà che figurano tra le pieghe del gioco moderno, più duro e veloce, anche in zone un tempo franche. Ci sarebbe bisogno di arbitri migliori e, invece, eccoci davanti a un gruppo di uomini sbandati, in difficoltà sul piano tecnico, in crisi sotto l'aspetto comportamentale. E qui le colpe dei signori dirigenti sono enormi. Prendete il siciliano Lanese che cerca di soffiare a D'Elia il posto al Mondiale. In campionato ne ha combinate di tutti i colori, mercoledì scorso a San Siro ha fatto il pieno aiutando il Milan e vessando l'Atalanta in maniera sfacciata. Un campionario di manchevolezze: Baresi è rimasto in campo nonostante una grave mancanza nei confronti d'un avversario, Sacchi ha insultato senza conseguenze la terna arbitrale durante il ritorno in campo a metà tempo, Van Basten ha realizzato il primo e il terzo gol al termine di manovre irregolari all'avvio. Un disastro. Eppure si tratta dello stesso Lanese che ha diretto con maestria Romania-Danimarca al punto da meritarsi una lettera di congratulazione da parte di Laudrup & C, sconfitti e fuori dai Mondiali. E' la testimonianza che i nostri internazionali se la cavano dignitosamente all'estero quando dirigono con il regolamento in mano e la testa sgombra da raccomandazioni, pressioni, condizionamenti. In Italia invece arbitrano in modo politico timorosi di mettere un piede in fallo e frenare la carriera dopo aver speso dieci-quindici anni in giro per la penisola a caccia d'un posto al sole. Ai fischietti arrivano, eccome, quelle pressioni, quei condizionamenti, quelle raccomandazioni che dovrebbero stemperarsi sulle spalle dei loro capi, troppo sensibili agli umori delle società. Con Gussoni è cambiato poco rispetto a D'Agostini che almeno non teneva modi duceschi con i subalterni. E' un problema di uomini prima che di metodo. Ed è un problema che riguarda in modo particolare la periferia dove i criteri di valutazione e di selezione sono anacronistici e tendono a favorire situazioni clientelari, a scapito dei giovani più acculturati. Boniperti invoca il semiprofessionismo e il doppio arbitro. Ci arriveremo probabilmente anche se basterebbe utilizzare al meglio i guardalinee e accrescerne le responsabilità per avere verdetti più nitidi. Guardalinee-arbitri insomma invece che guardalinee-vassalli. Filippo Grassia sia

Luoghi citati: Italia, Romania-danimarca