L 'anca personalizzata al titanio

L'anca personalizzata al titanio Avanguardia al Maria Adelaide per le protesi: si fa soltanto in altre 6 città al mondo L'anca personalizzata al titanio Realizzati diversi interventi col nuovo metodo Nei giorni scorsi un'enorme gru ha depositato sul tetto dell'ospedale Maria Adelaide un container bianco. Che cosa c'era, dentro? E perché sistemarlo proprio tra i comignoli? Il parallelepipedo, proveniente da Leeds, Inghilterra, era in realtà un centro elettronico con tastiere, video, stampanti, scanner e perfino una fresatrice, comandata elettronicamente per il design e la produzione di protesi di titanio. La sua collocazione tra le tegole è stata suggerita dal fatto che, in quell'ospedale, le camere operatorie sono all'ultimo piano. Come dire: le protesi fabbricate lì, sul posto, arriveranno più in fretta ai pazienti sui lettini una rampa di scale sotto. Con il sistema «identifit» per la sostituzione delle protesi d'anca (circa 200 persone hanno subito l'operazione nell'89 solo in questo ospedale), il Maria Adelaide ha scelto una tecnica ancora sperimentale e d'avanguardia, ma suscettibile di produrre positivi risultati. Una scelta compiuta finora da altre sei città nel mondo: Orlando, Louisville, Seattle e Phoenix (Stati Uniti), Melbourne (Australia) e Lovanio (Belgio) dove il suo ideatore, professor Charles Mulier, ha superato i confini della sperimentazione con oltre 1200 interventi eseguiti finora. In che cosa consiste il metodo? La protesi d'anca (una piccola sbarra di titanio nella parte superiore del femore per conferirgli maggior tenuta) è una necessità che colpisce soprattutto gli anziani, ma anche vittime di incidenti o chiunque sia affetto da displasia (un'anca fuori posto alla nascita). Il metodo tradizionale consiste nel tagliare la testa del femore e, dopo aver preparato l'interno, infilarvi la protesi. Per aumentare la presa, si usa del cemento, ma dopo una decina d'anni l'operazione si deve talvolta ripetere, perché il titanio comincia a «ballare» all'interno dell'osso. Per ovviare all'inconveniente sono state adottate protesi come quella a «geometria variabile», ma la superficie di contatto non supera, in genere, il 50 per cento. Con 1'«identifit», sistema di «protesi personalizzata», la percentuale di aderenza raddoppia: dall'80 al 92 per cento. Fatto il calco e individuata con il laser la forma esatta da dare alla protesi, il computer ordina alla fresatrice di modellare la sbarra di titanio. L'operazione dura una mezz'ora in più, ma rappresenta «una proiezione verso il futuro», come dice il primario Vittorio Salvi, che in questi giorni ha compiuto i primi interventi. E il direttore sanitario dell'ospedale, Antonio Miletto, sottolinea: «E' un segno di rinnovamento che investe il Maria Adelaide. I risultati più incoraggianti li stiamo avendo proprio nel campo dell'implantologia e nella chirurgia della colonna con il professor Rastel Bogin. Ci auguriamo di proseguire in questa direzione malgrado la vischiosità delle invidie esterne e qualche tendenza all'autarchia». Anche l'assessore alla Sanità, Eugenio Maccari, che sabato mattina è salito sui tetti del Maria Adelaide con il presidente dell'Usi, Agostino Neirotti, per visitare il container elettronico, ha espresso soddisfazione: «Innanzi tutto per i tempi di realizzazione. Considerando i ritmi geologici della pubblica amministrazione, ideare e rendere operativo in sei mesi un sistema come questo è stato veramente un bell'exploit. Poi questo rappresenta un momento significativo del rilancio del Maria Adelaide, ospedale specializzato di antica tradizione che stiamo rivitalizzando per farne un punto di riferimento per interventi d'elezione, un polo ortopedico universitario». Soddisfatto, Maccari, anche degli aspetti economici. L'«identifit» costa circa un miliardo, ma sull'amministrazione il sistema non grava: è una promozione della ditta costruttrice. Resta la differenza tra costo della protesi tradizionale (fino a 3 milioni e mezzo) e costo «identifit» (4 milioni e 200 mila circa): «Ma la recupereremo — dice Maccari — se eviteremo di impiantare protesi due volte». Massimo Boccaletti L'assessore Maccari e il dottor Miletto accanto al centro elettronico per le protesi al titanio, sul tetto del Maria Adelaide

Luoghi citati: Australia, Belgio, Inghilterra, Melbourne, Seattle, Stati Uniti