Che successo il latino a mezzogiorno
Che successo il latino a mezzogiorno Boom di fedeli, nella chiesa della Misericordia, alla funzione con il messale di San Pio V Che successo il latino a mezzogiorno 7712 novembre per centinaia di persone non c'è stato posto Il successo arriva a mezzogiorno. L'accompagnano, dolcemente, le note dell'organo della chiesa della Misericordia in via Barbaroux 41 e duecento fedeli nei banchi con il libro delle preghiere in mano. C'è la messa in latino, come una volta. L'ha concesso l'arcivescovo tre mesi fa. La città ha apprezzato: ogni domenica la piccola sede della Confraternita di san Giovanni Battista Decollato è piena. Domenica 12 novembre il boom: seicento persone. Ora di meno, ma cresceranno. Tra qualche pelliccia (come in ogni chiesa d'inverno) e un buon numero di persone non più teen-agers, parecchi i giovani. Ecco un altro fenomeno nella città che, per prima e forte, ha respirato l'aria della rivoluzione nella liturgia cattolica. «In mezzo alla gente», diceva il Concilio. Allora gli altari sono stati rivolti verso le navate, le balaustre spesso eliminate, tutte le funzioni alleggerite del bagaglio spesso un po' troppo barocco del passato. Un grido di gioia per molti, botta inattesa per altri. Qualcuno ha imboccato le strade che portano alle case di piughiera di monsignor Marcel Lefebvre. Molti non l'han fatto e, a malincuore, hanno accettato. Sbolliti gli entusiasmi dei cambiamenti, in via Arcivescovado, sono arrivate le prime richieste per ottenere una chiesa dove assistere alla messa come un tempo. Il cardinal Ballestrero ha sempre risposto no. Ora, con monsignor Giovanni Saldarmi, è arrivato il nulla osta. Errore? Tentativo di dialogo con l'ala più conservatrice della difficile Chiesa di Torino? Scelta che potrebbe strappare fedeli a Lefebvre? Chissà. In Curia dicono che è «la risposta a vecchie pressioni ma non rilevanti», «un atto di misericordia» verso chi cerca le antiche atmosfere preconciliari. Un «indulto» firmato dal Papa nell'ottobre dell'84 lo permette. Di qui il decreto a Torino. Una scelta attesa, visto l'affollamento. C'è nostalgia in via Barbaroux? Forse, ma soprattutto c'è gente, cui piace pregare come una volta. Arrivano con discrezione. Sono professionisti noti, qualche nobile, dirigenti, ma anche studenti e giovanissime coppie coi figli in braccio o per mano. Cosa cercate? «Nulla, solo un angolo di raccoglimento senza chitarre o altro». E' mezzogiorno. Don Renzo Savarino, pianeta verde con ricami in oro, s'avvia all'altare. Volta le spalle a tutti, come tanti anni fa. Sul leggio il messale di san Pio V, ritoccato da tanti papi, ma quasi intatto. E' il trionfo del latino: invocazioni, risposte, canti, letture. Ma la «parola di Dio» è in italia¬ no come l'omelia. Tutto è raccoglimento nella piccola chiesa. Il silenzio è infranto dall'organo soltanto (uno dei più belli di Torino), e dal lievissimo rumore di chi sfoglia il «messalino» (che hanno quasi tutti). Nulla di scismatico, dunque, un velo d'antico, questo sì. Il Vaticano l'ha raccomandato: «Il nulla osta deve essere eccezionale. Evitate le speculazioni». Perciò all'altare si possono alternare esclusivamente quattro sacerdoti: don Renzo Savarino, monsignor Giuseppe Baldi, padre Mano Mordiglio, il canonico Giuseppe Marocco. Solo di domenica e soltanto per la messa. Niente battesimi, sepolture o matrimoni. E all'omelia devono invitare la gente a partecipare alla vita delle rispettive parrocchie. Così avviene. Ma ciò che in Curia nessuno aveva previsto è il successo di un'iniziativa troppo sbrigativa- mente liquidata «per i nostalgici». E neppure che a quella messa sarebbero andati molti giovani freschi di studio e di fede. Anche questo è Torino, dove vecchio e nuovo (coi reciproci pregi e difetti) convivono creando una delle Chiese più complesse e difficili d'Italia. Gian Mario Ricciardi L'omelia, ieri, nella chiesetta della Misericordia
Persone citate: Ballestrero, Gian Mario Ricciardi, Giovanni Saldarmi, Giuseppe Baldi, Giuseppe Marocco, Lefebvre, Marcel Lefebvre, Renzo Savarino
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