Una vedova della mafia fugge da Gela
Una vedova della mafia fugge da Gela La donna ha deciso di vendere tutto e trasferirsi al Nord, la figlia vuole entrare in polizia Una vedova della mafia fugge da Gela II marito imprenditore e un figlio assassinati dalle cosche GELA. Fuga dalla mafia, dalla morte e dalla paura. Quattro superstiti abbandonano Gela, teatro di un'interminabile faida. Sono Carmela Guardione — 45 anni, vedova di Antonio Bevilacqua, un piccolo imprenditore ucciso dalla mafia — e i tre figli. Si trasferiscono al Nord e non dicono dove perché sono terrorizzati. Stanno vendendo tutti i loro beni: un appartamento in città, una villa in campagna, due escavatrici e una pala meccanica della società «Sicilcavi» che hanno messo in liquidazione. Graziella, la secondogenita, pensa di arruolarsi in polizia. Ha 18 anni, il diploma di segretaria d'azienda. «Voglio contribuire alla lotta alla mafia — dice —. Voglio stare dalla parte dello Stato perché la violenza cessi». E aggiunge: «Ho tanto amore per la verità e per la giustizia e penso di poter collaborare a garantire, quei diritti umani e civili che a me e alla mia famiglia qui sono stati negati». La giovane parla però di ten¬ tativi di ostruzionismo al suo progetto: «Da quasi un anno ho chiesto al commissariato di polizia il modulo per formalizzare la mia domanda di arruolamento ma non me l'hanno dato e mi hanno fatto capire che è meglio che lasci perdere». Interpellato, il vicedirigente del commissariato, dottor Salvatore La Porta, ha assicurato che «svolgerà un'indagine» e ha comunque precisato che per il momento non ci sono concorsi per l'immissione di nuovi agenti. Il fratello maggiore Giuseppe, di 22 anni, conta di proseguire l'attività di specializzato in movimento terra. E' un bravo manovratore, sa che potrà trovare un'onesta occupazione al sicuro, lontano da qui. Vita, la piccola, ha 15 anni e vuol ultimare gli studi classici. Oggi ricorre il secondo anniversario dell'omicidio del marito e padre dei protagonisti di questa cruda storia di sangue nella Sicilia degli Anni Novanta in cui i boss continuano la loro sfida contro lo Stato. Antonio Bevilacqua, 47 anni, fu assassi¬ nato a colpi di pistola mentre la sua piccola azienda stava per acquisire un modesto subappalto nei lavori per la diga sul fiume Desueri (costo dell'intera opera 250 miliardi). Forse non si era piegato ai ricatti della mafia e fu ucciso. Morto il padre, la Sicilcavi passò ai figli Giuseppe e Franco, di 20 anni, che fu eliminato a colpi di lupara e pistola il 23 ottobre scorso a 15 chilometri da Gela, vicino al ponte Olivo, mentre con il fratello e i loro operai lavorava al contenimento degli argini del fiume Gela. Nell'agguato morì anche Giuseppe Tandurella, 24 anni, operaio dell'impresa che aveva avuto il torto di vedere in faccia i killer. La faida di Gela è costata finora 75 delitti in due anni. Si è andati avanti al ritmo di un delitto ogni nove giorni, senza contare una dozzina di «lupare bianche», gli oltre cento tentativi di omicidio e gli altrettanti attentati dinamitardi o incendiari. Antonio Ravidà Grazia Bevilacqua, 18 anni, ha chiesto di essere arruolata nella polizia
Persone citate: Antonio Bevilacqua, Antonio Ravidà, Bevilacqua, Carmela Guardione, Giuseppe Tandurella, Salvatore La Porta
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